La festa di Cristo Re, che conclude il tempo dopo P
entecoste e quindi l’anno liturgico (domenica pross
ima inizia il
nuovo anno liturgico con l’Avvento), è una festa be
llissima se ne capiamo bene il significato, altrime
nti è
pericolosissima perché rischia di dare di Gesù e qu
indi di Dio un’immagine distorta. Il re fa pensare
al capo, al forte,
al potente, che decide tutto, che giudica, che prem
ia, che
castiga, che comanda, e tutti sono sottomes
si a lui. Anche
le letture di oggi, se non le interpretiamo bene, f
anno pensare a Dio in questo modo. Daniele parla di
Dio su un trono
di fuoco, circondato da una corte e servito da miri
adi di persone che da potere, gloria e regno eterno
a un altro
personaggio, chiamato figlio dell’uomo. Figlio dell
’uomo è il Messia di cui parla anche il salmo come
di un re al quale
Dio ha dato in mano ogni potere, quello di dominare
tutto il mondo e di stritolare la testa di tutti i
nemici. E Gesù
dirà di essere lui questo figlio dell’uomo, simile
a un re a cui il Padre ha affidato ogni giudizio, e
infatti abbiamo
ascoltato la scena del giudizio universale. Infatti
, sempre san Paolo dice di Gesù: è necessario che e
gli regni finchè
non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi.
Ecco, se non si interpretano bene queste parole, po
i non c’è da
stupirsi se c’è ancora qualcuno che a Radio Maria d
ice eresie del tipo che il terremoto in centro Ital
ia è un castigo di
Dio. Del resto, non dimentichiamo che questa festa
di Cristo Re fu introdotta nel 1925 da papa Pio XI
per dire che i
mali del mondo dipendevano dall’aver allontanato Cr
isto e la sua santa legge dalla pratica della vita.
Certo, non va
dimenticato che in quell’epoca stavano nascendo i r
egimi totalitari del nazismo da una parte e del com
unismo
dall’altra, e di fronte a un mondo che decideva di
fare a meno di Dio, Papa Ratti ribadì la regalità d
i Cristo per
affermare che la Chiesa, il mondo e tutto il genere
umano sono sottomessi, consacrati a Cristo. Cosa b
ellissima anche
questa, se però la si intende bene. Se la si intend
e male, viene spontaneo ribellarsi, perché a nessun
o piace essere
sottomesso. Però, a tutti piace sottomettere gli al
tri, perché ciascuno, nel suo piccolo, vuole essere
un piccolo re che
ha il potere di fare nel suo piccolo quello che in
grande può fare Dio, e dunque proiettiamo su Dio i
nostri deliri di
onnipotenza. Quindi, vedete, ci sono dei termini ch
e vanno chiariti e interpretati bene: re, potere, g
iudizio,
sottomettere ed essere sottomessi. Ora, è vero che
Cristo è Re: Gesù stesso alla domanda che gli fece
Pilato se egli
fosse re rispose di si. E nel Padre nostro ci ha in
segnato a pregare: venga il tuo regno. Ma cos’è il
regno di Dio?
quando Dio regna? In che modo regna? Dio regna quan
do gli uomini scoprono il suo amore di Padre, capis
cono di
essere suoi figli amati e si amano tra loro come fr
atelli. Quindi il potere di Dio è quello di amarci
in modo smisurato,
onnipotente, perché l’amore può tutto, è capace di
stritolare la testa di tutti i nemici, certo, ma no
n intesi come gli
uomini che fanno il male, ma intesi come dice san P
aolo, e cioè come i principati, le potenze e le for
ze del male che ci
opprimono e che ci rendono egoisti. Cioè, Dio vince
il male con l’amore e col perdono. Questo è il suo
giudizio, il
tremendo giudizio di Dio, che in realtà è stupendo,
non tremendo: che il Padre ci giudica tutti come f
igli amati, e il
Figlio Gesù ci giudica tutti come suoi fratelli, e
il Padre e il Figlio ci danno il loro spirito, cioè
lo Spirito santo, perché
anche noi impariamo a giudicare Dio in questo modo,
a giudicare noi stessi come figli amati e quindi a
giudicare gli
altri come nostri fratelli. E questo è il significa
to della stupenda pagina evangelica di oggi. Gesù s
i autodefinisce figlio
dell’uomo per far capire che Dio si identifica con
ogni uomo, soprattutto col più povero dei poveri e
col più
bisognoso. E allora il giudizio non lo fa Dio, ma l
o faccio io, se giudico a mia volta ogni uomo come
mio fratello
oppure no. Se lo giudico come fratello e quindi lo
amo, vuol dire che giudico Dio come Padre e giudico
me come
figlio, e allora viene il regno di Dio, e io sono b
enedetto, altrimenti sono maledetto, perché mi auto
escludo dalla
comunione con Dio e quindi dalla salvezza perché io
posso realizzarmi solo se mi riconosco figlio vive
ndo come
fratello. E io divento come Dio solo amando. Allora
si a questo si capisce cosa significa la sottomiss
ione della Chiesa e
di tutto il genere umano a Cristo: e cioè che tutti
siamo sottomessi all’amore di Dio. O capiamo quest
a cosa e
viviamo secondo la legge dell’amore di Dio che perm
ette a tutto l’universo di andare avanti, o altrime
nti siamo
fregati, perché invece del regno di Dio costruiamo
l’inferno. Il regno di Dio, dice sempre san Paolo a
l termine del
brano di oggi, è quando capiamo che Dio è tutto in
tutti. Pensate che la stessa cosa la disse anche un
mistico islamico
del 1200, Gial al-Din Rumi: Tu non sei una goccia n
ell'oceano ... tu sei l'intero oceano in una goccia
. Cioè in Dio ci
muoviamo ed esistiamo, di lui respiriamo. Come se u
n pesce nell’oceano andasse alla ricerca dell’ocean
o senza
rendersi conto di esserci già dentro. Ecco perché,
alla luce di tutto questo, è una scelta azzeccatiss
ima quella di
abbinare a questa festa la giornata diocesana della
Caritas, perché è proprio vivendo la carità fattiv
a verso coloro che
hanno più bisogno che noi celebriamo, non a parole,
ma coi fatti, la regalità di Cristo e la nostra ap
partenenza a Lui.