lunedì 25 settembre 2023

24/09/23 IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO (ANNO A)

Le letture delle domeniche dopo il Martirio di san Giovanni sono scelte per aiutarci a guardare ad alcuni aspetti del mistero di Gesù, e quindi a rispondere alla domanda: chi è Gesù? Domenica scorsa l’attenzione era rivolta al significato di uno dei titoli coi quali chiamiamo Gesù, ovvero il Cristo. In 

questa domenica, invece, Gesù viene definito dall’autore della lettera agli Ebrei come “sommo sacerdote dei beni futuri”. Perché Gesù viene chiamato così? Per capirlo, prima bisogna provare a rispondere a un’altra domanda, e cioè: chi sono i sacerdoti? In ogni popolo, in ogni religione, i sacerdoti sono quelli che mettono in contatto gli uomini con Dio, perché sono in contatto col sacro, da cui deriva la parola sacerdote. In Israele, dai tempi di Mosè, c’erano in mezzo al popolo alcuni uomini che, come abbiamo letto, svolgevano i loro riti nel Tempio di Gerusalemme: erano i sacerdoti. Uno di loro, il sommo sacerdote, una volta all’anno entrava nella parte più interna del tempio, nel Santo dei Santi, dove era conservato quel che restava dell’Arca dell’Alleanza e si riteneva ci fosse la presenza di Dio, e aspergeva l’altare col sangue degli animali per ottenere da Dio la remissione dei peccati di tutto il popolo. I sacerdoti, dunque, sono gli intermediari tra il cielo e la terra, tra Dio e gli uomini. Ma questi riti, dice la lettera agli Ebrei, in realtà potevano esprimere solo il desiderio di entrare in comunione con Dio, ma erano inefficaci. Erano pratiche pie che servivano per preparare il popolo ad accogliere colui che solo avrebbe realizzato questo desiderio, cioè Gesù. In Gesù, nella sua umanità, Dio si è fatto carne: Dio non abita più in un tempio, ma nella persona di Gesù, quindi, ogni uomo che entra in contatto con lui, può entrare in comunione con Dio. Con Gesù, il cielo si è unito alla terra e la terra al cielo: ecco perché Gesù viene chiamato sommo sacerdote. E come si entra in contatto con Gesù? Lo dice lui stesso nel vangelo di oggi: credendo in lui, e credere in lui vuol dire mangiare la sua carne e bere il suo sangue, quello che noi concretamente facciamo nel sacramento dell’eucaristia che stiamo celebrando. Ma non dimentichiamo che mangiare il suo corpo non si esaurisce nel cibarci dell’ostia consacrata, ma vuol dire assimilare il suo pensiero, la sua Parola, essere trasformati in lui, cioè vivere verso i fratelli il medesimo amore del Padre col quale ci ha amato Gesù, e bere il suo sangue vuol dire lasciarci guidare dal suo Spirito che ci dà la forza per diventare come lui, e quindi per entrare in comunione con Dio. Quali sono le conseguenze bellissime di tutto questo? Che l’unione con Gesù, iniziata col Battesimo, confermata con la Cresima, che si alimenta con l’Eucaristia e che si esprime nella carità, rende ogni battezzato, quindi ognuno di noi, sacerdote e sacerdotessa. Vuol dire che la comunione con Dio che una volta si credeva fosse possibile se, attraverso i sacerdoti, si offrivano sacrifici e si compivano certi rituali, con Gesù si realizza non con pratiche religiose o devozionali, ma accogliendo l’amore del Padre e riversandolo su coloro che incontriamo nel nostro cammino. Vuol dire che non è sacerdote solo il prete, ma lo siete tutti. L’errore sta nel chiamare sacerdote il prete. Il prete è un battezzato che con l’ordinazione presbiterale rende presente con i sacramenti l’unico sacerdote, Gesù, perché tutti voi, me compreso, possiamo entrare in comunione col Padre attraverso Gesù, mettendo in pratica la sua Parola grazie alla forza dello Spirito santo. Il sacerdozio del prete è a servizio del sacerdozio di tutti, quindi nella Chiesa, nella comunità, non esistono cristiani di serie A e di serie B; la Messa non la celebra il prete: il prete la presiede e tutti la celebriamo; in una comunità parrocchiale o addirittura pastorale, di più parrocchie, ogni battezzato deve sentirsi a casa e protagonista, ognuno col suo compito, con la sua vocazione, e io sto incontrando in questi giorni dal mio ingresso un numero alto di persone che vivono così, e sono davvero contento, e prego perché queste parole a commento delle letture di oggi siano di stimolo per tutti, perché nessuno di voi viva l’appartenenza a Cristo e al suo corpo che è la Chiesa come semplice spettatore.