domenica 27 novembre 2016

III DOMENICA DI AVVENTO ANNO A

Tutti abbiamo motivi più o meno validi per sperare in una vita migliore, oggi come ieri. Per questo è sempre valido l’ammonimento di un versetto del libro del Qoelet c he dice così: “Non dire come mai i tempi passati er ano migliori del presente, perché una domanda simile non è ispir ata da saggezza”. Vuol dire che già tremila anni fa c’era qualcuno che diceva: ai miei tempi era meglio, oggi è tutto un
schifo. Per cui la povera gente di allo ra, come quella di oggi, riponeva le speranze nelle antiche promesse f atte dai profeti come quelle che abbiamo ascoltato oggi nella lettura di Isaia: i malati nel corpo guariranno, gl i oppressi saranno vendicati e i giusti ricompensat i perché prima o poi, come dicevano le parole dal salmo, la giustizi a di Dio si affaccerà dal cielo, verrà il Messia e metterà tutto a posto instaurando un regno di pace e di gioia. Ed è quello che speriamo tutti quando preghiamo dicendo : ascoltaci Signore, guarda giù. E di fronte a tante cattiverie , a volte ci sgorga nel cuore un autentico anelito di giustizia, altre volte, soprattutto quando abbiamo subito qualche to rto, nascono desideri di vendetta: che il Signore g uardi giù e faccia piazza pulita di tutti i malvagi, anche perc hé i malvagi sono sempre gli altri. Così era anche ai tempi di Gesù quando Israele sperava che il Messia arrivasse per guidare la rivolta armata contro gli invasori roman i. Lo stesso Giovanni Battista, su cui si concentra il vangelo d i oggi, che era stato sbattuto ingiustamente in car cere da Erode, nutriva queste speranze, tanto è vero che aveva pro clamato, proprio nel vangelo di domenica scorsa, se ricordate, che il regno dei cieli era vicino e che sui peccato ri stava per abbattersi la collera divina. E siccom e aveva riconosciuto che Gesù era il Messia, il Cristo, sperava che foss e lui a realizzare queste promesse. Peccato che Ges ù, fino a quel momento, aveva agito in modo diverso perché parlava di Dio come di un Padre misericordioso, entrava in contatto con i peccatori e diceva che la salvezza era anche per loro prima ancora che avessero deciso di fare p enitenza. Giovanni invece amministrava un battesimo per la co nversione dicendo che solo chi si fosse pentito avr ebbe ricevuto il perdono, altrimenti sarebbe stato bruciato dall’ ira di Dio, e molti si facevano battezzare da lui p er questo motivo, per paura. Al contrario, da Gesù la gente andava pe rché era affascinata dalle sue parole di misericord ia e dai suoi gesti sempre e soltanto buoni. Era come se Gesù ras sicurasse ogni persona con cui entrava in contatto dicendole: nonostante i tuoi peccati, Dio Padre continua ad am arti come un figlio, e quindi ora sta a te decidere se vivere di questo amore o rifiutarlo. Mai Gesù parlò di vendet ta di Dio. Addirittura san Paolo, nel brano della l ettera ai Romani, arriva a spiegare il fatto che proprio Israele, il suo popolo eletto, ha rifiutato Gesù dicendo che qu esto è successo perché tutti gli altri popoli, vedendo che siccome Dio continua ad avere misericordia per lui, davvero c’è salvezza per tutti. Ebbene, è chiaro allora perché a Giovanni da l carcere venne il dubbio che Gesù fosse davvero il Messia. Ma Gesù lo loda, dicendo di lui che addirittura è il p iù grande tra i nati di donna, il più grande di tut ti i profeti. Perché chi sono i profeti? Ancora oggi molti pensano, magari a nche qualcuno di voi, che i profeti siano come degl i indovini che prevedono il futuro. No, i profeti sono persone che cercano la verità, disposti a pagare in prima pers ona, che si fanno le domande giuste, che non hanno le fette di salame sugli occhi, che cercano di vedere la realtà con g li occhi di Dio, perché chi cerca la verità cerca Dio, e quindi tutt i possiamo diventare profeti. Anche Gesù lo è stato e noi, col Battesimo, siamo stati riempiti del suo Spirito per ché impariamo a vedere la realtà e a vivere la vita con i suoi occhi, come Lui. Ma per far questo dobbiamo imparare a con oscere la sua Parola che ci rivela che Dio non è fa tto come abbiamo in mente noi. Se avete notato, il titolo di questa terza domenica di Avvento è “le profezie ad empiute”. Gesù davvero viene ad adempiere, cioè a compiere, a real izzare tutte le profezie, a rispondere a quella set e di verità che portiamo nel cuore, a realizzare il sogno di Dio, a realizzare quei sogni autentici che tutti portiamo nel cuore, ma non lo fa come pensiamo noi o vorremmo noi, perché ci m ostra appunto che Dio è diverso da quello che noi immaginiamo. Perciò dice: beato chi non si scandali zza di me, cioè chi crede a quello che io dico e ch e faccio. Siete ciechi perché non sapete chi è Dio, e io sono venut o a guarirvi da questa cecità, e se vedete chi è Di o non siete più zoppi perché camminate verso di Lui, non siete più lebbrosi, cioè dei falliti, non siete più sordi per ché finalmente ascoltate la mia parola, e questa parola vi fa risu scitare, altrimenti siete morti. Lo stesso evento d el Natale, del fatto che Dio abbia assunto una carne umana e che egli st esso abbia patito e sia morto ingiustamente, come i l Battista, testimonia che Dio non è la panacea contro tutti i mali, non è colui che magicamente realizza un mondo migliore, e nemmeno colui che dall’alto non guarda giù, ma che Dio è nostro compagno di viaggio, che col suo Spiri to non cambia le cose, ma cambia il mio cuore e la mia men te, quindi che cambia il mio modo di vivere le cose , di affrontare il viaggio della vita, nella consapevolezza che da Lui veniamo, in Lui e di Lui viviamo e verso di Lui andiamo.