Il servo di Dio mons. Tonino Bello, a proposito di
chi vive senza speranza, scriveva queste parole mol
to belle: “La vera
tristezza non è quando, la sera, non sei atteso da
nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non at
tendi più nulla
dalla vita”. Il tempo di Avvento che stiamo vivendo
vuole aiutarci a capire che la vita è tutta giocat
a sull’attesa, sul
compimento dei nostri desideri più profondi di gioi
a
che portiamo nel cuore, e di qualcosa o di qualcu
no che possa
compierli, realizzarli. Il problema è che spesso, q
uando la vita picchia duro, si perde la speranza, a
fronte soprattutto
di disastri, tragedie, malattie, o quando non ci si
sente amati e ci si sente soli, per non parlare de
lla morte che
sembra chiudere ogni barlume di speranza. Ma se ci
pensiamo bene, accade che anche quando qualche nost
ro
progetto o sogno si realizza, siamo incapaci di acc
ontentarci, perché vorremmo sempre qualcosa di più.
Non c’è mai
nulla che riesca, in fondo, a realizzarci completam
ente. Davvero, come diceva il testo di una canzone
che cantavo da
ragazzo, “tutta la vita chiede l’eternità”. Per que
sto sant’Agostino scriveva, rivolgendosi a Dio: “Ci
hai fatti per Te e il
nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. I
n questo senso, “Dio” è davvero il nome più grande
capace di
esprimere il fondamento e il compimento di tutti i
desideri più profondi di gioia degli uomini di tutt
i i tempi,
compresi noi. Nel brano di Isaia di oggi c’è scritt
o: “Ogni uomo è come l’erba e tutta la sua grazia è
come un fiore del
campo. Secca l’erba, il fiore appassisce, ma la Par
ola di Dio dura per sempre. Allora annuncia con for
za: consolate il
mio popolo, ditegli di non temere, perché il nostro
Dio viene con potenza, ha con sé il premio, come u
n pastore fa
pascolare il suo gregge, lo raduna, porta gli agnel
lini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri
”. Ecco, questo
è quello che tutti noi vorremmo, e quando smettiamo
di sperare, come dicevo all’inizio, smettiamo di v
ivere. Così gli
abitanti di Gerusalemme speravano l’avvento, la ven
uta del Messia che con la potenza di Dio, ben armat
o, su un
cavallo da guerra e coi soldati sarebbe arrivato pe
r cacciare gli invasori romani. Anche noi nella mes
sa cantiamo
“Osanna”, che vuol dire “Salvaci, Signore, guarda g
iù e fai qualcosa”. E Gesù ci ha fatto vedere in ch
e modo Dio
guarda giù e fa qualcosa. Lo fa, ma non nel modo ch
e vorremmo noi. Il mite ingresso di Gesù a Gerusale
mme
cavalcando un’asina è simile al momento della sua n
ascita a Betlemme e allo stile adottato da Gesù in
tutta la sua
vita, fino alla morte di croce. E questo stile most
ra in che modo Dio fa il suo ingresso nel mondo, in
che modo Dio
viene e continua a venire. Dio diventa un uomo assu
mendo in tutto e per tutto le difficoltà, i problem
i e le speranze
di ogni uomo, per insegnare all’uomo come vivere la
vita, mostrando che solo una vita vissuta con amor
e e per
amore, fino alla morte, porta alla vita eterna. Ges
ù viene nel mondo, dice l’autore del brano della le
ttera agli Ebrei
che abbiamo ascoltato, per fare la volontà di Dio.
E la volontà di Dio è una sola: che noi viviamo la
vita come l’ha
vissuta Gesù. E’ così che otteniamo la salvezza: fa
te questo in memoria di me, cioè fate quello che ho
fatto io, vivete
come me. Quindi tutto dipende da me, da te, da noi.
Dio non cambia i destini del mondo. Belli o brutti
che siano
dipendono da noi e dalle inesorabili leggi della na
tura. Ma vivendo con lo Spirito di Gesù, cambia il
nostro modo di
affrontare le pene e le gioie della vita. Affrontia
mo la vita sapendo che siamo destinati alla risurre
zione, alla vita
eterna, se viviamo con Gesù e come Gesù. Questa è l
a salvezza. Se capisco questo sono salvo, non sono
più vittima
delle mie paure, trovo la gioia di vivere, la mia i
nquietudine trova riposo in Dio, in questo Dio, non
in quello che mi
invento io, e dunque la mia speranza rinasce, non m
i sento più solo, capisco che il desiderio di etern
ità presente in
me non solo si compirà un giorno, ma può cominciare
a compiersi adesso. Ma perché questo accada, devo
imparare
a convertirmi, e cioè a cambiare il mio modo di pen
sare Dio per imparare a pensarlo nel modo che mi ha
fatto
vedere Gesù. Ed è sempre Isaia a suggerirci come fa
re: “Nel deserto preparate la via al Signore, spian
ate nella steppa
la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalza
ta, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il ter
reno accidentato si
trasformi in piano e quello scosceso in vallata”. C
ioè, dobbiamo creare una via rettilinea e piana per
accogliere
questa bella notizia. Come? Abbassando i monti e i
colli della nostra supponenza e del nostro orgoglio
, riempiendo le
valli del nostro vuoto interiore con la Parola di D
io. Dove? Nel deserto, cioè in un luogo di silenzio
e di essenzialità. E
questo luogo è il nostro cuore. Nel silenzio e nell
a preghiera. Lì il Signore viene, compie il suo ing
resso e può
trasformarci, perché è Lui che ci trasforma, ma noi
dobbiamo creare le condizioni. Purtroppo, nella vi
ta di ogni
giorno, e parlo anche per me, sembra che ci sia sem
pre qualcosa di meglio o di più urgente da fare. E
infatti i risultati
negativi si vedono...