domenica 8 maggio 2022

IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)

“Sia fatta la volontà del Signore!”. Così si concludeva il racconto degli Atti degli Apostoli che oggi ci offre la liturgia. Questa è una frase che è entrata nel linguaggio cristiano e che molti usano spesso. Ma cosa c’è dietro questa frase? Qual è la volontà di Dio? Normalmente, la volontà di Dio, quel che Dio 

vuole, è intesa nel senso che Dio ha già deciso il nostro destino, e bisogna accettarlo, peccato che questo destino sia orribile. La prova è che “sia fatta la tua volontà” lo si dice quando, di fronte a una situazione brutta, ma ormai inevitabile, dopo che uno le ha provate tutte per evitarla, alla fine si ritrova con le spalle al muro. Ma è mai possibile che la volontà di Dio coincida con gli avvenimenti tristi, negativi e spiacevoli della propria esistenza? Come mai non si è mai sentito una persona che vince al lotto dire: sia fatta la volontà di Dio!? Lo si dice sempre quando capitano le disgrazie! E uno allora dice: bisogna accettarla, se Dio mi ha mandato questa croce ci sarà un motivo. Poi per forza c’è gente che bestemmia o perde la fede. Questo modo di intendere la volontà di Dio è lo stesso che spinse gli amici di Paolo a pronunciare questa frase nel brano che abbiamo letto. Essi insistevano per persuaderlo a non andare a Gerusalemme perché sarebbe stato imprigionato, come poi avvenne, ma Paolo era talmente determinato ad andarci che essi, alla fine, si arresero alla volontà di Paolo affidandolo alla volontà di Dio, come per dire: speriamo che la volontà di Dio non sia quella che Paolo venga incarcerato e ucciso. Vuol dire allora che è Dio, alla fine, a decidere quello che deve capitarci nella vita? Considerando tutte le disgrazie che accadono, verrebbe da dire, con una battuta: meno male che il Signore è buono e ci ama, perché chissà cosa succederebbe se invece ci odiasse! Proviamo allora a capire cos’è questa volontà di Dio, considerando che Gesù stesso ci ha insegnato a chiedere, nel Padre nostro, che sia fatta la sua volontà? E proprio le parole di Paolo nelle letture di oggi, e naturalmente quelle di Gesù nel vangelo, ci aiutano a fare chiarezza. Paolo, di fronte ai suoi amici che insistevano perché non andasse a Gerusalemme, risponde: Perché fate così, continuando a piangere e a spezzarmi il cuore? Io sono pronto non solo ad essere imprigionato, ma a morire per il nome del Signore. Come per dire: voi dovreste essere contenti perché, se siete diventati cristiani, dovreste sapere che la morte è solo del corpo, Cristo è risorto. Anche qui, tra parentesi, sapete quando si usano altre frasi del tipo “finchè c’è vita c’è speranza”, oppure “a tutto c’è rimedio, tranne che alla morte”? Ecco, non dimentichiamo che in bocca a cristiani queste frasi sono bestemmie. Tanto è vero che, sempre Paolo, ormai prigioniero, scrive ai Filippesi: vorrei che questa mia prigionia fosse per voi di incoraggiamento a non avere timore ad annunciare la Parola del Signore anche se questa cosa comportasse la persecuzione. Perché dice così? Perché Gesù disse: se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi, ma beati coloro che saranno perseguitati nel mio nome. Perché per Gesù, il male non è essere perseguitati, ma perseguitare; non è essere uccisi, ma uccidere. La testimonianza cristiana è quando in mezzo al male siamo capaci di compiere il bene, cioè di amare. Che poi è il cuore di tutto il vangelo, bene espresso dalle parole di Gesù lette proprio oggi, dove dice “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Il mio comandamento, eccoci al punto, cioè questa è la mia volontà, la volontà di Dio: che vi amiate gli uni gli altri, perché la vostra gioia sia piena. La volontà di Dio è che facciamo il bene e otteniamo la gioia, diventando come Dio già adesso. La volontà di Dio è che noi siamo beati, felici, e ci comanda di amarci come lui perché questa è l’unica strada per vivere in pienezza la nostra umanità, anche se, vivendo così, si può andare incontro a incomprensioni e a persecuzioni, perché Gesù ci manda come agnelli in mezzo ai lupi, e non come lupi mascherati da agnelli. Noi ci nutriamo dell’eucaristia per diventare a nostra volta pane che si spezza per gli altri, pronti a farci mangiare dagli altri, non a mangiare gli altri. Questa è la volontà di Dio. Il Dio di Gesù è amore che desidera comunicarsi perché gli uomini raggiungano già in questa esistenza la felicità, prima ancora che nell’aldilà. Nella volontà di Dio non c’è nulla di negativo, ma tutto di positivo, e non è Dio a decidere le cose belle o brutte che ci capiteranno nella vita. Ci chiama a “rimanere” nel suo amore (“rimanete nel mio amore”) per poter affrontare le gioie e i dolori della vita con uno spirito nuovo, il suo Spirito, assicurandoci che, restando nel suo amore, e quindi amando come lui, comunque vadano le cose nella vita, bene o male, il destino riservato a chi vive così, è quello di risorgere, cioè di avere dentro di sé una vita di una qualità tale da poter superare anche la morte. Convertirsi e credere al vangelo significa questo: credere a quello che ha detto Gesù e quindi imparare a pensare Dio non secondo i nostri schemi, ma secondo quello che di Dio ci ha detto Gesù. E così sia.