domenica 3 settembre 2023

3/09/23 PRIMA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO (ANNO A)

Povero Erode, povero fratello nostro, come Giuda, perchè ci rassomiglia. Per carità, Erode fece uccidere Giovanni il Battista e poi, quando Gesù, arrestato, fu condotto da lui, Erode lo mandò da Ponzio Pilato per essere giustiziato, mentre noi che siamo qui, per fortuna (almeno lo spero), non abbiamo ucciso 

nessuno. Assomigliava certamente a suo padre, Erode il Grande che, quando Gesù nasce, cerca di ucciderlo a Betlemme; a suo figlio Erode Agrippa che metterà in prigione Pietro e ucciderà Giacomo; e anche a suo nipote che manderà Paolo a Roma dove sarà ucciso. Tra l’altro, il nome Erode viene dal greco e significa eroe, forte, valoroso, semidio, ma anche malfattore. Il giorno del suo compleanno, il 29 agosto, questo Erode qui fece uccidere il Battista durante il banchetto, cioè festeggiò la sua nascita con una morte, ma non perchè fosse cattivo, come verrebbe da pensare. Io credo che una persona compia il male perchè è triste, perché gli mancano non tanto le rotelle del cervello, ma perché non conosce l’amore, si sente vuoto, e cerca di riempire questo vuoto, come faceva Erode, ricercando la grandezza, la violenza, il denaro, il piacere: erano queste, in fondo, le portate del suo banchetto. Erode ascoltava le accuse che gli rivolgeva il Battista, ma gli davano fastidio, perchè lo mettevano in discussione, gli chiedevano di cambiare vita, di convertirsi, però il suo interesse era fare quello che gli conveniva, e così decise di tagliare la testa alla verità, non riusciva ad accettarla, ma la verità ritorna, e Giovanni continua a parlargli più da morto che da vivo, infatti, sentendo parlare di Gesù, di quello che diceva e faceva, pensava che Giovanni fosse tornato in vita. È un po’ come la voce della coscienza che non si riesce a metterla a tacere, perchè la Parola di Dio puoi metterla a tacere e ucciderla, ma risorge, riappare, non muore mai. Quindi Erode era uno che ascoltava, non faceva lo gnorri, tanto è vero che, abbiamo letto, cercava di vedere Gesù, di conoscere questa persona così interessante che parlava di salvezza. Bellissima questa cosa. Peccato che poi, quando lo incontrò di persona, come dicevo, cosa fece? Lo racconta sempre Luca nel suo Vangelo, in tre righe, dicendo che, quando i soldati glielo condussero, Erode lo trattò come un fenomeno da baraccone, desiderava vedere i suoi prodigi, per poterli fare anche lui, voleva capire da dove venisse il suo potere per averlo anche lui o, magari, assoldare Gesù alla sua corte. E Gesù cosa fece? Niente. Fece e disse niente, perchè la Parola non può parlare e non può dire niente a chi ha sogni di gloria, ha già deciso cosa deve fare e non è disposto a cambiare. E allora Erode, scrive Luca, lo manda via, da Pilato, perchè di uno così non sa che farsene. Insomma, vedete perchè e in che cosa Erode può essere un nostro povero fratello, cioè ci rassomiglia? Perché anche noi possiamo essere qui desiderosi di ascoltare la parola del signore, di incontrarlo, di vederlo. Di fatto la sua parola l’abbiamo ascoltata anche oggi e tra poco lo vedremo nei segni del pane e del vino. Ma non basta. Una delle tante accuse che spesso vengono rivolte a noi che veniamo in chiesa è quella che, usciti di qui, siamo uguali a come siamo entrati. Perché questo può succedere? Può succedere perché anche noi, come Erode, pur avvertendo che l’incontro con Gesù è qualcosa di grande, in fondo desideriamo vederlo e incontrarlo perché sia lui a fare quello che gli diciamo noi, e siamo ben poco disposti a lasciarci cambiare la vita, il modo di pensare di vedere di vivere. Forse perché in fondo ci fidiamo di più delle nostre convinzioni che di quello che dice Gesù che, invece, ci propone un modo di pensare e di vivere per uscire dalla nostra tristezza e per essere beati, non dopo la morte, ma già adesso, molto diverso da quello che abbiamo in mente noi. E non ci rendiamo conto, come diceva una grande mistica del secolo scorso, Madeleine Delbrel, che invece è una questione di vita o di morte ascoltare il Signore sul serio. Che poi è quello che dicono le altre due pagine della Scrittura che oggi ci propone la liturgia, solo che lo dicono con il tipico linguaggio biblico che, se non lo decifriamo bene, ci porta a prendere fischi per fiaschi. Quando il profeta Isaia scrive che Dio ci ha creati per la gioia e che chi non lo ascolta avrà fame, sete, resterà deluso, griderà per il dolore del cuore e sarà affranto; o quando San Paolo scrive agli Efesini che l’ira di Dio si abbatte su chi gli disubbidisce, noi prenderemmo davvero fischi per fiaschi se pensassimo a Dio come un giudice che punisce o che premia. Questo è il linguaggio biblico utilizzato 2000 anni fa per dire esattamente il contrario, e cioè che, se Dio è fonte di vita e di amore, allora lontano da Lui può esserci solo morte. Che è quello che dicevo prima citando Madeleine Delbrel, e cioè che è una questione di vita o di morte ascoltare il Signore sul serio, ma perché questo ascolto sia efficace, dobbiamo essere disposti a lasciarci cambiare da lui, e non voler essere noi, come il nostro fratello Erode, a voler piegare Dio ai nostri desideri.