Se domenica scorsa era detta “della divina clemenza”, quella di oggi, che conclude il tempo dopo l’Epifania, è detta “domenica del perdono”, e non potrebbe essere scelta più azzeccata, perché il perdono è l’epifania, la manifestazione più alta dell’amore, e dell’amore di Dio, un Dio unicamente
buono. Ancora oggi ci sono cristiani, magari anche tra di noi, che si chiedono perplessi come sia ammissibile che Dio possa perdonare anche i più efferati criminali. In realtà, la questione è malposta: non è se Dio possa o debba perdonare i delinquenti che si sono macchiati di crimini orrendi, ma se essi siano o no capaci di accogliere il suo perdono. Il Papa, per il quale non smettiamo di pregare perchè il Signore gli doni di vivere il momento cruciale che sta vivendo con la speranza che nasce dalla fede, lo ha ripetuto spesso, dicendo che il problema siamo noi che non abbiamo fede nella sua misericordia. Se Dio è solo amore, e il perdono è la manifestazione più alta dell’amore, Dio non può fare altro che perdonare chiunque accoglie il suo Spirito capace di riempirlo d’amore: poi spetta a lui, a ciascuno, decidere cosa fare di questo amore ricevuto. È da questo amore donato e accolto che possono nascere il pentimento e la conversione, non prima. Gesù concede il perdono senza mai esigere il pentimento. Il pentimento e la conversione, se ci saranno, saranno l’effetto del perdono ricevuto. Quando il peccatore si incontra col Signore, non viene umiliato per le sue colpe, ma avvolto dalla tenerezza del suo amore. Per questo Gesù non invita mai nessun peccatore a chiedere perdono a Dio, ma, al contrario, chiede insistentemente agli uomini di perdonarsi tra loro, perché solo così il perdono di Dio diventa efficace, produce i suoi effetti. Come dimostra proprio il vangelo di oggi. Zaccheo era un caso disperato. Era un pubblicano, un esattore delle imposte, traditore della patria e ladro, e perciò giudicato escluso dalla salvezza dalla religione ebraica. Non solo: era anche ricco, e Gesù è sempre stato chiaro su questo punto: chi è ricco, cioè chi tiene tutto per sé senza condividere quello che ha, consentendo a chi è povero di innalzare il suo tenore di vita, è escluso dalla salvezza, perché non è in sintonia con l’amore di Dio. Per questo Zaccheo era un caso disperato. Infatti, cercava di vedere Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura, cioè non era all’altezza di Gesù, perché chi fa un’attività che lo porta ad ingannare e derubare le persone per arricchirsi, non è all’altezza di Gesù. E qui c’è la svolta. Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Con Gesù, l’uomo non deve più salire verso Dio, ma è Dio che scende, che si fa incontrare. Con Gesù, l’uomo peccatore non deve purificarsi (salire) per essere degno di accogliere Dio, ma è Dio che (scendendo) purifica l’uomo che lo accoglie. Ma, vedendo ciò, tutti (nessuno escluso) mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”. Certo, perché nella logica civile e religiosa, i peccatori vanno ammoniti, vanno rimproverati e soprattutto vanno evitati: è impensabile che una persona pura entri in casa di una persona impura, perché viene contagiato da questa sua impurità. Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri”. Zaccheo, sentendosi avvolto dal perdono di Dio, ecco che si pente e sceglie di cambiare vita. L’anno giubilare che stiamo vivendo è proprio il tempo propizio per riscoprire gli effetti del perdono di Dio che ci avvolge, e quindi della bellezza del sacramento del perdono, purtroppo sempre più disatteso da tanti fedeli, e vissuto ancora da molti in modo equivoco, come il momento dell’inquisizione nel quale rendere conto delle proprie vere o presunte malefatte, anziché come il momento nel quale confessare, prima di tutto, l’amore del Signore, e accoglierlo. A furia di accoglierlo, pian piano e prima o poi, comincerà ad accadere che le ombre di male che ci appartengono, cominceranno a diradarsi. Per molti, il problema è “non so cosa dire”. C’è sempre una cosa da dire: grazie, Signore, per il tuo amore. Al Signore, poi, non interessa la lista della spesa: quella, semmai, serve a noi per capire quali sono le ombre che ci impediscono di vivere in pienezza la nostra vita e per sentirci ripetere: oggi, per te, è venuta la salvezza.