domenica 29 novembre 2015

III DOMENICA DI AVVENTO ANNO C

 “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. Questa domanda di Giovanni Battista rif erita a Gesù intercetta bene le domande di tanti cristiani, uomi ni e donne, fra i quali sicuramente ci siamo anche noi, e noi preti ne raccogliamo tante di queste domande, nei colloqu i, nelle confessioni e andando a visitare le famigl ie per le benedizioni. A quali domande mi riferisco? A
quelle che ci si fa nei momenti difficili della vita, com e difficile era la situazione nella quale si trovava Giovanni. Proviam o a metterci nei suoi panni. Fino a quel momento no n aveva fatto altro che dire che Gesù era il Messia che tutti att endevano, il salvatore, il liberatore, colui che Di o avrebbe mandato per fare giustizia, per punire i malvagi invasori r omani, per eliminare i peccatori e premiare i giust i. Ed era quello che pensavano tutti, anche gli stessi profeti che lo av evano preceduto. Non a caso la liturgia di oggi ci ha fatto ascoltare la pagina del profeta Isaia, scritta quando gli ebr ei si trovavano a Babilonia, deportati dopo la scon fitta e la distruzione di Gerusalemme e speravano di tornare i n patria. Sente parlare di Ciro, il re dei persiani che, dopo aver conquistato e sottomesso vari popoli, arriva a Babi lonia, la conquista e con un editto libera gli ebre i sottomessi e dice che possono tornare a casa, e allora dice: ecco, Ci ro è il Messia, il liberatore mandato da Dio per sa lvarci, e dunque Dio è davvero forte, potente, fedele, nonostante le nostre infedeltà: ci ha castigato mandandoci in es ilio, ma ora ci riporta in patria, per cui Dio è il creatore della luce e delle tenebre, tutto è in mano a Lui, è Lui che guida la storia, che fa il bene e che provoca anche le sciagure, ma tutto con un piano ben preciso. E dunque, vedete, a nche il Battista era in questa linea: adesso al posto di Ciro c’è Ge sù che viene a liberarci, e allora la prima cosa da fare è riconoscere i nostri peccati, perché è per colpa dei nostri pecca ti che i romani ci hanno invaso, dobbiamo tornare a d essere fedeli al Signore, ricevere un battesimo di conversione pe r il perdono dei peccati, come leggevamo nel vangel o di domenica scorsa, perché l’amore di Dio bisogna meri tarselo, e dal canto suo il povero Giovanni aveva f atto tutto quello che poteva fare per meritarsi questo amore, facendo penitenza lui per primo. Risultato? Si ritr ova in carcere e sta per essere decapitato. E allora manda due suoi discepoli da Gesù per chiedergli: ma sei tu il Mess ia o mi sono sbagliato? Ecco perché dicevo che questa domanda in tercetta bene quella di tanti uomini e donne cristi ani credenti nei momenti difficili della vita. Ma come? Io ho ce rcato di essere bravo, giusto, di fare il bene, e a llora perché mi capitano tutte queste cose negative? Problemi, manc anza di lavoro, una malattia che porta alla morte. Da cui la classica domanda: perché proprio a me? cosa ho fatt o di male per meritare tutto questo? E da qui la co nclusione: Dio, guarda giù (varda giò in dialett), vieni a sal varmi, vieni presto in mio aiuto. Salvo poi arrivar e a perdere la fede, come la stava perdendo il Battista. Ora, io credo c he il primo errore di questo modo di ragionare, sia credere che i guai capitano solo a me. Basta guardarsi in giro, v edere i telegiornali, studiare la storia e leggere la Bibbia per accorgersi che se la stessa domanda se la sono fatt a e se la fanno migliaia di innocenti, vuol dire ch e non è vero che i guai capitano solo a me. Il secondo errore è pensar e di essere innocenti, nel senso che gli altri sono cattivi e quindi sarebbe giusto che i guai capitassero a loro, mentr e a me no. Gli altri errori sono gli stessi che fac evano i profeti e anche il Battista. Pensare che Dio sia un giustizie re, che la sua potenza sia quella di fare giustizia come la faremmo noi, eliminando ad esempio i terroristi e premiando i buoni, come se Dio fosse un dittatore, giusto, m a pur sempre un dittatore, insomma, un Dio fascista o comunista, che appunto fa il bene e provoca le sciagure, ma s empre a fin di bene, finchè le provoca per gli altri, ma non per m e che sono giusto. Per cui l’amore di Dio in fondo bisogna conquistarlo: se faccio il bravo mi premia, se facc io il cattivo mi castiga. E infatti non capisco se faccio il bravo vengo castigato. Ecco, tutto il Vangelo serve per rispond ere a questa domanda del Battista che poi è la nost ra, solo che il vangelo, anche se lo ascoltiamo tutte le domeniche a messa, rimane sempre per troppi un illustre scono sciuto, perché non basta per comprenderlo la predichetta be lla o brutta, corta o lunga della domenica. Ad ogni modo, Gesù viene proprio a ribaltare questi nostri normali mod i di pensare Dio. Finendo egli stesso ucciso sulla croce, dimostra che Dio non ci salva come pensiamo noi, perché al c ontrario è colui che condivide le nostre stesse cro ci. Che Dio è un Padre, non un dittatore, che ama i suoi figli, e no n li uccide, buoni o cattivi che siano. Che perdona i cattivi sperando così che diventino buoni. Sarà un illuso, ma è così . Che l’amore non lo si merita, non lo merita nessu no, è un dono da accogliere e vivere, e basta. Come risponde Gesù a Giovanni? Anzitutto coi fatti: curò molti da malatt ie e flagelli e spiriti cattivi e a molti ciechi fece grazia di ved ere e poi disse: andate e riferite quello che avete visto. E beato chi non si scandalizza di me. Cosa significa? Anzitutto che lui non fa un mondo migliore, ma in questo mondo, così com’è, con tutta la sua miseria e la sua cattiveria, si prende cura di tutti, anche dei peccatori. Non toglie la libertà all’uomo, non rifà il mondo perché è uscito sbagliato, non lo dis trugge, ma sta in questo mondo così com’è, con la s ua miseria, con le sue contraddizioni, facendo di ogni situazione n egativa il luogo in cui vivere amore e misericordia . Non vuole fare un mondo di perfetti, questo lo lascia fare a quell i dell’Isis e a chi come loro ammazza tutti per ave re gente perfetta. Beato chi non si scandalizza di me. È un Dio scanda loso il nostro, ed è Dio proprio perché è diverso d a come noi vorremmo. Beato, fortunato, ben messo, chi accetta questo Dio, il Dio di Gesù nel quale noi diciamo di credere. Ma ci crediamo veramente?