martedì 7 gennaio 2025

5/1/25 DOMENICA DOPO L'OTTAVA

Pensate che bravo predicatore era Gesù. Nella sinagoga, legge un brano del profeta Isaia e poi lo commenta con una sola frase: oggi si è compiuta questa parola che voi avete ascoltato. Stop. Predica finita. Gesù poteva permetterselo, perché aveva la fortuna di avere davanti persone che conoscevano 

bene la Bibbia. Gesù aveva letto il testo del capitolo 61 del rotolo del profeta Isaia dove si parla del Messia, del Cristo, dell’unto del Signore, cioè del consacrato, ripieno della stessa forza di Dio per realizzare quello che, fino a quel momento, gli ebrei non erano mai stati in grado di realizzare, cioè il Giubileo. Il Giubileo doveva essere un anno sabbatico, cioè di riposo. Si dice sabbatico perché doveva essere un anno vissuto nel modo in cui si viveva, ogni settimana, il giorno di sabato, come recita il terzo comandamento, quello che, banalmente, noi traduciamo con “ricordati di santificare le feste”, quindi vai a messa, stop, mentre il testo biblico recita: Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio (notate, nel computo ebraico, il sabato è il settimo giorno, perché la settimana, come per noi cristiani, inizia la domenica): non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Pensate la bellezza di questo comandamento: Dio ci comanda di riposare e di godere della vita che ci è data. Stendiamo un velo pietoso su quello che abbiamo fatto diventare noi il giorno del riposo, la domenica, ma tra poco ci torniamo. Ma il libro del Levitico estende questo comando non solo al sabato: “Ogni 49 anni sarà per voi un giubileo: proclamerete la liberazione nel paese per tutti suoi abitanti, ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia, non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest'anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo”. Il testo poi prosegue dicendo che, durante l’anno del Giubileo, bisogna prendersi cura in modo particolare dei più deboli: le vedove, gli orfani, le persone in difficoltà, e compiere azioni misericordiose, come liberare gli schiavi e condonare i debiti, far riposare la terra, senza seminare, mietere o vendemmiare. Siccome, di fatto, questi comandi del Signore erano restate sempre e solo belle parole, come continuano ad esserlo anche per noi, ecco che il profeta Isaia, nel brano letto da Gesù, annunciava che il Messia, quando sarebbe venuto, avrebbe compiuto questo volere di Dio, che, in fondo, si riassume in due parole: giustizia e libertà per tutti (ecco cosa vuole Dio). Certo, perché se tutti siamo figli di un unico Padre, vuol dire che, per rendere abitabile la terra, occorre vivere la fraternità, non c’è un altro sistema, altrimenti distruggiamo tutto e ci autodistruggiamo. Accadeva allora come oggi, niente di nuovo sotto il sole. Non basta ascoltare questa parola, ma crederci, e quindi attuarla con scelte ben precise, personali, comunitarie e sociali. Tutti vogliono un mondo più pulito, però nei cestini dei rifiuti si butta dentro di tutto e così, marciapiedi e strade, fanno schifo; tutti aborrono la guerra, ma ogni giorno accadono violenze nelle famiglie e in molti quartieri delle città; tutti vogliono la giustizia, ma la confondono con la vendetta, dicendo che un carcerato deve marcire in galera. Ecco perché Gesù non aveva bisogno di fare una predica lunga nel commentare questo testo: tutti sapevano a cosa si stava riferendo. E, sentendogli dire “oggi questa parola si è compiuta”, all’inizio reagiscono con meraviglia: ecco finalmente che le promesse di Dio si realizzano. Questi sogni di pace, di giustizia sociale, di riconciliazione, che albergano non solo nel cuore di Dio, ma nel cuore di ciascuno, ecco qualcuno che le viene a realizzarli! E davvero in Gesù si realizzano, si compiono. Perché Gesù, quello che dice, si mette a farlo. Lo sbaglio di Gesù fu che non arrivò in elicottero, col mitra e con le guardie del corpo. Infatti, nei versetti successivi (perché i brani della scrittura che propone la liturgia, per comprenderli, occorre sapere cosa era successo prima e cosa succede dopo - per questo le nostre prediche sono più lunghe di quelle di Gesù). Subito dopo, i suoi concittadini cominceranno a dire: ma questo qui non è il figlio del falegname? Come può un uomo così essere l’incarnazione di Dio e realizzare le promesse di Dio? Gesù era pieno di Spirito di vita e di amore, mentre essi erano pieni di collera e di ira, aspettavano che fosse Dio, dall’alto, a risolvere i problemi personali e sociali, senza doversi impegnare in prima persona, e che l’inviato di Dio agisse, non col perdono e prendendosi cura dei peccatori, ma prendendo il potere con la forza. E infatti, lo cacciarono fuori dalla città conducendolo sul ciglio del monte per buttarlo giù. E siamo solo al capitolo quarto del vangelo di Luca. Ma egli, passato in mezzo a loro, scrive l’evangelista non che se ne andò o scappò, ma che camminava. Cioè, non disse “ragazzi, vi saluto”, ma che prosegue imperterrito il cammino, non lo ferma nessuno. E continua a camminare in mezzo a noi, con noi, dentro di noi, attraverso la forza dei sacramenti e con la forza del suo Spirito, con tutti i suoi doni, per mostrarci che il giubileo che vuole il Signore, siamo noi, con le nostre forze limitate di uomini, a doverlo realizzare, certo, proprio con l’aiuto e la forza che vengono da Dio. Se però, davvero lo vogliamo, e se impariamo a pensare e a vivere non con la logica del mondo, ma con la logica di Gesù.