domenica 13 ottobre 2024

13/10/24 VII DOMENICA DOPO IL MARTIRIO (ANNO B)

E’ la terza domenica di fila in cui la liturgia ci propone l’ascolto di alcune parabole di Gesù, oggi addirittura tre. “Parabola” significa “paragone”. Gesù prendeva spunto da situazioni della vita reale paragonandole alle cose di Dio, perché di Dio si può parlare solo per immagini, e le parabole erano 

metafore capaci di attirare l’attenzione, di suscitare interesse, ma che chiedevano, poi, una presa di coscienza e una decisione. Vale naturalmente anche per noi, altrimenti siamo qui a perder tempo. Questi racconti sono come una pulce nell’orecchio capace, senza forzare nessuno, di far sorgere domande e di non adagiarsi sulle proprie certezze, perché, quello della fede, è un cammino che dura tutta la vita. Del resto, stiamo parlando del mistero di Dio. Se già è una presunzione pensare di aver capito tutto della vita o delle persone, figuriamoci quando parliamo di Dio. Ebbene, questo cammino di crescita, è anche il filo rosso che percorre le letture di oggi: nel vangelo ci sono queste tre parabole che parlano di un seme seminato nel campo che deve crescere, di un granello di senape che cresce in un terreno, di tre misure di farina che una donna ha impastato e che fanno crescere la farina. Di germogli parlava anche il profeta Isaia, dove Dio dice: “Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia – cresce – non ve ne accorgete?”. Anche Paolo, nella lettera ai Corinti, parla di germogli: “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere”. Faceva crescere cosa? Di quale crescita si tratta? Di cosa si sta parlando? Lo dice chiaramente Gesù all’inizio delle tre parabole: del Regno di Dio. Cos’è il Regno di Dio? Non è il Paradiso, come spesso si pensa, ma è la possibilità che Dio dà agli uomini di costruire il Paradiso su questa terra, dove Dio regna attraverso gli uomini e le donne che, riconoscendolo come Padre, vivono da figli assomigliandogli nell’amore, quindi trattando gli altri come fratelli e sorelle, vivendo nella logica del dono, del servizio, dell’accoglienza, del perdono. Vedendo come va il mondo, ci rendiamo conto perché Gesù ha detto: quando pregate, dite Padre nostro, venga il tuo Regno, un’invocazione che non serve per convincere Dio ad attuare il suo disegno, ma per convincere noi ad attuarlo, a desiderarlo. Noi chi? Noi Chiesa, perché dire “chiesa” vuol dire parlare dei discepoli di Gesù, che hanno aderito a lui: chi, se non noi, prima di tutti, abbiamo questo compito? Si comincia all’interno di una comunità, come può essere una parrocchia, ma IL CAMPO è il mondo, come scrive san Paolo nel brano della lettera ai Corinzi, nel senso che ogni uomo e ogni donna che appartengono a Cristo devono cercare di creare rapporti di giustizia, pace e fraternità tra le persone che incontrano al lavoro o là dove si trovano, sono chiamati, cioè, a vivere le beatitudini, a costruire il Regno di Dio. E’ così che si costruisce, scrive Paolo, una casa con materiali pregiati, di modo che, quando sopraggiunge il fuoco, non vengano distrutti. Anche Paolo, vedete, usa una parabola. Il fuoco si riferisce all’amore di Dio che distrugge tutto ciò che è male. Chiediamoci, dunque: io sto costruendo la mia vita personale, i miei rapporti con gli altri, in famiglia, al lavoro, con gli amici, all’interno della parrocchia, con questo spirito? Dopo di che, se il Regno di Dio è questo, ogni comunità, di ogni tempo, quindi anche noi oggi, possiamo essere sottoposti a tre tentazioni. La prima è quella di pensare che il Regno di Dio sia fatto da una comunità di eletti, di gente superiore agli altri. A questa tentazione Gesù risponde con la parabola del seminatore e della zizzania che i contadini vorrebbero eliminare. La zizzania è una pianta tossica, che però si fa fatica a distinguere dal grano. Sradicandola prima del tempo si corre il rischio di sradicare anche il grando perché è facile confondersi. Gesù, dunque, vuol far capire che nella società, nella Chiesa, dentro ciascuno di noi, continuamente convivono il bene e il male, e questa vita ci è data perché, nel nostro personale cammino di crescita, fatto di luci e ombre, ognuno abbia la possibilità di convertirsi. Perciò, come Dio ha pazienza con noi, pure noi dobbiamo averla verso noi stessi e gli altri: il Regno di Dio è la mèta da costruire. Chi vuole estirpare la zizzania, di solito, provoca stragi e morte e, spesso, quelli che generano scandali e operano iniquità sono proprio coloro che si ritengono buon grano. La seconda tentazione che la comunità subisce è quella della manìa di grandezza, allora Gesù racconta una seconda parabola paragonando il regno di Dio a un granello di senape. Anch’essa è una pianta infestante, perché i suoi semi microscopici vengono portati ovunque dal vento, e quando, crescendo, raggiunge il suo massimo splendore, non è mastodontica, eppure gli uccelli riescono a farci il nido. Cosa sta dicendo Gesù? Che il Regno di Dio arriva ovunque, come una pianta infestante, che dà fastidio alle altre (certo: nel campo del mondo, i seminatori del vangelo portano scompiglio perché vivono in una logica ostinata e contraria), accoglie tutti, ma non attira l’attenzione, appunto come una pianta di senape.  La terza e ultima tentazione è quella dello scoraggiamento. La comunità cristiana è piccola, il lavoro da fare è tanto, e c'è il rischio di scoraggiarsi. Allora Gesù racconta la parabola del lievito mescolato da una donna in una quantità industriale di farina, perché tre misure corrispondono a quaranta chili. Gesù vuole rassicurare la comunità dei suoi discepoli che si spaventano di fronte all’enormità del lavoro da fare, ma li invita, ci invita, a mescolarci con la realtà esistente (il campo è il mondo, e il mondo è grande), per trasformarla, per costruire, appunto, il suo Regno.