domenica 14 agosto 2016

XIII DOMENICA DOPO PENTECOSTE ANNO C

Tutte le letture di questa domenica parlano di Geru salemme, e non è la prima volta in queste ultime settimane. Sapete che le prime letture di questo te mpo dopo Pentecoste ci fanno ripercorrere le tappe principali della storia di Israele come vengono rac contate dai libri dell’AT, e il vangelo e la letter a di Paolo sono scelti in riferimento ad esse. Domenica scorsa , se ricordate, si parlava di quando i
Babilonesi distrussero Gerusalemme e gli ebrei furono deportat i in esilio a Babilonia. Nella lettura di oggi siam o al tempo della ricostruzione, dopo il ritorno dall’esi lio. In questo tempo poterono contare sulla guida d i Esdra e Neemia. Esdra era un maestro della legge e si occ upò di aiutare il popolo a recuperare la sua fede i n Dio, e la sua vita è raccontata nel libro di Esdra. Neemia , invece, il protagonista della lettura di questa d omenica, era un ebreo deportato a Babilonia che in gioventù fu nominato coppiere del re Artaserse, successore d i Ciro. Alla notizia delle disperate condizioni di Ge rusalemme, come abbiamo letto nel brano di oggi che è proprio l’inizio del libro di Neemia, si rattristò grandemente, e il re gli diede il permesso di recar si a Gerusalemme come governatore per ricostruire la cit tà, le sue mura, la vita civile ed economica. E cos ì iniziò la costruzione di un nuovo fantastico tempio i cui lavori terminarono poco prima della nascita di Gesù. Ed è proprio all’interno di questo nuovo tempio che si svolge la scena evangelica di oggi, come quella di domenica scorsa. Poi sappiamo che nel 70 dopo Crist o i romani distrussero nuovamente la città e il suo nuovo tempio e iniziò la diaspora ebraica durata fi no alla seconda guerra mondiale. A tutt’oggi gli eb rei pregano al muro del pianto, quel che è rimasto a Ge rusalemme del tempio distrutto dai romani. E ancora oggi Gerusalemme è forse la città di cui parlano di più i giornali e i telegiornali, purtroppo non per raccontare belle cose, ma scenari di guerra. E pens are che il significato del nome Gerusalemme è città della pace. E’ per questo che diventa un simbolo per tutt i. Sentite cosa scriveva il cardinal Martini in una delle ultime interviste quando ancora abitava a Gerusalem me. “A Gerusalemme Dio tocca il mondo. Ancor oggi, ebrei, cristiani e musulmani lottano per questo luo go al quale Dio è così vicino. Ma la vicinanza di D io chiama in causa il diavolo, l’avversario, colui che porta scompiglio, e per questo Gerusalemme è la ci ttà del conflitto. Qui si concentra la discordia del mondo intero, ma anche la speranza. Il messaggio di Gerusalemme descrive la nostra realtà. È successo d i tutto a Gerusalemme, nel bene e nel male, eppure lì Gesù ha dato la sua vita per noi vincendo il peccat o e la morte. E allora il messaggio di questa città è che la luce è comunque più forte dell’oscurità. E così la Gerusalemme celeste rappresenta il nostro futuro e immerge nella luce della speranza tutte le difficol tà che incontriamo nel cammino della vita e della f ede. Per questo Gerusalemme è la mia patria, prima della patria eterna”. Ecco, io credo che siano parole illuminanti che ci toccano da vicino: le vicende di Gerusalemme raccontano le vicende dell’umanità e d ella vita di ciascuno di noi. A Gerusalemme è sempre tut to un ricominciare. Chi ha vissuto dal vivo la guer ra sa cosa vuol dire ricominciare tutto daccapo. Anche co loro che sono lontani dalla loro patria e vi ritorn ano, o un prigioniero che viene rimesso in libertà. O chi si vede distrutto il proprio paese e la propria ter ra da sciagure naturali o dalla cattiveria di altri uomin i, o dalla guerra, ed emigrano per iniziare una nuo va vita. Penso anche a coloro che vivono esperienze di malat tia, di morte, di abbandono, alle tante famiglie in crisi perché uno dei coniugi se ne è andato, e chi più ne ha più ne metta. Tutti ci siamo ritrovati o ci rit roviamo spesso col sedere per terra e dobbiamo ricominciare . Però, come scriveva il cardinal Martini, sappiamo , ed ecco la bella notizia di oggi, che a Gerusalemme il cielo ha toccato la terra, Dio ha dato la sua vita per l’uomo. E questo ci riguarda eccome perché diventa la forza che ci permette di non perdere mai la speranza. La ricostruzione deve avvenire anzitutto dentro di noi, è ciascuno di noi ad avere bisogno continuamente di essere ricostruito da Dio, perché le devastazioni accadono quando ci allontaniamo dal Signore e dalla sua Parola, e questa ricostruzione interiore deve avere almeno due caratteristiche, qu elle descritte oggi dal vangelo e da san Paolo nell’epis tola. Gesù che caccia i venditori dal tempio compie in realtà un gesto di purificazione contro le ingiusti zie, le ambizioni, le ipocrisie che si svolgevano n el tempio. In compenso si mise a guarire ciechi e storpi. E sa n Paolo che lontano da Gerusalemme si preoccupa dei poveri di quella città e invita i romani a compiere una colletta per loro. Cosa ci dice tutto questo? Che per ricostruire occorre purificare il mio tempio, il mi o cuore, da tutto ciò che è in contrasto con lo Spi rito di Dio che è in me e che genera il male causa di distruzio ne. E che per ricostruire occorre al contrario un atteggiamento interiore di capacità di accoglienza, di solidarietà, di perdono, insomma di carità che è frutto appunto dell’azione dello Spirito. Preghiamo perché sia così in particolare per ciascuno di noi, di no i cristiani, perché se non siamo noi ad essere portat ori di questa speranza, chi deve esserlo, a che ser ve la nostra fede? Ma perché così sia occorre che imparia mo a prendere coscienza di tutto questo, che davver o in Gesù il cielo ha toccato la terra perché la terr a possa diventare divina.