lunedì 28 novembre 2022

27/11/22 III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)

Proviamo a ripercorrere brevemente le letture che abbiamo ascoltato per capire cosa ci vuol dire il Signore in questa domenica. La pagina del profeta Isaia dimostra come, in ogni epoca della storia gli uomini abbiano riposto in Dio le loro speranze di fronte alle malattie, ai soprusi, alle ingiustizie. Anche 

il Battista coltivava la speranza in Dio giusto giudice, considerando che era stato ingiustamente sbattuto in carcere da Erode. Per anni aveva proclamato che il regno dei cieli era vicino e che sui peccatori stava per abbattersi la collera di Dio e, come leggevamo domenica scorsa, aveva riconosciuto Gesù come il messia inviato da Dio che avrebbe ristabilito la giustizia bruciando i peccatori con un fuoco inestinguibile. Non diamogli torto: anche noi ragioniamo in questo modo, confondendo spesso la sete di giustizia con quella di vendetta, e vorremmo che Dio facesse quello che non possiamo fare noi. Purtroppo, Giovanni vedeva che Gesù si comportava in modo diverso: non parlava di Dio come un giudice severo e pieno di collera, ma come un Padre misericordioso che offriva la salvezza ai peccatori prima ancora che si pentissero. Ed entrò in una profonda crisi di fede, tanto da mandare, dal carcere, alcuni suoi discepoli a chiedere a Gesù: ma sei tu il messia che deve venire, o dobbiamo aspettarne un altro? E Gesù gli mandò a rispondere che le profezie di Isaia, con lui, si stavano realizzando, ma in un modo diverso: per esempio, Isaia prevedeva che Dio avrebbe scatenato la sua vendetta sui malvagi, mentre Gesù rivela che Dio non vuole la morte del peccatore, ma la sua conversione. Di più: che l’amore di Dio si estende oltre i confini di Israele: lo comprende bene san Paolo, come abbiamo ascoltato nel brano della lettera ai Romani quando dice che Dio vuole essere misericordioso verso tutti. Bene, allora cosa ci vuole insegnare il Signore quest’oggi? Che quel Dio che noi attendiamo, che noi vorremmo che venisse e intervenisse a salvarci (ecco il senso dell’Avvento), davvero continua a venire, ma non come noi ci aspetteremmo. Tante crisi di fede che nascono quando vediamo che Dio non viene nel modo che vorremmo noi sono salutari perché ci fanno capire che stavamo credendo in un Dio che non esiste, ma che ci siamo inventati noi. L’errore di Giovanni è lo stesso errore che purtroppo sono in tanti a continuare a fare: proiettare su Gesù l’idea molto umana di Dio che noi abbiamo in testa. Invece, è solo guardando Gesù che noi possiamo conoscere il volto di Dio. Con Gesù, davvero i ciechi recuperano la vista, perché lui ci fa finalmente vedere che Dio è Padre, che noi siamo figli e gli altri sono nostri fratelli. E allora si che chi era storpio impara a camminare in una direzione diversa. E chi è lebbroso viene guarito, perché la lebbra è simbolo di morte, e chi vede che Dio è Padre non incespica più, perché sa di camminare, non verso la morte, ma verso una vita che non muore più. E chi è sordo alle necessità degli altri, riacquista l’udito e impara a considerarli fratelli. E con Gesù i morti risorgono perché la sua parola ha il potere di far risorgere, di far nascere una nuova umanità, capace di vedere e di vivere la vita in un modo diverso. Questo è il Dio che l’avvento ci invita ad aspettare, non perché egli tardi a venire, lui è già venuto e continua a venire, ma fintanto che noi aspettiamo che venga un Dio diverso da quello che Gesù ci ha mostrato, continueremo a vivere in una grande illusione.