sabato 6 gennaio 2018

EPIFANIA

Nell’omelia di Natale spiegavo che della nascita di Gesù e di alcuni episodi relativi alla sua infanzia ne parlano solo due evangelisti, Matteo e Luca, non per fare una cronaca storica e biografica, ma per anticipare e riassumere tutto quello che sarà l’insegnamento di Gesù, quello di un Dio completamente diverso da quello che si inventano gli uomini e le religioni, un Dio dal cui amore nessuno può essere
escluso: per questo mettono fin dall’inizio, come protagonisti, gli esclusi dalla società. Luca parla di coloro che nel popolo d’Israele erano emarginati perché considerati peccatori, e cioè i pastori. Matteo, invece, mette i pagani, che per gli ebrei erano esclusi dalla salvezza. E infatti, a differenza di Luca, subito dopo aver detto che Maria partorì un figlio che chiamò Gesù, Matteo prosegue con le parole che abbiamo appena letto. “Nato Gesù a Betlemme di Giudea al tempo del Re Erode ...”, e qui Matteo richiama l'attenzione con un avverbio, “ecco”, per indicare una sorpresa, “alcuni maghi vennero da oriente”. Una sorpresa talmente sconcertante e imbarazzante anche per i primi cristiani che forse è per questo che, man mano, nel tempo, questa cosa si è andata trasformando in un evento folcloristico, da fiaba. Perché? Vedete che non ho detto “magi”, ma “maghi”, perché è così che c’è scritto nel vangelo. I maghi erano gli ingannatori, i corruttori, chi faceva il mago era condannato sia dagli ebrei sia dai primi cristiani. Eppure i primi che vengono per adorare Gesù, per accogliere Gesù, sono proprio dei maghi e per di più pagani, quindi le persone ritenute le più lontane da Dio, e per gli ebrei i pagani non sarebbero risuscitati, non erano degni della salvezza, oltretutto questi qui erano pagani che facevano i maghi, quindi un lavoro che la stessa Bibbia condannava. Una cosa talmente imbarazzante che è per questo che, nella tradizione, i maghi sono diventati gli innocui 'magi', un termine che non vuol dire niente: non solo, si è provveduto a farli diventare dei re, a farli diventare tre, in base al numero dei doni che portarono, e addirittura ad attribuirgli un nome e il colore della faccia, insomma, i simpatici personaggi dei nostri presepi. Matteo, invece, parla solo di “alcuni maghi” e punto. Ebbene, essi arrivano e dicono di aver visto spuntare una stella che annunciava la nascita del re dei Giudei. Qual è il significato della stella? Era credenza comune che ogni individuo, quando nasceva, aveva una stella che poi scompariva con la sua morte. Usiamo anche noi l'espressione popolare “essere nato sotto una buona o una cattiva stella”, ma qui soprattutto l'evangelista si riferisce alla profezia di Balaam, nel libro dei Numeri, dove si legge “un astro sorge da Giacobbe”, una stella, “e uno scettro si eleva da Israele”. Era la profezia che indicava la nascita del Messia, quindi anche qui non la stella o la cometa che molti hanno cercato di individuare nel cielo: è una stella che va cercata nella Bibbia. Ebbene, “all'udire questo, Erode restò turbato”, perché Erode era un re illegittimo e sospettoso di chiunque potesse togliergli il regno (addirittura, per paura, aveva ucciso tre dei suoi figli). Ma quello che è strano è il fatto che con Erode si turba, si spaventa tutta Gerusalemme, e andando avanti a leggere tutto il vangelo si capisce il perché. Gerusalemme rappresenta in Matteo la città nemica di Gesù, che ucciderà Gesù, perché presentava un’immagine di Dio che Gesù verrà a distruggere dicendo che è falsa. È incredibile, ma è così. Se anche voi siete cresciuti con l’idea di un Dio che premia i buoni e castiga i cattivi, un Dio che vuole tutti al suo servizio, un Dio a cui obbedire se no manda tutti all’inferno, e io vengo a dirvi che tutto questo è falso perché Gesù ci ha fatto vedere il contrario, qual è la prima reazione? Che si resta turbati, perché crollano tutte le certezze che si hanno. L’importante è che poi si diventi contenti scoprendo, al contrario, che davvero il vangelo è una bella notizia, tutto il vangelo, a partire da questa pagina che è il riassunto di tutto il vangelo: l’amore universale di Dio per tutta l’umanità a prescindere dai meriti e dalle condizioni di ciascuno. E infatti la stella non brilla su Gerusalemme, ma su Betlemme. In questo vangelo, Gesù risuscitato non apparirà mai a Gerusalemme. Vedete che qui Matteo sta già parlando della Pasqua? Possono credere che Gesù è risorto coloro che sentono l’amore di Dio e lo praticano. Questo rappresentano i maghi, i quali entrano nella casa (anche qui notate che il vangelo parla di casa e non di grotta o capanna?) e, a differenza di Erode e di Gerusalemme che tremavano di spavento, cosa fanno? Entrano, si prostrano, adorano. Riconoscono la divinità di Gesù. Proprio loro. E i doni che portano hanno un valore simbolico altissimo che anche questo va ben compreso, perché altrimenti uno dice: ma che se ne fa un bambino di regali del genere? L’oro simboleggia il regno di Dio: a questo regno non appartiene solo Israele, ma anche i pagani, perché per Dio tutti gli uomini sono suoi figli, anche e proprio quelli che noi escludiamo. L'incenso era l'offerta che solo i sacerdoti ebrei potevano offrire al Signore, solo loro potevano avere un rapporto diretto con Dio. Questo dono indica dunque il fatto che questo privilegio passa a tutta l’umanità. E poi la mirra. La mirra, nella Bibbia, tra le altre cose, è il profumo della sposa verso il suo sposo. Uno dei privilegi di Israele era di considerarsi il popolo sposa di Dio, il Signore era lo sposo, Israele la sposa. Ebbene, anche questo privilegio, di essere considerata lo sposo di Dio, non è più esclusivo di Israele, ma passa a tutta l'umanità. E poi c’è la conclusione, bellissima. Essi fecero ritorno al loro paese percorrendo un’altra strada. Qualcosa era cambiato in loro. E in noi?