Cominciamo col ricordarci, noi che siamo qui, che m
entre il mondo oggi fa la festa di Natale, la Chies
a, e quindi noi
cristiani, celebriamo il Natale di Gesù, e non è la
stessa cosa. La festa del Natale è un grande gioca
ttolo che hanno
inventato gli uomini per assicurarsi almeno un gior
no all’anno di evasione dalla triste realtà di tutt
i i giorni, un giorno
magico in cui sentirsi tutti più buoni e vivere un
momento di serenità, cosa peraltro molto comprensib
ile. Tanto è
vero che quando qualcosa di spiacevole (un lutto, u
na malattia, incomprensioni o crisi familiari) romp
e il
meccanismo del gioco, il Natale diventa la festa pi
ù triste dell’anno e uno dice: quest’anno il Natale
non lo sento! E a
me viene da dire: meno male! Ma non perché sono con
tento che uno sia triste e non riesca a far festa,
ci
mancherebbe, ma perché forse è l’occasione buona pe
r distruggere e mettere da parte questo Natale e ca
pire cos’è
veramente il Natale: la nascita di Gesù, e cioè il
fatto che Dio si è fatto carne. Annuncio inaudito,
bestemmia per gli
islamici e per gli stessi ebrei, il popolo a cui Ge
sù apparteneva, perché non dobbiamo dimenticare che
Gesù non era
italiano, e neanche Maria e Giuseppe. Dire che Dio
si è fatto carne significa che Dio è talmente innam
orato degli
uomini da prendere dimora nella vita dell’uomo, nel
la sua carne. Dirà Gesù nel vangelo di Giovanni: “S
e uno mi ama,
osserva (cioè accoglie) la mia parola, il Padre mio
lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora i
n lui”. Pensate
agli annunci funebri, quando si scrive: “è tornato
alla casa del Padre”. E uno si chiede dov’è questa
casa e non la
trova. Noi non torniamo alla casa del Padre, noi SI
AMO la casa del Padre. Noi non andiamo in cielo, è
il cielo che è
venuto ad abitare in noi. Ecco perché la nostra vit
a è indistruttibile, e la morte del corpo è solo mo
rte del corpo e
basta. Dio non è lontano, è dentro di me, col suo S
pirito. Se vivo la mia umanità nel modo in cui l’ha
vissuta Gesù, se
cioè seguo il suo Spirito, divento come Gesù, e qui
ndi divento Dio. Più siamo umani, più siamo divini.
E siccome
l’uomo Gesù, con la sua vita, i suoi insegnamenti e
le sue opere ha mostrato che Dio è amore, signific
a che essere
umani vuol dire imparare a vivere attenti ai bisogn
i e alle sofferenze degli altri, e più viviamo così
più diventiamo
umani e diventiamo come Dio. Prima di Gesù, tutto q
uello che l’uomo faceva, lo faceva per Dio. Pregava
perché, poi,
Dio ricompensava. Anche l’amore nei confronti del f
ratello non era tanto per amore del fratello, ma io
amo il fratello
perché poi il Padre vede e mi ricompensa. Con Gesù
tutto questo è cambiato. Non siamo noi ad amare Dio
, ma è Dio
che ha amato noi. Con Gesù Dio non è più da cercare
. Chi cerca Dio non lo trova mai. Ci sono persone c
he passano
tutta la vita a cercare Dio e non lo trovano, perch
é? Cercare Dio significa che già hai un’immagine di
questo Dio, ma
Dio nessuno lo ha mai visto, è Gesù che lo ha rivel
ato. E’ il Padre che ci inonda del suo amore e che
chiede di essere
accolto nella nostra vita per fondersi con noi perc
hé quest’onda d’amore ci spinga a vivere l’amore ve
rso i fratelli.
Siamo chiamati non a vivere per Dio o a sacrificarc
i per Lui, ma a vivere con Dio e come Dio. Dio non
ci chiede la vita,
ma è colui che ce la da: prendete e mangiate, quest
o è il mio corpo, prendete e bevete, questo è il mi
o sangue. Dio
non vuole che viviamo per lui, ma Dio vuole che noi
viviamo con lui, come lui, per gli altri. E’ così
inedita e diversa
questa immagine di Dio che Gesù rivela che “venne t
ra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto”, e questo
verbo è al
presente, perché riguarda anche noi. Noi vorremmo u
n Dio giustiziere, pompiere, poliziotto, mago, ed è
per questo
che continuiamo ad andare in crisi quando vediamo c
he questo Dio inventato da noi non svolge le sue ma
nsioni
aggiustandoci le cose della vita che non vanno, e q
uindi rovinandoci anche il giocattolo della festa d
i Natale così
come lo abbiamo inventato noi. Invece il Natale ci
mostra un Dio che non fa da spettatore, arbitro o a
llenatore della
partita della vita, ma che scende in campo come gio
catore, pronto a perdere e a subire falli, e insegn
andoci come
giocare la partita e come reagire ai falli. E facen
dosi uomo si è identificato in tutti i giocatori, m
ostrando che non
dobbiamo avere avversari, che non ci sono persone p
ure e persone impure, quelle meritevoli e quelle no
n
meritevoli, perché l’amore di Dio non è attratto da
i meriti delle persone, perché non tutti possono av
ere questi
meriti. L’amore di Dio non è nemmeno attratto dalle
virtù delle persone perché non tutti hanno queste
virtù. E da
cosa è attratto? Dai bisogni delle persone e dalle
loro necessità, perché meriti non tutti li abbiamo,
ma bisogni sì.
Virtù non tutti le possono sfoggiare, necessità ce
l’hanno tutti. Tutto questo è il Dio di Gesù. E que
sto è il Dio che
mise in crisi gli uomini religiosi del tempo di Ges
ù e che lo misero in croce, rifiutandolo, e che con
tinua a mettere in
crisi anche noi, una crisi benefica se ci accorgiam
o come questa sia la più bella notizia capace di da
re senso alla
nostra vita, di renderla davvero magica, non per un
giorno, ma per ogni giorno, se impariamo ad accogl
ierla
veramente.