domenica 6 novembre 2022

6/11/22 CRISTO RE DELL'UNIVERSO

Come cittadini del mondo, e di questo mondo occidentale, noi festeggiamo l’ultimo giorno dell’anno civile il 31 dicembre e il primo giorno del nuovo anno l’1 gennaio, ma, come cristiani, noi abbiamo anche un altro calendario, l’anno liturgico, che inizia con la prima domenica di Avvento (che è 

domenica prossima), perciò, quella di oggi, è l’ultima domenica dell’anno liturgico. Cos’è l’anno liturgico, a cosa serve? L’anno liturgico è suddiviso non in mesi, ma in tempi: Avvento, Natale, Epifania, Quaresima, Pasqua, Pentecoste, dopo Pentecoste, fino ad arrivare oggi alla festa di Cristo Re. In questi tempi la Chiesa ripercorre ogni anno gli avvenimenti, i fatti e gli insegnamenti di Gesù, come se si stesse sfogliando un album fotografico, ma con una grande differenza: non è un album di ricordi. Gesù è risorto, è sempre vivo e sempre si rende presente nei sacramenti, perciò le foto della sua vita che sfogliamo di giorno in giorno, di domenica in domenica, non servono per farci ricordare fatti del passato, ma rendono presenti questi fatti per farceli rivivere e aiutarci a penetrarli sempre più in profondità, e non ci basta una vita per farlo, perché stiamo parlando del mistero di Dio. Per tutta la vita andiamo avanti ad ascoltare le pagine della scrittura, a rivivere il Natale, la Pasqua, la Pentecoste, ma se Cristo è sempre lo stesso, ieri, oggi e nei secoli, noi no, noi siamo sempre diversi, attraversiamo stagioni della vita diverse: un conto è ascoltare la sua Parola e celebrare il Natale e la Pasqua quando si è piccoli, un altro quando si adulti o anziani, quando le cose nella vita vanno bene o vanno male, e quindi il rapporto col Signore cambia, si approfondisce, matura o si indebolisce. Io resto perplesso quando sento qualcuno, magari avanti con gli anni, che dice: la mia fede, il mio modo di pregare, di rapportarmi col Signore, di essere cristiano, è sempre stato lo stesso, è quello che ho imparato dai miei genitori. Non va bene. E’ come se uno andasse all’università e dicesse: a me è rimasto solo quello che ho imparato alle elementari. Del resto, anche nei rapporti tra genitori e figli, tra coniugi, tra amici, le cose cambiano nel corso degli anni, si spera in meglio, certo, ma si approfondiscono, si capiscono cose che prima non si capivano, e se questo vale tra le persone che vediamo, figuriamoci se non deve valere nel rapporto con Dio. Quindi, l’anno liturgico serve a questo. E perché l’anno liturgico finisce proprio con la festa di Cristo Re? Oggi, parlare di re e di regine sembra anacronistico o qualcosa di legato alle favole che si raccontano ai bambini, tanto è vero che quando c’è lo sposalizio di un re o una regina, o il funerale della regina Elisabetta e l’incoronazione del Re Carlo, tutto il mondo sembra fermarsi ed entrare in una favola. Se c’è un re o una regina, c’è anche un regno, fatto di sudditi che devono servire, obbedire e che poi vengono giudicati. Infatti, questo titolo di re attribuito a Cristo, fa pensare a Dio come colui che ha il potere, che bisogna servire e riverire, alle cui leggi bisogna obbedire e che alla fine giudica secondo le azioni che abbiamo fatto. Perciò, chiamare Gesù Re addirittura dell’universo, è molto pericoloso, tanto è vero che intere generazioni sono cresciute vivendo il rapporto con Dio con una sorta di timore e tremore, fatto di precetti, cioè di doveri, di obblighi nei suoi confronti: sono tantissimi anche oggi i cristiani che vivono la preghiera e i sacramenti come doveri, così Dio è contento e me lo tengo buono. Da qui nascono anche mille sensi di colpa perché, siccome non si riesce a seguire tutte le sue leggi, a fare il suo volere, alla prima occasione si trasgredisce, come fa lo studente a scuola quando il professore esce di classe. Per fortuna, Gesù ci ha fatto vedere che Dio è esattamente il contrario. Peccato che sono in troppi ancora a non averlo capito. Allora, il titolo di Re attribuito a Gesù, siccome è ambiguo, va capito bene. Gesù è re perché è il Figlio che riceve dal Padre il suo stesso potere, che è quello di infondere vita agli uomini, di donare quello Spirito che consente, a chi lo accoglie, di ricevere lo stesso potere di Dio, quello costruire il Regno di Dio, una società alternativa, un modo fraterno di vivere i rapporti umani, un regno di fraternità, di giustizia e pace, dove gli uomini sanno rispondere agli elementari bisogni delle persone, andando incontro alle loro sofferenze e necessità, come spiega Gesù nella parabola del vangelo di oggi. Questo è l’unico potere di Dio, e in questo senso Cristo è re, un potere che viene trasferito a tutti. Chi lo accoglie è benedetto, entra nel suo regno, chi invece pensa unicamente a se stesso e si chiude ai bisogni degli altri è maledetto, badate bene, non da Dio, e destinato al fuoco eterno. Sono espressioni e immagini che non vanno prese alla lettera, ma che esprimono il fallimento della propria vita, perché chi vive così è spazzatura che serve solo per essere bruciata. Sono parole severe, certo, dette, però, non per spaventare, ma per indicarci qual è la via della salvezza. Che vale per tutti, per qualunque uomo e donna di ogni tempo, razza e nazione, quindi anche per chi non crede in Dio o crede in un dio diverso o non conosce Gesù. Dio non è il re che chiede di essere servito, riverito, obbedito, ma è fonte di vita e di amore che chiede di essere accolto perché tutti ricevano il suo stesso potere, cioè possano amare i fratelli con la stessa forza di Dio. E questo è il progetto, il disegno, la volontà di Dio fin dalla creazione del mondo. L’unica legge che Dio ha impresso all’universo fin dall’origine e che fa andare avanti il mondo, più forte di tutte le forze del male. Da qui nasce la speranza cristiana che il mondo non è destinato ad una fine ma a un complimento chi sarà quando Cristo ritornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine, quando cioè Dio sarà tutto in tutti, come scrive San Paolo nella lettera ai Corinzi. L’anno liturgico inizia con l’Avvento che ci richiama l’attesa della salvezza che viene da Dio, e la festa di oggi chiude il cerchio. Questo Signore che si è fatto carne nel Natale, che è morto, risorto e vive per sempre, continua venire infondendo negli uomini il suo spirito, fino a quando Dio mostrerà la sua gloria, la sua vittoria sul male, e sarà tutto in tutti. Ecco perché questa festa chiude l’anno liturgico, perché l’immagine di Cristo Re, se intesa bene, riassume tutto il vangelo e il mistero di Dio che celebriamo nei vari tempi dell’anno. Che non basta celebrare, ovviamente, ma che siamo chiamati a vivere quando usciamo di chiesa.