venerdì 5 gennaio 2018

EPIFANIA VEGLIA

INTRODUZIONE PRIMA DELLA CELEBRAZIONE
La solennità dell’Epifania si apre con questa solenne veglia dove la messa è inserita nella celebrazione dei vespri, quindi col rito della luce e con l’inno all’inizio e col canto del Magnificat dopo la comunione, e i salmi, che diventeranno responsori, salmelli e orazioni, legano insieme 6 brani della Parola di Dio. Partecipiamo con l’ascolto, il canto e la preghiera.


OMELIA
La solenne liturgia di questa sera ci introduce non tanto alla solennità dell’Epifania, ma al tempo dopo l’Epifania che inizia oggi e terminerà con l’inizio della Quaresima. Perché l’Epifania, che noi cristiani per primi abbiamo banalizzato trasformandola nell’insulsa festa della Befana, non è solo la memoria della visita dei Magi, ma molto di più. L’origine di questa festa è orientale, e quando venne introdotta in occidente perse buona parte del suo significato. Originariamente l’Epifania era memoria di tre manifestazioni del Signore: ai popoli pagani, simboleggiati dai Magi; al popolo d’Israele nel momento del Battesimo di Gesù al Giordano; ai suoi discepoli durante le nozze di Cana. Il nostro rito ambrosiano ha ricuperato questi antichi significati facendoci celebrare queste manifestazioni distribuendole nelle prossime domeniche, nel tempo appunto chiamato dopo l’Epifania: nelle messe di domani contempliamo la visita dei Magi, domenica la festa del Battesimo di Gesù e nelle domeniche successive le nozze di Cana, e poi la condivisione dei pani e dei pesci, che fu un’aggiunta voluta da sant’Ambrogio, come testimoniano le poetiche parole dell’inno dei vespri che abbiamo cantato prima e che fu da lui composto: nove strofe, di cui la quarta e la quinta dedicate alle nozze di Cana e le successive alla condivisione dei pani e dei pesci, mentre solo una strofa (la seconda) dedicata alla visita dei Magi e poi (la terza) al Battesimo. E queste due ultime epifanie che celebriamo, la prima domani e la seconda domenica, vengono preannunziate dalle letture che abbiamo ascoltato stasera. Il brano del libro dei Numeri racconta l’episodio in cui Balaam, un indovino, dice che da Israele sarebbe sorto un astro che avrebbe governato il suo popolo, e il Vangelo di Matteo che si legge domani identifica questo astro, questa stella, con Gesù, il Messia. Nell’antichità si pensava che quando una persona nasceva, sorgeva anche una nuova stella che poi si sarebbe spenta nel giorno della sua morte. E dunque la stella che seguono i Magi non va cercata in cielo, ma nella Bibbia. E cosa ci insegna questa pagina? Che Balaam, che era un pagano e un indovino, come i Magi, quindi una persona giudicata lontana da Dio e addirittura ostile alla fede, proprio lui, un insospettabile, ha avuto, come i Magi, uno sguardo interiore più profondo di coloro che invece si ritenevano appartenenti al popolo di Dio. Davvero la verità può provenire da chiunque si lasci guidare dallo Spirito santo che Dio ha dato a tutti. La riprova ce la dà nella seconda lettura il profeta Isaia che si rivolge al popolo di Israele che durante l’esilio a Babilonia si era disperso in varie regioni e annuncia che a Gerusalemme farà ritorno un popolo di salvati che verranno da lontano, da ogni dove, parole attualissime anche oggi se pensiamo all’esodo immenso di tanti migranti nei confronti dei quali si hanno sentimenti e atteggiamenti ostili e di paura e che invece il Signore ci chiama a considerare come suoi figli e dunque nostri fratelli. E se queste due letture introducono alla manifestazione di Gesù come Signore di tutti i popoli della terra simboleggiati dai Magi, l’epifania che si celebra nelle messe di domani, ecco che le altre letture introducono all’epifania di domenica, quella del Battesimo di Gesù al Giordano. Ed è proprio il fiume Giordano protagonista dei due brani del libro dei Re dove si parla dei profeti Elia ed Eliseo. Abbiamo riascoltato il famoso episodio nel quale il profeta Elia è rapito in cielo su un carro di fuoco presso il fiume Giordano. Cosa rappresenta questo racconto? In pratica descrive la fede del suo discepolo Eliseo che vede la morte del suo maestro come l’ingresso nella gloria di Dio, nel fuoco del suo amore. Attraversando il Giordano il popolo di Israele era entrato nella terra promessa. Attraverso il Giordano, con la sua morte, Elia entra nella definitiva e vera terra promessa. Gesù, con la sua risurrezione, ci mostra che la vita non muore, che il nostro destino non è il cimitero, ma la piena comunione con Lui. E questa comunione comincia già adesso attraverso il Battesimo. E la quarta lettura è a sua volta una prefigurazione del vero Battesimo di Gesù, che non è quello al Giordano, ma quello sulla croce: c’è il profeta Eliseo che gettando nell’acqua del Giordano un pezzo di legno fa riemergere il ferro di un’ascia che vi era caduta dentro. La pesantezza del ferro rappresenta la pesantezza dei nostri peccati, il legno che lo fa riemergere è la croce di Cristo che immerso nelle acque della morte ci salva dai peccati. Ecco perché san Paolo, nella quinta lettura, l’epistola, spiega come appunto attraverso il Battesimo noi partecipiamo alla Pasqua di Cristo, veniamo uniti a lui, rigenerati e destinati ad una vita che non muore mai. Per questo, al termine del vangelo, prima dell’omelia, è stata proclamata solennemente la data della Pasqua. Perché è dalla Pasqua di Gesù che scaturiscono tutte le altre feste cristiane. Dio, facendosi uomo in Gesù nel Natale, ha assunto la nostra carne mortale, è dentro di noi col suo Spirito, per farci vivere come Gesù e per donarci il suo stesso destino, quello di una vita che non muore, la risurrezione, appunto. Prendere coscienza di tutto questo e rendere grazie al Signore è nostro compito, che dura tutta la vita. Del prendere coscienza di tutto questo, il Vangelo di questa sera ci indica come esempio la figura di Giovanni Battista. Infatti, vi faccio notare come Giovanni, dopo aver contemplato quanto accadde nell’epifania di Gesù al Giordano, dice di lui: “ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”. Se Gesù è il Figlio di Dio vuol dire che tutti, nessuno escluso, grazie a lui, possiamo diventare figli del Padre: ecco il senso del Natale e dell’adorazione di Magi. E man mano che ne prendiamo coscienza non possiamo che dire al Signore il nostro grazie, proprio attraverso la celebrazione eucaristica, durante la quale il Signore ci forma con la sua Parola e ci nutre con la sua stessa vita per permetterci di vivere la nostra esistenza nel modo più bello e più vero.