martedì 1 ottobre 2024

30/09/24 V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO (ANNO B)

C’è una parola che compare in tutte le letture di questa domenica, la parola “Legge”. Nella lettura, Mosè esorta gli israeliti ad ascoltare e mettere in pratica le leggi del Signore, e spiega anche il perchè: perchè voi siate felici. Lo si ripete nel salmo con cui abbiamo pregato subito dopo: chi cammina nella legge del Signore è beato. 

Ma qual è il cuore della legge di Dio, che riassume tutti i suoi comandamenti? Lo dice a chiare lettere un dottore della Legge, cioè uno scriba, un esperto, un teologo, davanti a Gesù, come abbiamo letto nel vangelo, citando proprio le parole della lettura che sono il “credo” di Israele: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, l’anima, le forze, la mente”, aggiungendo, però, un precetto presente nel libro del Levitico: “E amerai il tuo prossimo come te stesso”. Dunque, il cuore della Legge di Dio sembrerebbe questo: amare Dio in modo assoluto e il prossimo un po’ di meno, come me stesso; quindi, se devo scegliere tra l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo, devo scegliere l’amore verso Dio. Amare sé stessi è molto importante: per amare il prossimo, lo dicono anche gli psicologi, è necessario che io ami me stesso, che io sia in pace con me stesso. Altrimenti non riesco ad amare, perché sono io che ho bisogno, prima di tutto, che qualcuno ami me. Se io non ho autostima e non sono in pace con me stesso, non riesco ad amare il prossimo. E, infatti, il dottore della Legge chiede a Gesù: e chi è il mio prossimo? Che vuol dire: chi è prossimo a me? a me, chi mi ama? Io devo amare Dio sopra ogni cosa, devo amare me e devo amare il prossimo come me stesso, ma a me, chi mi ama? E Gesù gli risponde con la parabola chiamata del buon samaritano, per fargli capire proprio questo: sono io il samaritano che si fa prossimo a te, che si prende cura di te e dei tuoi bisogni. È Dio colui che per primo ti ama. E conclude: va, e anche tu fa lo stesso verso gli altri, cioè, adesso fatti prossimo tu a chi ha bisogno con lo stesso amore col quale sei amato da Dio. Per questo, il comandamento di Gesù non sarà di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo un po’ di meno, come sé stessi, ma: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Gesù non fa distinzione tra l’amore per Dio e l’amore per il prossimo: chi ama il prossimo, ama Dio, e viceversa, ma noi possiamo amare il prossimo perché, per primi, siamo amati da Dio, e così, pur con tutti i nostri limiti, possiamo amare il prossimo con la forza che ci viene da Dio, precisamente perché, grazie a Dio che ci ama così come siamo, possiamo finalmente amare anche noi stessi. La riprova è che anche san Paolo, nel brano che abbiamo letto, dice che tutti i comandamenti, tutta la Legge, si riassume non nell’amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come sé stessi, ma solo nell’amore verso il prossimo con la forza che ci viene da Dio. Tutto quello che ci è chiesto è di lasciarci amare dal Signore, di permettere a Dio di amarci, di accogliere il suo amore: se facciamo questo, tutto il resto viene di conseguenza. Questa di Gesù viene normalmente chiamata la parabola del buon samaritano, ma è un titolo sbagliato, perché Gesù non la racconta per dire che il samaritano che incontrò l’uomo mezzo morto sulla strada fosse buono, mentre il sacerdote e il levita che erano passati oltre, senza fermarsi, fossero cattivi. No, il sacerdote e il levita erano semplicemente due persone molto devote alla Legge. Tornavano da Gerusalemme, erano state per giorni nel Tempio a pregare, a fare sacrifici, pensando, così, di essere in comunione col Signore. La Legge stabiliva che per restare in comunione con Dio non si dovesse entrare in contatto col sangue umano. Per questo, vedendo l’uomo ferito, non gli prestarono soccorso: non perché fossero cattivi, ma perché, dovendo scegliere tra l’amore verso Dio che va amato sopra ogni cosa e quello verso il prossimo, scelgono l’amore verso Dio. Gesù dichiarerà questa Legge, che essi credevano venisse da Dio, un’invenzione umana, oltretutto perversa, appunto perché Dio, facendosi uomo, lo si ama quando ci si fa prossimi ai fratelli, come fece il samaritano. Gesù prende il samaritano come esempio perché, per gli ebrei, siccome i samaritani non seguivano la Legge di Mosè, erano esclusi dalla salvezza. E Gesù vuol fargli capire che è vero il contrario: è proprio il samaritano, che aveva una religione diversa, ad agire nel modo giusto. Non perché fosse più buono, ma perché capisce che non c’è distinzione tra l’amore verso Dio e quello verso il prossimo. Che se uno ha bisogno di una mano, tu non devi rispondergli che gli dici un’Ave Maria; che non devi solo tenere le mani giunte, ma devi aprirle, prima di tutto verso il cielo per accogliere l’amore di Dio, e poi stenderle verso chi ha bisogno. E’ per questo che siamo qui a celebrare l’eucaristia: la vera comunione col Signore accadrà non quando mangeremo l’ostia, ma quando anche noi, con la forza di questo cibo, diventiamo pane che si spezza per i fratelli. E così sia.