Molto belle, ma anche molto lunghe, sono le letture
di oggi. Meriterebbero di essere spiegate bene una
per una per
coglierne tutti i significati, ma fa caldo, la predica diventerebbe troppo lunga, e ci si stufa. Peccato che poi però a
pochi o a nessuno viene in mente di rileggersele e
di approfondirle per conto proprio, così come sono
pochi gli adulti
fedeli cristiani che durante l’anno partecipano ai
momenti di catechesi, di lectio divina o ai gruppi
di ascolto della
Parola che vengono proposti; se va bene si ascolta
la Parola la domenica alla messa e se va male ci si
distrae; la
predica non deve essere lunga, ma in questo modo si
può spiegare poco o nulla, e allora che succede? Che la Bibbia
rimane per buona parte del popolo cattolico questa
grande sconosciuta, ed essendo la Bibbia Parola di
Dio, ignorare
la Scrittura vuol dire non conoscere Cristo, e non
conoscere Cristo vuol dire non capire chi è Dio, proprio quel Dio nel
quale diciamo di credere senza conoscerlo, e così o
gnuno si immagina Dio a modo suo, e va a finire che
poi molti lo
rifiutano, magari non tanto a parole, ma nei fatti.
Sei tu Signore il mio unico bene, abbiamo ripetuto
nel ritornello del
salmo. Ma siamo sinceri, lo dico anche per me, davvero il Signore è il nostro unico bene? io credo pro
prio di no. Ecco,
voi sapete, o dovreste sapere, che le letture delle
domeniche dopo Pentecoste del nostro rito ambrosiano, sono
state scelte col criterio di essere legate da un tema comune, e quello di oggi è proprio il tema del rifiuto di Dio da
parte del suo popolo Israele, ma è una cosa che riguarda tutti, anche noi. Dio da sempre ama il suo popolo e si
prende cura di lui come l’uomo della parabola del vangelo che abbiamo ascoltato e che aveva piantato la vigna e si
aspettava che producesse l’uva, come Dio che si aspetta che noi rispondiamo al suo amore con i frutti
dell’amore. E
invece accade il contrario, infatti i suoi servi vengono uccisi dai contadini, e Gesù si riferisce a quello che era
accaduto nella storia ai profeti mandati da Dio. I
profeti non sono quelli che predicono il futuro, ma
quelli che
cercavano di richiamare i re e il popolo di Israele
che rifiutavano il Signore a tornare a lui. Di domenica in domenica
le prime letture ci fanno accostare un personaggio
diverso dell’Antico Testamento, seguendo un ordine
cronologico.
Domenica scorsa il re Salomone, oggi la figura grandiosa del profeta Elia che come gli altri profeti prima e dopo di lui,
lo vedremo domenica prossima con Geremia, veniva rifiutato dal popolo e dal re che invece di vivere se
condo la
legge del Signore, cercavano la loro sicurezza negli idoli, cioè negli dei degli altri popoli, che la
Bibbia chiama Baal. E
del rifiuto di una parte di Israele parla anche san
Paolo nella lettera ai Romani che abbiamo letto. Ma Dio, di fronte al
rifiuto cosa fa? Il contrario di quello che faremmo
noi. Più noi ci ostiniamo a rifiutarlo, più Lui si
ostina ad amarci, e
dopo quei servi, racconta Gesù nella parabola, manda addirittura suo Figlio, che viene ucciso a sua volta. Più lo
rifiutiamo, più Dio ci ama, e infatti sulla croce Gesù ferma il male che noi facciamo perdonandoci tutti. Ecco chi è il
vero Dio. Ecco perché solo guardando Gesù e conoscendo la sua Parola noi possiamo capire chi è veramente Dio e
scoprire che è davvero diverso da come lo vorremmo
noi. Ma forse è proprio perché è così diverso che noi lo
rifiutiamo, perché noi vorremmo un Dio diverso. Infatti ci arrabbiamo all’idea che Dio possa perdonare
anche i
malvagi, perché non faremmo così e vorremmo che Dio
come fosse noi, mentre siamo noi che dovremmo diventare
come lui: Gesù ha vissuto come Figlio obbediente per farci capire che Dio è un Padre che ci ama, e quindi che la sua
volontà non è che oggi faccia caldo o faccia freddo, che tu stia bene e io stia male, che uno muoia e
uno viva, ma che
noi ci amiamo come fratelli, sapendo che niente ci
separa dal suo amore e che se viviamo così abbiamo
la vita
eterna, la vita di Dio, perché Dio è amore, e siamo
destinati come Gesù a risorgere. Ma a noi no, a noi un Dio che ci
ama così, lasciando il mondo libero di fare il suo
corso, lasciandoci liberi di fare il bene e il male, che ci ama
perdonandoci per riempirci d’amore e renderci capaci di amare anche chi ci odia, che non impedisce che
vi sia la
sofferenza e la morte, perché lui stesso soffre e muore, un Dio così non ci piace e lo rifiutiamo, facendo esattamente
come i profeti di Baal della prima lettura. È tragicomica la scena, per questo dicevo che sarebbe bello spiegare bene
queste letture, se avessimo tempo. Questi profeti si agitano, danzano, saltano, si fanno incisioni sul
corpo fino a
bagnarsi tutti di sangue sperando così che il loro
dio mandi il fuoco dal cielo, ed Elia li prende in
giro dicendo loro che
devono metterci più impegno perché forse il loro Dio è occupato, in viaggio o sta dormendo e non li sente. Cosa vuol
dire? Che noi vorremmo che Dio fosse come un giocattolo nelle nostre mani, che noi gli accendiamo un cero,
facciamo qualche sacrificio e così lui con la bacchetta magica fa quello che gli chiediamo, poi non lo
fa, e andiamo in
crisi di fede. Ecco, Dio non è questo, dice Gesù. Che infatti ci ha insegnato a pregare col Padre nostro che se noi
imparassimo a dirlo non come delle macchinette, ma
pensando a quello che diciamo, ci renderemmo conto
che
contiene delle richieste molto diverse che si riassumono in una sola: fa o Padre che impariamo a fare
la tua volontà,
che è quella di vivere come tuoi figli, sentendoci
amati da te, e amando i fratelli, perdonandoli come
tu perdoni noi,
e così facendo gli altri santificano il tuo nome pe
rché capiscono che tu sei Padre e così viene il tuo
regno. Allora dacci
quel pane quotidiano che è lo Spirito santo del tuo
amore, lo Spirito di Gesù per vivere come lui e affrontare la vita,
con le sue gioie e i suoi dolori, e anche la morte,
come Gesù. Perché, dice Gesù al termine della parabola, con parole
dure che vanno comprese bene, altrimenti entriamo nel regno della morte, che è come venire sfracellati
e stritolati
da una pietra, la stessa pietra che si è rifiutata,
che è Cristo stesso. Ma noi queste cose non gliele
chiediamo perché
non ci sembrano convenienti, e così andiamo avanti
a chiedere a Dio altre cose e se non ce le da lo rifiutiamo, ma è
come se ci arrabbiassimo col macellaio perché invece di darci la frutta ci da la bistecca, e tutto perché, ripeto, o non
conosciamo chi è davvero il Signore oppure, quando
lo scopriamo, lo vorremmo diverso. Eppure siamo qui
a
celebrare l’eucaristia per chiedere solo una grazia, quella di diventare come Gesù, non che Gesù cambi
le cose brutte
che non vanno, ma perché cambi il nostro cuore, il
nostro modo di affrontare la vita. Se gli chiediamo
questo convinti
che questa sia la cosa fondamentale da chiedere, il
Signore ce la concede, lo ha detto lui, perché è questo che ci ha
insegnato a chiedere, altrimenti possiamo venire a
messa anche tutti i giorni per tutta la vita senza
portare nessun
frutto sperato.