domenica 21 gennaio 2018

III DOMENICA DOPO EPIFANIA

L’Epifania non è finita il 6 gennaio: sono quattro le epifanie, le manifestazioni del Signore che celebra la Chiesa. Quella di Gesù come Signore di tutti i popoli della terra rappresentati dai Magi, quella del suo Battesimo al Giordano che manifesta la sua missione e anticipa la sua morte in croce, quella alle nozze di Cana celebrata domenica scorsa, il primo segno col quale Gesù manifesta che la
gloria di Dio è quando gli uomini accolgono il suo amore come una sposa accoglie quello del suo sposo. E si conclude oggi col racconto di un banchetto di vita dove Gesù sfama cinquemila persone. Guardiamo da vicino questo episodio. Nei versetti precedenti, Matteo aveva raccontato un banchetto di morte, quello di Erode, durante il quale su un vassoio era stata portata la testa di Giovanni Battista. Qui adesso viene raccontato un banchetto di vita. Udito ciò, Gesù “partì di là su di una barca e si ritirò in un luogo deserto”, e questo particolare richiama quando il popolo di Israele, liberato dalla schiavitù in Egitto, camminò con Mosè appunto nel deserto, “in disparte”, e tutte le volte che nel vangelo si legge “in disparte” è perché sta per accadere qualcosa che non verrà capita dai discepoli, come tra poco vedremo. “Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalla città”, e qui è ancora più chiaro il collegamento col cammino del popolo nel deserto. Mosè aveva liberato il popolo dalla schiavitù degli egiziani, e adesso vedremo qual è la liberazione portata Gesù, il nuovo e vero Mosè. Prima di tutto Gesù guarì i loro malati perché sentì compassione per loro: la compassione di Dio non è solo un sentimento, ma è molto concreta. “Venuta la sera gli si avvicinarono i discepoli”. Perché viene specificato che era sera? Perché, questo episodio abbiamo detto che è un’epifania: vuole manifestare in anticipo quello che Gesù farà nell’ultima cena, per spiegare cos’è l’eucaristia. E l’ultima cena si svolse di sera. E qui inizia l’incomprensione dei discepoli a cui accennavo prima. Gesù manifesta la compassione di Dio guarendo i malati, e i primi a stancarsi sono i discepoli, che infatti gli dicono cosa? E’ il momento di mangiare, “manda via le folle perché vadano a comprarsi del cibo”. Gesù in precedenza aveva pronunciato le beatitudini, e la prima beatitudine è quella di condividere generosamente quello che si è e quello si ha con tutti. Ma loro non l’hanno capito. La pensano ancora come tutti: chi ha soldi mangia, chi non ce li ha si arrangi! Ma Gesù non è d’accordo: “non è necessario”, dice, “voi stessi date loro da mangiare!”. Una frase che va letta in due modi: non solo che dovete pensare voi a dare loro da mangiare, ma che dovete dare voi stessi da mangiare, siete voi che dovete diventare cibo per loro. E’ il significato dell’eucaristia. Come Gesù nell’Eucaristia si farà pane e dirà: prendete e mangiate questo sono io, così Gesù chiede ai discepoli di farsi pane per la folla. Ma essi replicarono: “Non abbiamo qui se non 5 pani e 2 pesci!”. Nella Bibbia i numeri non hanno mai un valore matematico. Qui non si vuol dire che avevano 5 pagnottelle e 2 pesciolini. Come quando noi diciamo “ci sono qui quattro gatti” non vuol dire che ci sono 4 gatti di numero, ma poche persone. Siccome 5+2 fa 7 e il numero 7 nella cultura ebraica significa tutto, vuol dire che mettendo insieme tutto quello che hanno dicono: è poco, non basta per tutti. E qui incomincia tutta una serie di indicazioni con le quali Matteo, l’evangelista, vuol far capire che non sta raccontando un gioco di prestigio operato da Gesù, ma qualcosa di molto più profondo, che possiamo fare tutti. Anzitutto ordina alla folla di sdraiarsi sull’erba, non semplicemente di sedersi, perché nei banchetti importanti, i signori mangiavano sdraiati, appoggiati sul gomito destro prendendo i cibi con la mano sinistra, e venivano serviti: Gesù vuole che la gente si sdrai perché attraverso il servizio dei discepoli che diventano i loro servi, tutti quelli della folla si sentano dei signori. Sull’erba, perché Gesù realizza le parole del salmo 23: Gesù è il buon pastore che su pascoli erbosi ci fa riposare e ci rinfranca. “Poi prese i 5 pani e i 2 pesci e, guardando verso il cielo, cioè mettendosi in comunione col Padre, benedì, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli alle folle”. Il pane, vedete, lo si può prendere come fanno i cani, divorandolo e guai a chi glielo prende. La voracità di cui parlava la prima lettura quando il popolo nel deserto si lamenta, pensa solo a se stesso, chiede carne da mangiare e Dio risponde con ironia e tristezza: ve ne darò così tanta che vi uscirà dalle narici e vi verrà a nausea. Per questo Paolo rilegge nel brano ai Corinti questo episodio della manna e delle quaglie dicendo che è stato scritto per nostro ammonimento, per non ripetere gli stessi errori. Ecco qual è la liberazione che viene a portare Gesù, il nuovo e vero Mosè: da quella forma di schiavitù che è l’idolatria di se stessi, dei propri bisogni e quindi dei propri beni, a scapito del bene degli altri. Chi diventa idolatra, chi mette al centro solo se stesso e i suoi bisogni, è destinato a fallire. Oggi si celebra la “Giornata della solidarietà”: pensate la valenza di queste parole. Già nel deserto, donando la manna che serviva per il sostentamento giornaliero, Dio aveva educato a non accumulare, ma a prendere quanto è necessario, fidandosi della provvidenza di Dio che a chi dona non farà mai mancare il necessario. Ebbene, nell’ultima cena Gesù rifece le stesse cose: prese il pane, lo benedì, lo spezzò, e lo diede ai discepoli. Perché noi siamo a Messa, perché noi tra poco ripeteremo le stesse cose e faremo la comunione? Per ricevere dal Signore il suo amore e, uscendo di qui, diventare noi pane che si spezza per fare diventare signori coloro che incontriamo, dando loro la vita che qui abbiamo ricevuto. Vedete come Gesù non moltiplica niente, ma insegna che quando condividiamo tutto quel che abbiamo dividendolo, poco o tanto che sia, ce n’è per tutti. Infatti, mangiarono tutti e si saziarono. Ed entrano in gioco alla fine altri numeri. Non si parla più di pesci, ma solo di pani, perché si sta parlando dell’eucaristia, e si dice che di quelli avanzati “ne portarono via 12 ceste piene”. 12 è riferito alle 12 tribù di Israele, per dire che tutto Israele può essere sfamato se si fa così. E poi: “quelli che avevano mangiato erano circa 5000 uomini”, dove 5000 è un multiplo di 5, che indica l’azione dello Spirito Santo, dell’amore di Dio, per dire che alle folle non è stata fatta l’elemosina per riempire la pancia, ma è stato fatto un dono d’amore, perché i discepoli hanno diviso non solo il cibo, ma hanno dato se stessi da mangiare, e che dunque in quel pane c’era l’amore di Dio, il suo Spirito. Penso in conclusione che tutto ciò ci insegni a smetterla di chiedere a Dio quello che dobbiamo imparare a fare noi.