domenica 7 gennaio 2018

BATTESIMO DEL SIGNORE

Con questa festa la Chiesa celebra oggi la seconda Epifania di Gesù. Dopo quella di ieri dove Gesù manifesta di essere il Signore anche dei popoli pagani rappresentati dai Maghi venuti dall’Oriente, e quindi che non c’è nessun uomo escluso dall’amore di Dio, oggi il vangelo ci racconta la prima manifestazione pubblica di Gesù davanti al popolo d’Israele, nel momento in cui va al fiume
Giordano a farsi battezzare. Ma perché Gesù va a farsi battezzare? Per rispondere a questa domanda dobbiamo rileggere bene questa scena nel modo in cui ce la racconta Marco nel suo vangelo, che inizia con Giovanni Battista che proclamava: “viene dopo di me uno più forte di me al quale io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali”. Verrebbe da dire: com’era umile Giovanni! Invece no. Per capire questa frase bisogna sapere che c’era l’usanza che quando una donna rimaneva vedova senza un figlio, il cognato aveva l’obbligo di metterla incinta, e se si rifiutava, questo diritto passava ad un’altra persona che scioglieva il legaccio dei sandali per dire: il tuo diritto di mettere incinta questa donna passa a me. Allora, con questa frase, Giovanni sta dicendo: “non scambiate me per il Messia: lo sposo d’Israele, è lui, non sono io che devo fecondare Israele, che è come una vedova perché ormai non vive più il rapporto con Dio, suo sposo”. “Io posso solo battezzarvi con l’acqua”. La parola “battesimo” vuol dire essere immersi nell’acqua, simbolo di morte, ed era un rito che serviva per dire: dobbiamo morire ai nostri peccati e purificarci per tornare ad essere la sposa del Signore. Ma era un rito esteriore, come tanti nostri riti, capaci di esprimere le nostre belle intenzioni, ma che non ci cambiano. Per questo aggiunge: “colui che verrà vi battezzerà in Spirito santo”. Giovanni sta dicendo: non basta l’acqua che vi bagna il corpo, c’è bisogno di qualcuno che vi cambi dall’interno, che vi fecondi come uno sposo, che vi battezzi, cioè che vi immerga nello Spirito santo, cioè nell’amore di Dio. Quindi, vedete, il battesimo di Giovanni non c’entra niente col Battesimo che abbiamo ricevuto noi. Il nostro Battesimo è il segno che siamo immersi nell’amore di Dio: il problema è rendercene conto, perché altrimenti diventa come quello di Giovanni, solo un rito esteriore. È da qui che nasce la domanda: e allora perché Gesù scelse di sottomettersi a questo rito che per lui era inutile? Andiamo avanti a leggere il vangelo e lo scopriamo. Giovanni ha appena annunciato che solo il Messia potrà battezzare in Spirito Santo, e cosa succede? Che si presenta un uomo di nome Gesù che veniva “da Nàzaret di Galilea”, da un regione disprezzata da tutti e da una cittadina che era un borgo selvaggio di pessima reputazione. Come fa ad essere il Messia, il Cristo di Dio proprio quell’uomo? Oltretutto… «e fu battezzato nel Giordano da Giovanni», come gli altri, come tutti i peccatori. Com’è possibile? La soluzione al quesito si trova nel modo in cui Marco descrive questo battesimo di Gesù, usando gli stessi termini che poi saranno usati per descrivere la morte di Gesù, come per dire che battesimo e morte di Gesù sono la stessa cosa. Infatti Gesù, più in là, parlando della sua morte imminente, dirà: “c’è un battesimo che io devo accogliere”. Allora ecco cosa manifesta il battesimo che Gesù riceve: non il morire ad un passato ingiusto, di peccato (Gesù non ha da farsi perdonare niente), ma che Gesù accetta di morire sulla croce per manifestare pienamente l’infinito amore di Dio. Scrive Marco: “E subito salendo dall’acqua”, subito, per dire che Gesù si immergerà nella morte, ma la morte non lo trattiene, per cui Gesù risale immediatamente dall’acqua. “…vide squarciarsi i cieli”. Si credeva che Dio, lo sposo, fosse talmente arrabbiato con l’umanità che aveva come sigillato i cieli, interrompendo ogni comunicazione con gli uomini. Ma nel momento in cui Gesù s’impegna a manifestare l’amore di Dio senza limiti, ecco che Dio risponde con un amore senza limiti: i cieli si squarciano, si lacerano, e quindi non possono più essere richiusi. Così come nel momento della morte di Gesù “il velo del Tempio si squarciò”: il velo nascondeva la stanza segreta dove si credeva che ci fosse la presenza di Dio. Quando Gesù muore in croce, il velo si squarcia per sempre e Dio si rivela per quello che è veramente: è l’uomo che per amore ha donato la sua stessa vita. “E lo Spirito discendere verso di lui come una colomba”. Lo Spirito è la totalità dell’amore di Dio. Questo spirito, questo amore scende su Gesù, e quando Gesù muore sulla croce, non si dice che morì, ma che “spirò”, cioè che dona a tutti quelli che lo accolgono lo stesso spirito d’amore ricevuto nel battesimo. E perché si dice che scese su di lui come una colomba? Perché era proverbiale l’amore della colomba per il proprio nido: alla colomba, anche se gli si cambia il nido, lei torna sempre al suo nido originario. Quindi, Gesù è il nido, è la dimora dello Spirito. “E venne una voce dal cielo”. In realtà non sarebbe una “voce”, ma un “grido”, perché è la stessa parola usata da Marco quando Gesù, sulla croce, prima di morire, “diede un grande grido”. Cos’è questo grido? È un grido di vittoria, la vittoria dell’amore sulla morte e sul peccato. E la voce dal cielo dice: “Tu sei Figlio mio”. Parole che manifestano chi è Dio, ecco l’epifania: se Gesù ha l’intenzione di dedicare tutta la propria esistenza per comunicare l’amore di Dio, vuol dire che Dio è Padre e lui gli assomiglia perché è suo figlio, “l’amato”, cioè l’erede, che eredita tutto dal Padre, che è uguale al Padre. Dio e Gesù sono la stessa cosa: guardo Gesù e capisco che Dio è amore senza limiti. La stessa espressione la si ritrova sempre nel momento della sua morte, quando il centurione romano, proprio un pagano, “vedendolo spirare in quel modo”, in quel modo ricco d’amore , esclamò: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”. E Dio nel Natale ha preso la nostra carne per abitare dentro di noi, come dimostra il nostro battesimo, perché anche noi possiamo diventare come Gesù, quindi come Dio, se viviamo come figli grazie allo Spirito che ci è dato. Il nostro compito è questo: essere epifania, manifestazione dell’amore di Dio, cosicchè coloro che ci incontrano possano dire anche di noi: davvero Dio è Padre perché voi gli assomigliate comportandovi come suoi figli.