Tutti abbiamo motivi più o meno validi per sperare
in una vita migliore, oggi come ieri. Per questo è
sempre valido
l’ammonimento di un versetto del libro del Qoelet c
he dice così: “Non dire come mai i tempi passati er
ano migliori
del presente, perché una domanda simile non è ispir
ata da saggezza”. Vuol dire che già tremila anni fa
c’era
qualcuno che diceva: ai miei tempi era meglio, oggi
è tutto un
schifo. Per cui la povera gente di allo
ra, come quella di
oggi, riponeva le speranze nelle antiche promesse f
atte dai profeti come quelle che abbiamo ascoltato
oggi nella
lettura di Isaia: i malati nel corpo guariranno, gl
i oppressi saranno vendicati e i giusti ricompensat
i perché prima o
poi, come dicevano le parole dal salmo, la giustizi
a di Dio si affaccerà dal cielo, verrà il Messia e
metterà tutto a
posto instaurando un regno di pace e di gioia. Ed è
quello che speriamo tutti quando preghiamo dicendo
: ascoltaci
Signore, guarda giù. E di fronte a tante cattiverie
, a volte ci sgorga nel cuore un autentico anelito
di giustizia, altre
volte, soprattutto quando abbiamo subito qualche to
rto, nascono desideri di vendetta: che il Signore g
uardi giù e
faccia piazza pulita di tutti i malvagi, anche perc
hé i malvagi sono sempre gli altri. Così era anche
ai tempi di Gesù
quando Israele sperava che il Messia arrivasse per
guidare la rivolta armata contro gli invasori roman
i. Lo stesso
Giovanni Battista, su cui si concentra il vangelo d
i oggi, che era stato sbattuto ingiustamente in car
cere da Erode,
nutriva queste speranze, tanto è vero che aveva pro
clamato, proprio nel vangelo di domenica scorsa, se
ricordate,
che il regno dei cieli era vicino e che sui peccato
ri stava per abbattersi la collera divina. E siccom
e aveva riconosciuto
che Gesù era il Messia, il Cristo, sperava che foss
e lui a realizzare queste promesse. Peccato che Ges
ù, fino a quel
momento, aveva agito in modo diverso perché parlava
di Dio come di un Padre misericordioso, entrava in
contatto
con i peccatori e diceva che la salvezza era anche
per loro prima ancora che avessero deciso di fare p
enitenza.
Giovanni invece amministrava un battesimo per la co
nversione dicendo che solo chi si fosse pentito avr
ebbe ricevuto
il perdono, altrimenti sarebbe stato bruciato dall’
ira di Dio, e molti si facevano battezzare da lui p
er questo motivo,
per paura. Al contrario, da Gesù la gente andava pe
rché era affascinata dalle sue parole di misericord
ia e dai suoi
gesti sempre e soltanto buoni. Era come se Gesù ras
sicurasse ogni persona con cui entrava in contatto
dicendole:
nonostante i tuoi peccati, Dio Padre continua ad am
arti come un figlio, e quindi ora sta a te decidere
se vivere di
questo amore o rifiutarlo. Mai Gesù parlò di vendet
ta di Dio. Addirittura san Paolo, nel brano della l
ettera ai Romani,
arriva a spiegare il fatto che proprio Israele, il
suo popolo eletto, ha rifiutato Gesù dicendo che qu
esto è successo
perché tutti gli altri popoli, vedendo che siccome
Dio continua ad avere misericordia per lui, davvero
c’è salvezza per
tutti. Ebbene, è chiaro allora perché a Giovanni da
l carcere venne il dubbio che Gesù fosse davvero il
Messia. Ma
Gesù lo loda, dicendo di lui che addirittura è il p
iù grande tra i nati di donna, il più grande di tut
ti i profeti. Perché chi
sono i profeti? Ancora oggi molti pensano, magari a
nche qualcuno di voi, che i profeti siano come degl
i indovini che
prevedono il futuro. No, i profeti sono persone che
cercano la verità, disposti a pagare in prima pers
ona, che si fanno
le domande giuste, che non hanno le fette di salame
sugli occhi, che cercano di vedere la realtà con g
li occhi di Dio,
perché chi cerca la verità cerca Dio, e quindi tutt
i possiamo diventare profeti. Anche Gesù lo è stato
e noi, col
Battesimo, siamo stati riempiti del suo Spirito per
ché impariamo a vedere la realtà e a vivere la vita
con i suoi occhi,
come Lui. Ma per far questo dobbiamo imparare a con
oscere la sua Parola che ci rivela che Dio non è fa
tto come
abbiamo in mente noi. Se avete notato, il titolo di
questa terza domenica di Avvento è “le profezie ad
empiute”. Gesù
davvero viene ad adempiere, cioè a compiere, a real
izzare tutte le profezie, a rispondere a quella set
e di verità che
portiamo nel cuore, a realizzare il sogno di Dio, a
realizzare quei sogni autentici che tutti portiamo
nel cuore, ma non
lo fa come pensiamo noi o vorremmo noi, perché ci m
ostra appunto che Dio è diverso da quello che noi
immaginiamo. Perciò dice: beato chi non si scandali
zza di me, cioè chi crede a quello che io dico e ch
e faccio. Siete
ciechi perché non sapete chi è Dio, e io sono venut
o a guarirvi da questa cecità, e se vedete chi è Di
o non siete più
zoppi perché camminate verso di Lui, non siete più
lebbrosi, cioè dei falliti, non siete più sordi per
ché finalmente
ascoltate la mia parola, e questa parola vi fa risu
scitare, altrimenti siete morti. Lo stesso evento d
el Natale, del fatto
che Dio abbia assunto una carne umana e che egli st
esso abbia patito e sia morto ingiustamente, come i
l Battista,
testimonia che Dio non è la panacea contro tutti i
mali, non è colui che magicamente realizza un mondo
migliore, e
nemmeno colui che dall’alto non guarda giù, ma che
Dio è nostro compagno di viaggio, che col suo Spiri
to non
cambia le cose, ma cambia il mio cuore e la mia men
te, quindi che cambia il mio modo di vivere le cose
, di affrontare
il viaggio della vita, nella consapevolezza che da
Lui veniamo, in Lui e di Lui viviamo e verso di Lui
andiamo.