Le prime letture delle domeniche dopo Pentecoste ci
hanno fatto ripercorrere le varie tappe della stor
ia di Israele.
Domenica scorsa leggevamo dal libro di Neemia il mo
mento in cui gli ebrei, tornati dall’esilio a Babil
onia, iniziarono
la ricostruzione della città di Gerusalemme, e oggi
, che è l’ultima domenica di questo tempo liturgico
, il brano del
libro di Esdra che abbiamo letto racconta il moment
o in cui i vecchi piangevano pensando all'antico te
mpio distrutto
e i giovani erano contenti vedendo sorgere il nuovo
, e tutti i modi coi quali si cercavano di raccogli
ere soldi e
materiali per costruire le fondamenta del tempio. M
a il cuore del racconto è che prima ancora del temp
io, il popolo
era tutto unito nel costruire l'altare sul quale ve
nivano offerti gli olocausti, cioè i sacrifici degl
i animali che come
sapete venivano sgozzati e offerti a Dio. Usanze pr
esenti anche in altri popoli di altre religioni. Qu
al è l'idea di fondo?
Che per essere graditi a Dio e ottenere delle grazi
e, bisogna sacrificargli qualcosa, o gli animali o,
se non bastassero,
anche la vita degli uomini. Quindi che Dio è tremen
do e fondamentalmente arrabbiato con noi umani, ci
ama se
siamo bravi e vuole punirci se siamo cattivi, e sic
come siamo tutti cattivi, l’unico modo per placare
la sua ira è fare
dei sacrifici così Dio si calma e non ci fulmina. Q
uesta idea di Dio è spaventosa perché ci getta tutt
i nell’angoscia e
nella depressione e conduce molti, i più fortunati,
a diventare atei, così per lo meno si tolgono un p
eso, e hanno
ragione. È spaventosa perchè è diabolica, cioè menz
ognera: Dio non è così, ma non perché siamo nell'an
no del
giubileo della Misericordia, ma proprio perché Gesù
è venuto a farci vedere che è vero il contrario. P
er questo è il
salvatore, perché ci libera da questa idea tremenda
che abbiamo di Dio e ci salva da tutte le nostre p
aure che ci
mettono in angoscia. Sulla croce infatti ci ha most
rato che Dio ci ama non perché siamo buoni, ma catt
ivi; non
perché siamo degni, ma perché siamo indegni. È prop
rio perché ha qualcuno da perdonare che Dio può mos
trarci il
suo amore, e infatti sulla croce Gesù ha perdonato
tutti. Quindi, con Gesù, si ribaltano le cose: è Di
o che si sacrifica
per noi, infatti l’Eucaristia è la celebrazione del
sacrificio di Gesù. Ma è anche sacrificio della Ch
iesa, cioè sacrificio
nostro, ma per sacrificio si intende che noi voglia
mo restituire al Signore l’amore che lui ha per noi
. E come glielo
restituiamo? Lasciandoci inondare dal suo amore per
imparare a nostra volta ad amare gli altri come lu
i ama noi. Per
molti, venire a messa è un sacrificio nel senso che
è una rottura di scatole per mille motivi. Invece
la messa è il
sacrificio nel senso che noi proclamiamo la nostra
disponibilità a imparare a vivere come Gesù. E il v
angelo di oggi ci
fornisce tre esempi molto pratici di cosa vuol dire
amare come Gesù, quali sono i sacrifici graditi a
Dio, e sono esempi
così pratici che non li pratica nessuno, o li prati
cano in pochi. Non li spiego nei dettagli, se no st
iamo qui fino a
domani, però andiamo a vederli da vicino. Primo, am
are con le parole facendo si che il parlare della b
occa sia
trasparenza di quanto c’è nel cuore: le nostre paro
le non devono chiamare Dio come testimone giurando
su di lui,
ma devono testimoniare Dio, quindi essere vere (il
vostro parlare sia sì sì, no no). Secondo, non conf
ondere la
giustizia con la vendetta. La legge del taglione er
a molto giusta, occhio per occhio e dente per dente
. Non era
arretrata, anzi, se venisse applicata sarebbe un su
ccesso, perché un ladro di polli non verrebbe tratt
ato come uno
che ha rubato miliardi. Ma non basta per fermare il
male. Il male lo si ferma facendo il bene, e Gesù
fornisce cinque
regole. Prima regola, non opporsi al malvagio, ma a
l male: bisogna odiare il male, ma cercare di far c
apire al
peccatore che mi odia, che io lo amo lo stesso e no
n gli restituisco il male che mi fa, perché Gesù fa
la stessa cosa
con me. Seconda regola: devo essere disposto, come
Gesù, a portarne io il doppio (questo vuol dire por
gere l'altra
guancia). Perché per Gesù il male non è essere ucci
si (se si muore si va in Paradiso): il male è uccid
ere. Terza regola
per vincere il male: piuttosto che rivendicare senz
a amore un mio diritto (la tunica), rinuncio anche
al mantello,
perché prima dei miei diritti c'è il mio dovere di
amare i fratelli. Quarta regola: se uno mi costring
e a fare un miglio,
io ne faccio due, cioè i bisogni dell’altro diventa
no miei doveri. Quinta regola: disposti a dare e no
n a prendere. Poi
Gesù dà la stoccata finale. Ci fa capire che l’amor
e vero è un comandamento, non è così spontaneo come
crediamo,
spontaneo è l’egoismo, l’amore vero è amare l’altro
così com’è, come ci ama Dio. Anche il nemico. Dio
non ha
nemici, ma solo figli che diventano per me fratelli
da amare. L’amore del nemico è l’essenza del crist
ianesimo. Se io
voglio diventare come Dio devo amare come lui, cons
iderando fratelli anche i nemici. Solo così si dive
nta figli del
Padre, solo così si realizza il senso del nostro es
sere battezzati e della nostra vita. Ci pensano i g
enitori che chiedono
il battesimo per i loro figli che stanno chiedendo
che i loro figli diventino persone così? E se desid
erate questo per i
figli vuol dire che anche voi volete vivere così. O
ppure pensiamo che vivere così sia da scemi? Cosa d
ice San Paolo nel
brano agli Efesini di oggi? "Siate uomini nuovi in
Cristo, non comportatevi come i pagani". Essere uom
ini nuovi vuol
dire credere che ha ragione Gesù, non noi, e che qu
indi o capiamo che sacrificio gradito a Dio è l’amo
re del
prossimo, sacrificio che Dio rende possibile perché
è lui a sacrificarsi per noi, o altrimenti buttiam
o via la vita. Voglio
diventare come Dio, essere perfetto come Lui? Devo
amare come Dio andando io sulla croce per gli altri
piuttosto
che mettere gli altri in croce. Questo vuol dire es
sere uomini nuovi. E uomini nuovi lo siamo diventat
i dal giorno del
Battesimo, che è come il seme gettato nel terreno e
nel quale c'è già tutta la pianta che diventerà. L
a vita ci serve per
far germogliare questo seme, altrimenti a che serve
averlo seminato?