domenica 21 agosto 2016

XIV DOMENICA DOPO PENTECOSTE ANNO C

Le prime letture delle domeniche dopo Pentecoste ci hanno fatto ripercorrere le varie tappe della stor ia di Israele. Domenica scorsa leggevamo dal libro di Neemia il mo mento in cui gli ebrei, tornati dall’esilio a Babil onia, iniziarono la ricostruzione della città di Gerusalemme, e oggi , che è l’ultima domenica di questo tempo liturgico , il brano del libro di Esdra che abbiamo letto racconta il moment
o in cui i vecchi piangevano pensando all'antico te mpio distrutto e i giovani erano contenti vedendo sorgere il nuovo , e tutti i modi coi quali si cercavano di raccogli ere soldi e materiali per costruire le fondamenta del tempio. M a il cuore del racconto è che prima ancora del temp io, il popolo era tutto unito nel costruire l'altare sul quale ve nivano offerti gli olocausti, cioè i sacrifici degl i animali che come sapete venivano sgozzati e offerti a Dio. Usanze pr esenti anche in altri popoli di altre religioni. Qu al è l'idea di fondo? Che per essere graditi a Dio e ottenere delle grazi e, bisogna sacrificargli qualcosa, o gli animali o, se non bastassero, anche la vita degli uomini. Quindi che Dio è tremen do e fondamentalmente arrabbiato con noi umani, ci ama se siamo bravi e vuole punirci se siamo cattivi, e sic come siamo tutti cattivi, l’unico modo per placare la sua ira è fare dei sacrifici così Dio si calma e non ci fulmina. Q uesta idea di Dio è spaventosa perché ci getta tutt i nell’angoscia e nella depressione e conduce molti, i più fortunati, a diventare atei, così per lo meno si tolgono un p eso, e hanno ragione. È spaventosa perchè è diabolica, cioè menz ognera: Dio non è così, ma non perché siamo nell'an no del giubileo della Misericordia, ma proprio perché Gesù è venuto a farci vedere che è vero il contrario. P er questo è il salvatore, perché ci libera da questa idea tremenda che abbiamo di Dio e ci salva da tutte le nostre p aure che ci mettono in angoscia. Sulla croce infatti ci ha most rato che Dio ci ama non perché siamo buoni, ma catt ivi; non perché siamo degni, ma perché siamo indegni. È prop rio perché ha qualcuno da perdonare che Dio può mos trarci il suo amore, e infatti sulla croce Gesù ha perdonato tutti. Quindi, con Gesù, si ribaltano le cose: è Di o che si sacrifica per noi, infatti l’Eucaristia è la celebrazione del sacrificio di Gesù. Ma è anche sacrificio della Ch iesa, cioè sacrificio nostro, ma per sacrificio si intende che noi voglia mo restituire al Signore l’amore che lui ha per noi . E come glielo restituiamo? Lasciandoci inondare dal suo amore per imparare a nostra volta ad amare gli altri come lu i ama noi. Per molti, venire a messa è un sacrificio nel senso che è una rottura di scatole per mille motivi. Invece la messa è il sacrificio nel senso che noi proclamiamo la nostra disponibilità a imparare a vivere come Gesù. E il v angelo di oggi ci fornisce tre esempi molto pratici di cosa vuol dire amare come Gesù, quali sono i sacrifici graditi a Dio, e sono esempi così pratici che non li pratica nessuno, o li prati cano in pochi. Non li spiego nei dettagli, se no st iamo qui fino a domani, però andiamo a vederli da vicino. Primo, am are con le parole facendo si che il parlare della b occa sia trasparenza di quanto c’è nel cuore: le nostre paro le non devono chiamare Dio come testimone giurando su di lui, ma devono testimoniare Dio, quindi essere vere (il vostro parlare sia sì sì, no no). Secondo, non conf ondere la giustizia con la vendetta. La legge del taglione er a molto giusta, occhio per occhio e dente per dente . Non era arretrata, anzi, se venisse applicata sarebbe un su ccesso, perché un ladro di polli non verrebbe tratt ato come uno che ha rubato miliardi. Ma non basta per fermare il male. Il male lo si ferma facendo il bene, e Gesù fornisce cinque regole. Prima regola, non opporsi al malvagio, ma a l male: bisogna odiare il male, ma cercare di far c apire al peccatore che mi odia, che io lo amo lo stesso e no n gli restituisco il male che mi fa, perché Gesù fa la stessa cosa con me. Seconda regola: devo essere disposto, come Gesù, a portarne io il doppio (questo vuol dire por gere l'altra guancia). Perché per Gesù il male non è essere ucci si (se si muore si va in Paradiso): il male è uccid ere. Terza regola per vincere il male: piuttosto che rivendicare senz a amore un mio diritto (la tunica), rinuncio anche al mantello, perché prima dei miei diritti c'è il mio dovere di amare i fratelli. Quarta regola: se uno mi costring e a fare un miglio, io ne faccio due, cioè i bisogni dell’altro diventa no miei doveri. Quinta regola: disposti a dare e no n a prendere. Poi Gesù dà la stoccata finale. Ci fa capire che l’amor e vero è un comandamento, non è così spontaneo come crediamo, spontaneo è l’egoismo, l’amore vero è amare l’altro così com’è, come ci ama Dio. Anche il nemico. Dio non ha nemici, ma solo figli che diventano per me fratelli da amare. L’amore del nemico è l’essenza del crist ianesimo. Se io voglio diventare come Dio devo amare come lui, cons iderando fratelli anche i nemici. Solo così si dive nta figli del Padre, solo così si realizza il senso del nostro es sere battezzati e della nostra vita. Ci pensano i g enitori che chiedono il battesimo per i loro figli che stanno chiedendo che i loro figli diventino persone così? E se desid erate questo per i figli vuol dire che anche voi volete vivere così. O ppure pensiamo che vivere così sia da scemi? Cosa d ice San Paolo nel brano agli Efesini di oggi? "Siate uomini nuovi in Cristo, non comportatevi come i pagani". Essere uom ini nuovi vuol dire credere che ha ragione Gesù, non noi, e che qu indi o capiamo che sacrificio gradito a Dio è l’amo re del prossimo, sacrificio che Dio rende possibile perché è lui a sacrificarsi per noi, o altrimenti buttiam o via la vita. Voglio diventare come Dio, essere perfetto come Lui? Devo amare come Dio andando io sulla croce per gli altri piuttosto che mettere gli altri in croce. Questo vuol dire es sere uomini nuovi. E uomini nuovi lo siamo diventat i dal giorno del Battesimo, che è come il seme gettato nel terreno e nel quale c'è già tutta la pianta che diventerà. L a vita ci serve per far germogliare questo seme, altrimenti a che serve averlo seminato?