domenica 11 novembre 2018

CRISTO RE DELL’UNIVERSO

Questa celebre pagina evangelica possiamo intitolarla l’ultima tentazione di Cristo. Per tre volte, nel deserto, prima di cominciare la sua attività pubblica, Gesù era stato tentato da satana: “se sei figlio di Dio salva te stesso, se sei figlio di Dio usa il tuo potere, se sei figlio di Dio fa qualcosa di spettacolare per essere riconosciuto dalla gente”. E Gesù aveva rifiutato. E queste tentazioni terminavano nel
vangelo di Luca con una frase sibillina: “Il diavolo si allontanò da lui per ritornare all’occasione propizia”. Ed eccola qui, pochi istanti prima di morire sulla croce, l’occasione propizia, dove si scopre chi è satana. Satana sono i capi del popolo, i soldati e perfino uno dei due malfattori appesi sulla croce, che per tre volte gli dicono: “Salva te stesso”. Vuol dire che satana, il diavolo, non è un essere mostruoso con le corna. Diavolo vuol dire divisore, uno che crea disordine, che fa sembrare un bene il male e un male il bene. Per noi il bene è salvarci la pelle, per Gesù il bene non è salvare se stesso, ma gli altri. Per noi il bene è vivere per se stessi, ecco la tentazione diabolica. Per Gesù, invece, chi vuol salvare la propria vita la perde, cioè chi vive per se stesso distrugge la propria esistenza, mentre chi perde la sua via, cioè chi vive per gli altri, la realizza in pienezza. Noi, in fondo, vorremmo che Dio fosse come noi. Gesù vince questa tentazione: le sue capacità le ha sempre usate non per salvare se stesso, ma gli altri, e anche quando sta per morire e viene tentato di salvare se stesso, non cede. Voi mi togliete la vita, e io cosa faccio? Io ve la dono. Perché la vita è l’amore, non si può vivere senza amore. Uno che ti toglie la vita è perché non ha amore dentro di sé. Noi, a uno che fa il male perché non ha amore dentro di sé, cosa gli faremmo? Gli toglieremmo la vita, e vorremmo che anche Dio facesse così. Invece no. A chi fa il male, a uno cioè che non ha vita, non ha amore dentro di sé, Dio non lo distrugge, ma gli dona il suo amore, perché torni ad avere vita. Questa è la logica di Dio, del vero Dio, del Dio di Gesù, così diverso dal dio di tutte le religioni, dal dio che si inventano gli uomini. Per questo noi crediamo che Gesù è il vero Dio, perché un Dio così nessuno poteva inventarselo. Cristo è re non perché, come tutti i regnanti del mondo, domina, comanda, castiga e premia, ma perchè è colui che col suo Spirito governa tutti coloro che in mezzo al male sanno, come lui, rispondere col bene. E cosa succede quando io, consapevole del mio di male, dei miei limiti, quando penso che per me non ci sia possibilità di salvezza e di riscatto, cosa succede se in quel momento riesco almeno ad intuire qualcosa della straordinaria portata dell’amore di questo Dio? Può succedermi quello che accadde all’altro malfattore appeso in croce, quello che la tradizione ha chiamato e continua a chiamare a torto buon ladrone. A torto perché non c’è nulla in questo brano di vangelo che parla della bontà di questa canaglia, perché era un malfattore come l’altro, punto. Solo che questo rimane abbagliato dall’amore di un Dio così che sulla croce pronuncia parole di perdono verso tutti i malfattori che lo hanno messo in croce, proprio lui innocente. Ebbene, si sarà detto: ma guarda, allora c’è speranza anche per me, peccatore, bandito, delinquente, considerato da tutti lontano da Dio e perciò meritevole di punizione. La riprova è che si rivolge a Gesù con una fede spudorata e gli dice: “Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Non osa più di tanto, chiede soltanto di essere ricordato. E Gesù va al di là di tutte le sue aspettative e speranze, perché gli risponde: “In verità io ti dico: oggi con me sarai in paradiso”. Cioè, non solo gli dice che lo ricorderà un giorno, ma gli garantisce che entrerà immediatamente con lui in paradiso. Più che re, qui Gesù è il pastore che trova la pecora perduta e se la mette in spalla. Non lo fa neanche passare dal purgatorio, non gli chiede nemmeno se è pentito, perché il Dio che si manifesta in Gesù non è il Dio che guarda i meriti (infatti quell’uomo è un malfattore, di meriti non ne ha), ma è un Padre che guarda i bisogni dei suoi figli, e quell’uomo aveva bisogno di essere amato, perché il male lo fa sempre chi non si sente amato, per cui concede il suo amore non come un premio, ma come un regalo. Dal paradiso della Genesi Dio aveva cacciato l’uomo peccatore e, con Gesù, il primo a entrare in paradiso è proprio l’uomo peccatore. Per Gesù non esistono casi impossibili che l’amore di Dio non possa vincere. Da ora in avanti le porte del paradiso resteranno aperte per tutti quelli che riconoscono Gesù come re, qualunque sia il loro passato. Anche per quelle vicende umane che sembrano le più disperate c’è più che una speranza, c’è la certezza dell’amore di Dio. Perché il Dio di Gesù non è quello che punisce i peccatori, ma si prende cura di loro, perché Gesù, come aveva affermato, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto. Ed è forse perché già i primi cristiani facevano fatica a digerire che Dio possa amare tutti e mostrare ancora più amore verso coloro che noi invece ammazzeremmo, quelli che non sono bravi come noi, che venne creata la figura del ladrone buono. Venne pure inventato un nome per quest’uomo, Tito o Disma, come raccontano i vangeli apocrifi, e fu fatto anche santo, san Disma, e trovato perfino il giorno in cui celebrarlo, il 25 marzo, festa di San Disma, protettore dei condannati a morte, degli agonizzanti, di quelli che si convertono all’ultimo momento e anche delle case contro i ladri. Forse perché ci sembra troppo bello per essere vero che Dio possa amarci così, e allora dobbiamo trovare giustificazioni a un amore così smisurato. Ma l’amore, se è tale, o è gratis, senza interesse, o non è amore. Punto. E così è l’amore di Dio per noi. Ed è al volto di questo Dio che dobbiamo convertirci e farci governare.