domenica 9 agosto 2015

XI DOMENICA DOPO PENTECOSTE ANNO B

Molto belle, ma anche molto lunghe, sono le letture di oggi. Meriterebbero di essere spiegate bene una per una per coglierne tutti i significati, ma fa caldo, la predica diventerebbe troppo lunga, e ci si stufa. Peccato che poi però a pochi o a nessuno viene in mente di rileggersele e di approfondirle per conto proprio, così come sono pochi gli adulti fedeli cristiani che durante l’anno partecipano ai
momenti di catechesi, di lectio divina o ai gruppi di ascolto della Parola che vengono proposti; se va bene si ascolta la Parola la domenica alla messa e se va male ci si distrae; la predica non deve essere lunga, ma in questo modo si può spiegare poco o nulla, e allora che succede? Che la Bibbia rimane per buona parte del popolo cattolico questa grande sconosciuta, ed essendo la Bibbia Parola di Dio, ignorare la Scrittura vuol dire non conoscere Cristo, e non conoscere Cristo vuol dire non capire chi è Dio, proprio quel Dio nel quale diciamo di credere senza conoscerlo, e così o gnuno si immagina Dio a modo suo, e va a finire che poi molti lo rifiutano, magari non tanto a parole, ma nei fatti. Sei tu Signore il mio unico bene, abbiamo ripetuto nel ritornello del salmo. Ma siamo sinceri, lo dico anche per me, davvero il Signore è il nostro unico bene? io credo pro prio di no. Ecco, voi sapete, o dovreste sapere, che le letture delle domeniche dopo Pentecoste del nostro rito ambrosiano, sono state scelte col criterio di essere legate da un tema comune, e quello di oggi è proprio il tema del rifiuto di Dio da parte del suo popolo Israele, ma è una cosa che riguarda tutti, anche noi. Dio da sempre ama il suo popolo e si prende cura di lui come l’uomo della parabola del vangelo che abbiamo ascoltato e che aveva piantato la vigna e si aspettava che producesse l’uva, come Dio che si aspetta che noi rispondiamo al suo amore con i frutti dell’amore. E invece accade il contrario, infatti i suoi servi vengono uccisi dai contadini, e Gesù si riferisce a quello che era accaduto nella storia ai profeti mandati da Dio. I profeti non sono quelli che predicono il futuro, ma quelli che cercavano di richiamare i re e il popolo di Israele che rifiutavano il Signore a tornare a lui. Di domenica in domenica le prime letture ci fanno accostare un personaggio diverso dell’Antico Testamento, seguendo un ordine cronologico. Domenica scorsa il re Salomone, oggi la figura grandiosa del profeta Elia che come gli altri profeti prima e dopo di lui, lo vedremo domenica prossima con Geremia, veniva rifiutato dal popolo e dal re che invece di vivere se condo la legge del Signore, cercavano la loro sicurezza negli idoli, cioè negli dei degli altri popoli, che la Bibbia chiama Baal. E del rifiuto di una parte di Israele parla anche san Paolo nella lettera ai Romani che abbiamo letto. Ma Dio, di fronte al rifiuto cosa fa? Il contrario di quello che faremmo noi. Più noi ci ostiniamo a rifiutarlo, più Lui si ostina ad amarci, e dopo quei servi, racconta Gesù nella parabola, manda addirittura suo Figlio, che viene ucciso a sua volta. Più lo rifiutiamo, più Dio ci ama, e infatti sulla croce Gesù ferma il male che noi facciamo perdonandoci tutti. Ecco chi è il vero Dio. Ecco perché solo guardando Gesù e conoscendo la sua Parola noi possiamo capire chi è veramente Dio e scoprire che è davvero diverso da come lo vorremmo noi. Ma forse è proprio perché è così diverso che noi lo rifiutiamo, perché noi vorremmo un Dio diverso. Infatti ci arrabbiamo all’idea che Dio possa perdonare anche i malvagi, perché non faremmo così e vorremmo che Dio come fosse noi, mentre siamo noi che dovremmo diventare come lui: Gesù ha vissuto come Figlio obbediente per farci capire che Dio è un Padre che ci ama, e quindi che la sua volontà non è che oggi faccia caldo o faccia freddo, che tu stia bene e io stia male, che uno muoia e uno viva, ma che noi ci amiamo come fratelli, sapendo che niente ci separa dal suo amore e che se viviamo così abbiamo la vita eterna, la vita di Dio, perché Dio è amore, e siamo destinati come Gesù a risorgere. Ma a noi no, a noi un Dio che ci ama così, lasciando il mondo libero di fare il suo corso, lasciandoci liberi di fare il bene e il male, che ci ama perdonandoci per riempirci d’amore e renderci capaci di amare anche chi ci odia, che non impedisce che vi sia la sofferenza e la morte, perché lui stesso soffre e muore, un Dio così non ci piace e lo rifiutiamo, facendo esattamente come i profeti di Baal della prima lettura. È tragicomica la scena, per questo dicevo che sarebbe bello spiegare bene queste letture, se avessimo tempo. Questi profeti si agitano, danzano, saltano, si fanno incisioni sul corpo fino a bagnarsi tutti di sangue sperando così che il loro dio mandi il fuoco dal cielo, ed Elia li prende in giro dicendo loro che devono metterci più impegno perché forse il loro Dio è occupato, in viaggio o sta dormendo e non li sente. Cosa vuol dire? Che noi vorremmo che Dio fosse come un giocattolo nelle nostre mani, che noi gli accendiamo un cero, facciamo qualche sacrificio e così lui con la bacchetta magica fa quello che gli chiediamo, poi non lo fa, e andiamo in crisi di fede. Ecco, Dio non è questo, dice Gesù. Che infatti ci ha insegnato a pregare col Padre nostro che se noi imparassimo a dirlo non come delle macchinette, ma pensando a quello che diciamo, ci renderemmo conto che contiene delle richieste molto diverse che si riassumono in una sola: fa o Padre che impariamo a fare la tua volontà, che è quella di vivere come tuoi figli, sentendoci amati da te, e amando i fratelli, perdonandoli come tu perdoni noi, e così facendo gli altri santificano il tuo nome pe rché capiscono che tu sei Padre e così viene il tuo regno. Allora dacci quel pane quotidiano che è lo Spirito santo del tuo amore, lo Spirito di Gesù per vivere come lui e affrontare la vita, con le sue gioie e i suoi dolori, e anche la morte, come Gesù. Perché, dice Gesù al termine della parabola, con parole dure che vanno comprese bene, altrimenti entriamo nel regno della morte, che è come venire sfracellati e stritolati da una pietra, la stessa pietra che si è rifiutata, che è Cristo stesso. Ma noi queste cose non gliele chiediamo perché non ci sembrano convenienti, e così andiamo avanti a chiedere a Dio altre cose e se non ce le da lo rifiutiamo, ma è come se ci arrabbiassimo col macellaio perché invece di darci la frutta ci da la bistecca, e tutto perché, ripeto, o non conosciamo chi è davvero il Signore oppure, quando lo scopriamo, lo vorremmo diverso. Eppure siamo qui a celebrare l’eucaristia per chiedere solo una grazia, quella di diventare come Gesù, non che Gesù cambi le cose brutte che non vanno, ma perché cambi il nostro cuore, il nostro modo di affrontare la vita. Se gli chiediamo questo convinti che questa sia la cosa fondamentale da chiedere, il Signore ce la concede, lo ha detto lui, perché è questo che ci ha insegnato a chiedere, altrimenti possiamo venire a messa anche tutti i giorni per tutta la vita senza portare nessun frutto sperato.