“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare
un altro?”. Questa domanda di Giovanni Battista rif
erita a Gesù
intercetta bene le domande di tanti cristiani, uomi
ni e donne, fra i quali sicuramente ci siamo anche
noi, e noi preti
ne raccogliamo tante di queste domande, nei colloqu
i, nelle confessioni e andando a visitare le famigl
ie per le
benedizioni. A quali domande mi riferisco? A
quelle
che ci si fa nei momenti difficili della vita, com
e difficile era la
situazione nella quale si trovava Giovanni. Proviam
o a metterci nei suoi panni. Fino a quel momento no
n aveva fatto
altro che dire che Gesù era il Messia che tutti att
endevano, il salvatore, il liberatore, colui che Di
o avrebbe mandato
per fare giustizia, per punire i malvagi invasori r
omani, per eliminare i peccatori e premiare i giust
i. Ed era quello che
pensavano tutti, anche gli stessi profeti che lo av
evano preceduto. Non a caso la liturgia di oggi ci
ha fatto ascoltare
la pagina del profeta Isaia, scritta quando gli ebr
ei si trovavano a Babilonia, deportati dopo la scon
fitta e la
distruzione di Gerusalemme e speravano di tornare i
n patria. Sente parlare di Ciro, il re dei persiani
che, dopo aver
conquistato e sottomesso vari popoli, arriva a Babi
lonia, la conquista e con un editto libera gli ebre
i sottomessi e dice
che possono tornare a casa, e allora dice: ecco, Ci
ro è il Messia, il liberatore mandato da Dio per sa
lvarci, e dunque
Dio è davvero forte, potente, fedele, nonostante le
nostre infedeltà: ci ha castigato mandandoci in es
ilio, ma ora ci
riporta in patria, per cui Dio è il creatore della
luce e delle tenebre, tutto è in mano a Lui, è Lui
che guida la storia,
che fa il bene e che provoca anche le sciagure, ma
tutto con un piano ben preciso. E dunque, vedete, a
nche il Battista
era in questa linea: adesso al posto di Ciro c’è Ge
sù che viene a liberarci, e allora la prima cosa da
fare è riconoscere i
nostri peccati, perché è per colpa dei nostri pecca
ti che i romani ci hanno invaso, dobbiamo tornare a
d essere fedeli
al Signore, ricevere un battesimo di conversione pe
r il perdono dei peccati, come leggevamo nel vangel
o di
domenica scorsa, perché l’amore di Dio bisogna meri
tarselo, e dal canto suo il povero Giovanni aveva f
atto tutto
quello che poteva fare per meritarsi questo amore,
facendo penitenza lui per primo. Risultato? Si ritr
ova in carcere e
sta per essere decapitato. E allora manda due suoi
discepoli da Gesù per chiedergli: ma sei tu il Mess
ia o mi sono
sbagliato? Ecco perché dicevo che questa domanda in
tercetta bene quella di tanti uomini e donne cristi
ani credenti
nei momenti difficili della vita. Ma come? Io ho ce
rcato di essere bravo, giusto, di fare il bene, e a
llora perché mi
capitano tutte queste cose negative? Problemi, manc
anza di lavoro, una malattia che porta alla morte.
Da cui la
classica domanda: perché proprio a me? cosa ho fatt
o di male per meritare tutto questo? E da qui la co
nclusione:
Dio, guarda giù (varda giò in dialett), vieni a sal
varmi, vieni presto in mio aiuto. Salvo poi arrivar
e a perdere la fede,
come la stava perdendo il Battista. Ora, io credo c
he il primo errore di questo modo di ragionare, sia
credere che i
guai capitano solo a me. Basta guardarsi in giro, v
edere i telegiornali, studiare la storia e leggere
la Bibbia per
accorgersi che se la stessa domanda se la sono fatt
a e se la fanno migliaia di innocenti, vuol dire ch
e non è vero che i
guai capitano solo a me. Il secondo errore è pensar
e di essere innocenti, nel senso che gli altri sono
cattivi e quindi
sarebbe giusto che i guai capitassero a loro, mentr
e a me no. Gli altri errori sono gli stessi che fac
evano i profeti e
anche il Battista. Pensare che Dio sia un giustizie
re, che la sua potenza sia quella di fare giustizia
come la faremmo
noi, eliminando ad esempio i terroristi e premiando
i buoni, come se Dio fosse un dittatore, giusto, m
a pur sempre
un dittatore, insomma, un Dio fascista o comunista,
che appunto fa il bene e provoca le sciagure, ma s
empre a fin di
bene, finchè le provoca per gli altri, ma non per m
e che sono giusto. Per cui l’amore di Dio in fondo
bisogna
conquistarlo: se faccio il bravo mi premia, se facc
io il cattivo mi castiga. E infatti non capisco se
faccio il bravo vengo
castigato. Ecco, tutto il Vangelo serve per rispond
ere a questa domanda del Battista che poi è la nost
ra, solo che il
vangelo, anche se lo ascoltiamo tutte le domeniche
a messa, rimane sempre per troppi un illustre scono
sciuto,
perché non basta per comprenderlo la predichetta be
lla o brutta, corta o lunga della domenica. Ad ogni
modo, Gesù
viene proprio a ribaltare questi nostri normali mod
i di pensare Dio. Finendo egli stesso ucciso sulla
croce, dimostra
che Dio non ci salva come pensiamo noi, perché al c
ontrario è colui che condivide le nostre stesse cro
ci. Che Dio è un
Padre, non un dittatore, che ama i suoi figli, e no
n li uccide, buoni o cattivi che siano. Che perdona
i cattivi sperando
così che diventino buoni. Sarà un illuso, ma è così
. Che l’amore non lo si merita, non lo merita nessu
no, è un dono da
accogliere e vivere, e basta. Come risponde Gesù a
Giovanni? Anzitutto coi fatti: curò molti da malatt
ie e flagelli e
spiriti cattivi e a molti ciechi fece grazia di ved
ere e poi disse: andate e riferite quello che avete
visto. E beato chi non
si scandalizza di me. Cosa significa? Anzitutto che
lui non fa un mondo migliore, ma in questo mondo,
così com’è, con
tutta la sua miseria e la sua cattiveria, si prende
cura di tutti, anche dei peccatori. Non toglie la
libertà all’uomo, non
rifà il mondo perché è uscito sbagliato, non lo dis
trugge, ma sta in questo mondo così com’è, con la s
ua miseria, con
le sue contraddizioni, facendo di ogni situazione n
egativa il luogo in cui vivere amore e misericordia
. Non vuole fare
un mondo di perfetti, questo lo lascia fare a quell
i dell’Isis e a chi come loro ammazza tutti per ave
re gente perfetta.
Beato chi non si scandalizza di me. È un Dio scanda
loso il nostro, ed è Dio proprio perché è diverso d
a come noi
vorremmo. Beato, fortunato, ben messo, chi accetta
questo Dio, il Dio di Gesù nel quale noi diciamo di
credere. Ma
ci crediamo veramente?