domenica 13 novembre 2016

I DOMENICA DI AVVENTO C 2016

 Normalmente diciamo che l’Avvento è il tempo che ci prepara al Natale, ma questa espressione dice ben poco. Anche perché cosa vuol dire prepararsi al Natale? N el rito romano l’Avvento comincia tra due settimane : noi ne abbiamo bisogno addirittura sei? Per cosa poi? Abbi amo bisogno di sei settimane per entrare nel clima natalizio, per preparare le luminarie, il presepio, l’albero, i re gali? Poi
arriva Natale, si mangia, si sta insieme in famiglia, si viene a Messa, si scartano i regali e tutto finisce lì. E a che cosa è servita tutta questa preparazione? L’Av vento è molto di più. Le stesse letture di oggi e anche quelle delle prossime domeniche parlano di tutto tranne che del Natale. Parlano si della venuta del Signore, che poi è anche il tit olo di questa prima domenica, e la parola Avvento, lo sappiamo, significa precisamente “venuta”. E il Signore è ven uto nel senso che si è fatto uomo in Gesù di Nazare th, come appunto celebreremo il giorno di Natale. Ma qui si parla di un’altra venuta, quella che ripetiamo semp re nel Credo quando diciamo che Gesù crocifisso e risorto ritorn erà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e i l suo regno non avrà fine. Non è colpa mia se purtroppo le letture di og gi sono lunghe e difficili, impossibili da spiegare nei dettagli in una predica, come faccio invece negli incontri serali d el lunedì, sempre aperti a tutti coloro che desider ano non lasciare cadere questa Parola nel dimenticatoio e provare a capirla. Pertanto mi limito ad alcune sottolineatur e che possano aiutare la nostra riflessione, a capire cos’è quest a venuta di Dio e quindi a cosa serve il tempo di A vvento. Gesù, nel vangelo, usa un linguaggio apocalittico, e “apocali ttico” è un aggettivo molto usato soprattutto dai g iornalisti ignoranti per descrivere scenari di guerra, di deva stazione, di sciagura. In effetti Gesù parla della distruzione del tempio di Gerusalemme, di guerre tra le nazioni, di carestie, di terremoti, di tribolazioni, dei suoi discepoli che verranno uccisi, del sole che si oscura, della luna che non illumina più, di stelle che cadono dal cie lo. Sembra di leggere la cronaca di tanti avvenimenti tragici che accadono anche oggi di fronte ai quali si usa dire : è un’apocalisse! In realtà, come dicevo, questa è un’espressione sba gliata che deriva dall’ignoranza del significato de lla parola “apocalisse”. Apocalisse non significa distruzione e disastro, ma rivelazione. Che cosa rivela Gesù? C he queste cose sono sempre avvenute e sempre avverranno. Ma che no n dobbiamo avere paura. Non sono il segno della fin e del mondo. Tutt’altro. Dice: occorre perseverare e annu nciare a tutto il mondo il vangelo del Regno, e sol o allora verrà la fine, comparirà il segno del Figlio dell’Uomo che v errà nella sua gloria e tutti lo vedranno. Cosa vuo l dire? Vuol dire che in mezzo al male noi siamo chiamati a fare come lui, cioè a fare il bene. Quello che è successo a Gesù succede anche a noi. A Natale noi celebriamo Dio che si è f atto uomo per farci vedere che ogni figlio dell’uom o, se vive la vita come Lui, con Lui, col suo Spirito, facendo il bene in mezzo al male, si accorge che Dio continua a ve nire, a rendersi presente nel volto dei fratelli che gridano aiuto ( come diceva il vangelo di domenica scorsa), perché la sua gloria si manifesta nell’amore che viviamo gli uni verso gli altri, e come Lui siamo destinati non a morire, ma risorgere, a vivere per sempre. La fine del mondo non è quando c i sono i terremoti, ma quando qualcuno si fa prossi mo a chi ha bisogno: lì finisce il vecchio mondo dell’egoismo e inizia il Regno di Dio. Allora Dio viene nella sua gloria, perché la sua gloria è quando viviamo come figli che amano i fratelli. (Vuoi incontrare il Signore? Scegli il bene con gio ia e lo incontri. Un suggerimento per i nostri ragazzi: non pensare solo a te stesso, non fare quello che pret ende tutto e subito, piuttosto stai attento ai bisogni degli alt ri) Noi celebriamo l’Eucaristia nell’attesa della sua venuta, come ripetiamo in ogni Messa. Perché nell’Eucaristia Dio viene in un pezzo di pane e in un po’ di vino per nutrire la nostra anima della sua vita e possiamo riconoscere la sua venuta nel volto dei fratelli, fino a che, dopo la morte, verrà per abbracciarci come suoi fratelli e farci vivere con Lui per sempre. Capite dunque come è bella questa a pocalisse, questa rivelazione? E’ a questa realtà che il tempo dell’Avvento vuole aiutare a prepararci. Per quest o vanno sottolineate le altre parole che Gesù pronuncia e c he san Paolo riprende con forza nel brano della let tera ai Tessalonicesi: non lasciatevi ingannare e sedurre d a chi vi dice il contrario, da chi vi fa credere ch e la salvezza sta da un’altra parte, da chi fa diventare suo Dio il male , e questo è il massimo dell’empietà. Dunque l’Avve nto è il tempo che ci ricorda che non la fine, ma il fine della no stra vita è l’incontro col Signore, che il nostro D io viene e si manifesta, come abbiamo ripetuto nel ritornello del salmo, che dobbiamo imparare ad accorgerci della s ua presenza che ci accompagna nelle vicende belle e brutte dell a vita, di fronte alle quali non dobbiamo avere pau ra, perché il destino della storia del mondo e della nostra stori a personale non è la distruzione, ma l’incontro def initivo con Lui. Alzate al cielo i vostri occhi e guardate la terra di sotto, diceva il profeta Isaia. Imparare a viver e la vita con gli occhi di Dio, con lo Spirito di Gesù che continua a venire: a questa dimensione ci richiama l’Avvento, non a pr eparare l’albero di Natale, a meno che le sue luminarie non siano un richiamo a vivere l’esistenza in questa nuova luce .