domenica 6 marzo 2022

06/03/22 I DOMENICA DI QUARESIMA

Dopo la pandemia, che non è ancora finita, ora c’è questa assurda guerra che sta generando in tutti ansia, angoscia e disperazione. Oggi inizia la Quaresima, ma verrebbe da dire che non vediamo l’ora che finisca, perché in Quaresima ci siamo dentro fino al collo da troppo tempo e per qualcuno la 

Quaresima non dura quaranta giorni, ma tutta la vita. Questo perché, purtroppo, la Quaresima è percepita come un tempo triste, viola come i colori liturgici, grigia come le ceneri che verranno messe sul nostro capo al termine della messa, un tempo di penitenze, mortificazioni, digiuni, elemosine, sacrifici, fioretti, impegni che si aggiungono ad altri impegni. Allora occorre ridare senso a questo tempo che ci viene offerto, e per farlo, bisogna ridare significato alle parole. I 40 giorni di Gesù nel deserto richiamano i 40 anni in cui Israele rimase nel deserto mentre usciva dal paese d’Egitto, e sono il simbolo della vita, perché, a quei tempi, la durata media della vita era di 40 anni, mentre il deserto richiama le prove e le fatiche della vita, simboleggiate dalle tentazioni ascoltate nel vangelo che però non commento: vi rimando al video che oggi viene pubblicato su internet. In questo senso, e solo in questo senso, la Quaresima è un tempo che serve a fare i conti con tutte le tristezze, ombre e prove della vita, per vedere come le stiamo affrontando, per fare il punto della situazione sul nostro cammino di fede. La Quaresima, dunque, è prima di tutto una palestra, come lo è il deserto, che serve per allenarci a vivere bene la partita della vita con tutte le sue fatiche e capire in che modo il Dio della vita ci sta accompagnando. Proprio di questo sono simbolo le ceneri che saranno imposte sul capo al termine della messa. Non è un caso che la Quaresima accada in prossimità della primavera. I contadini, sul finire dell’inverno, distribuivano sul terreno le ceneri accumulate nel tempo freddo per dare nuovo vigore alla terra, come concime. E allora le ceneri che vengono messe sulla testa non sono un segno di morte, ma di vita, col quale il Signore ci dice, come l’allenatore in una palestra: libera tutte le tue energie migliori che sono dentro di te, nascoste, sopite, e trova nuove forme originali e creative per amare, per perdonare, per essere generoso, per servire, per far fiorire la tua vita e quella degli altri, per risorgere, per fare Pasqua. Se capiamo questo, allora possiamo dare un nuovo e giusto significato ad alcune parole tipiche della Quaresima. Partiamo dalle parole “penitenza”, “rinuncia”, “mortificazione”. Nella nostra vita non c’è nessuna decisione seria che non comporti anche dei no. Decidere e recidere hanno la stessa radice: dire di si a qualcosa comporta dire no all’esatto opposto. Quindi, se con penitenza e rinuncia intendiamo dire di si a Cristo e dei no decisi a ciò che contrasta col vangelo, va bene, se invece la si intende come mortificazione, cioè come se il Signore ci chiedesse di farci gratuitamente del male, di infliggerci morte, meglio non usare queste parole, e sostituirle tutte con l’unica parola che ha usato Gesù: conversione. Infatti, mentre verranno imposte le ceneri sul capo, verrà detto: convertiti e credi al vangelo. Poi c’è un’altra parola, simile a queste, che va abbandonata, la parola “fioretto”. Impegnarsi a fare fioretti e riuscirci serve anzitutto per accrescere il nostro orgoglio e l’ansia da prestazione, come se il Signore non ci volesse bene così come siamo: lui vuole solo che noi accogliamo il suo amore. Punto. E poi, se la Quaresima è una palestra, a che serve fare fioretti se poi non si vede l’ora che finisca così si può riprendere la vita di prima? Se invece uno si impegna a fare fioretti e poi non riesce a farli, questo serve solo a procurare sensi di colpa, infatti sono sempre in molti che quando vengono a confessarsi prima di Pasqua, dicano: avevo fatto tanti propositi e non sono riuscito a mantenerne neppure uno. Sono in molti a vivere così: tutti quelli, piccoli o grandi, che si allontanano da un cammino di fede, perché lo fanno? Perché vedono Dio come un inciampo, come uno che esige, che non fa respirare, peggio di una mascherina. Un’altra parola: “preghiera”. Non è che in Quaresima dobbiamo pregare di più, per poi pregare di meno nei restanti giorni dell’anno. Se la Quaresima è una palestra, è il tempo in cui allenarci a forme di preghiera che poi possiamo vivere per il resto dell’anno, e capire che la preghiera non è dire preghiere, ma aprirci all’azione dello Spirito per farci guidare da lui. Di questi tempi, pregare per la pace significa non chiedere a Dio di fare qualcosa di cui lui è già convinto, ma per convincermi io a diventare uno che semina pace e perdona le offese e per regalare a chi sta seminando terrore nel mondo un’onda di energia positiva che, unita allo Spirito di Dio, possa scalfire la durezza del suo cuore. Un’altra parola: “digiuno”. Anche il digiuno è qualcosa di mortificante, perché senza cibo si muore, e Dio non è possibile che ci chieda di non mangiare. Ci chiede, questo si, di nutrirci di lui, del suo amore (non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio), per diventare noi cibo per gli altri, quindi il digiuno ha un senso se quello che io spendo per nutrirmi oltre il necessario lo devolvo per chi non ha neanche il necessario, per educarci a creare quel senso di giustizia che spesso dimentichiamo. E questa cosa rende ragione dell’ultima parola, “elemosina”, che purtroppo è diventata sinonimo di dare un euro storcendo il naso a chi sta fuori dalla chiesa appunto a chiedere l’elemosina. In realtà elemosina significa avere pietà, compassione, cioè sentire sulla propria pelle il bisogno dell’altro, come fa Dio con noi, sempre, non per 40 giorni, quindi la Quaresima è palestra anche di carità, perché abbiamo a verificare se, in che modo e come noi discepoli di Cristo viviamo il comandamento più grande: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.

INTRO ALLO SCAMBIO DELLA PACE

E’ interessante la terza tentazione che riceve Gesù: ti darò tutti i regni del mondo se, prostrandoti, mi adorerai. Dio lo pensiamo come il dominatore del mondo che sottomette tutti, a cui obbedire, ma questo non è Dio, è satana, è la proiezione dei nostri deliri di onnipotenza, e infatti Gesù la rifiuta perché mostrerà che il potere di Dio è amare, servire, rendere liberi. Purtroppo, a questa tentazione nel corso della storia hanno ceduto e continuano a cedere tutti quelli che hanno in mano le redini del comando, usando il loro potere non per il bene di tutti, ma per dominare. La cosa peggiore è quando questa cosa viene fatta ancora oggi da persone che si professano cristiane. Putin è solo l’ultimo dei tanti. Ma anche noi nel nostro piccolo possiamo cedere alla stessa tentazione con le nostre piccole guerre quotidiane e la nostra incapacità a perdonare o soprassedere le offese che riceviamo, mentre siamo chiamati ad essere come ha detto Gesù uomini e donne che portano la pace, la luce, la gioia, la riconciliazione. E’ con questo spirito che dobbiamo celebrare l’eucaristia, altrimenti non ha valore. Questo è il significato racchiuso nel semplice segno del dono della pace che ora ci scambiamo, e che rischia tante volte di essere vissuto con molta superficialità.