giovedì 1 novembre 2018

TUTTI I SANTI 2018

Da sempre gli uomini sono soliti pensare che beati sono i furbi, i ricchi, quelli che hanno tanti soldi in tasca, i forti, i violenti, i potenti, quelli che vincono sempre le loro guerre. E, secondo me, se siamo onesti e ci guardiamo in faccia, la pensiamo così anche noi che pure siamo qui in chiesa e diciamo di essere discepoli di Gesù, cioè persone per le quali la Parola di Gesù è programma di vita. Peccato che
Gesù dica tutto il contrario. Beati, felici, si diventa in altro modo. Solo che è un modo che, a prima vista, se non è inteso bene, sembra un programma da masochisti, come se Gesù stesse dicendo che felici sono i miserabili, chi piange e viene perseguitato, perché poi riceverà un premio in paradiso. Il segreto per capire le beatitudini è capire chi sono questi poveri in spirito, gli afflitti, i miti, i perseguitati, ecc., ma soprattutto per quale motivo Gesù li proclama beati. Cominciamo allora a guardare la prima beatitudine, da cui derivano tutte le altre: beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli. I poveri in spirito sono coloro che, lasciandosi guidare dallo Spirito di Dio, si sentono figli amati dal Padre, fratelli di Gesù, e allora hanno come programma di vita non quello di pensare solo ad arricchire se stessi, ma di diventare più poveri per rendere meno poveri gli altri. Chi vive così è beato ora, dice Gesù, perché appartiene al regno di Dio. Il regno di Dio non è il Paradiso, ma è un nuovo modo di vivere i rapporti tra gli uomini, e si realizza quando qualcuno si lascia governare dallo Spirito di Dio che ci fa sentire figli amati dal Padre e ci da la forza di amare gli altri come fratelli. Vivere così, dice Gesù, è beatitudine, è gioia, adesso, non un giorno. Ecco perché le successive beatitudini hanno il verbo al futuro, perché si realizzano se impariamo ad essere poveri in spirito. Così gli afflitti saranno beati perché, se si lasciano governare da Dio, sentono la consolazione di Dio e diventano capaci a loro volta di consolare chi è nell’afflizione. I miti sono i poveri in spirito che non rispondono al male col male, e allora saranno beati perché riceveranno la terra promessa, cioè la vita stessa di Dio. Gli affamati e assetati di giustizia sono sempre i poveri in spirito che desiderano vivere secondo la logica di Dio, secondo cui c’è più gioia nel dare che nel ricevere: se vivranno così saranno beati perché la fame di amore che alberga nel cuore di ciascuno viene saziata. I misericordiosi sono i poveri in spirito che riversano sugli altri la misericordia di Dio che hanno ricevuto, e saranno beati perché continueranno a ricevere misericordia da Dio. I puri di cuore sono i poveri in spirito che non hanno doppi fini, che non amano per avere un tornaconto, che operano per la felicità degli altri disinteressatamente, e saranno beati perché vedranno il volto di Dio che si manifesta dov’è carità e amore. I costruttori di pace, infine, sono sempre i poveri in spirito che diventano capaci di creare legami di pace tra gli uomini, invece di seminare zizzania. Saranno beati perché Dio li riconoscerà come figli che gli assomigliano. E dunque, vedete come la proposta di Gesù per essere felici è alternativa a quella che abbiamo noi. Il punto è questo. Che la fede cristiana non è credere che Dio esiste o rivolgersi a Dio perché esaudisca i nostri desideri, ma fidarsi di quello che ha detto Gesù, della sua proposta: è solo provando a fare quello che Gesù ha detto che potremo capire se la nostra fede è ben riposta. Qual è il problema? Che ci sembra una strada perdente. Eppure è la strada percorsa da Gesù. Che però è stato messo sulla croce. Già. Infatti l’ultima beatitudine è riferita ai perseguitati per la giustizia e per causa sua, che sono i poveri in spirito affamati e assetati di giustizia, che cioè vogliono essere e vivere come Gesù, miti, misericordiosi, puri di cuore e costruttori di pace e che, proprio perchè fedeli a questo programma di vita, vengono perseguitati perché si attirano addosso l’odio di chi vive con una mentalità diversa. L’odio, si, che oggi può anche tradursi nel venire esclusi o sbeffeggiati nella società o sul mondo del lavoro, perché chi vive così rompe le “regole” del modo normale, comune, arrivista ed egoista di vivere. Ebbene, quelli che sono perseguitati perché vivono così, dice Gesù non che saranno beati (al futuro), ma adesso, perché di essi è il regno dei cieli. Dice anche: grande sarà la loro ricompensa nei cieli, che non vuol dire che adesso soffrono, poi in paradiso saranno ricompensati. La parola “cielo” indica Dio: ricompensa nei cieli vuol dire ricompensa in Dio, nel senso che Dio si prende cura di loro assicurandogli adesso una qualità di vita straordinaria, perché la gioia vera si ottiene solo facendo il bene e rispondendo al male col bene. Per Gesù, il male non è essere affamato, ma affamare, non è essere ucciso, ma uccidere, perché chi ama è unito a Dio, ha in sé la stessa vita di Dio, indistruttibile, capace di superare la morte anche quando finisce nel sepolcro. Chi vive così appartiene alla moltitudine immensa di ogni tribù, razza, popolo, lingua e nazione di cui parlava il brano dell’Apocalisse. Questi sono i santi. Per cui, dire “santo” o “beato”, cioè felice, è la stessa cosa. La parola “santo” significa “separato”. Dio è tre volte santo perché, a differenza nostra, è separato non da noi, ma dal male, e infatti è il Dio-con-noi che non ci ama per i nostri meriti, ma per quello che siamo, suoi figli, e così come siamo, coi nostri bisogni. I primi cristiani si chiamavano tra di loro santi perché cercavano di vivere separati non dagli altri, ma dal male, e il male, abbiamo detto, è quando non si opera per il bene delle persone. E vivere così è possibile per tutti, altrimenti perché mai il Signore ci avrebbe fatto questa proposta di vita? Ci sembra impossibile perchè, come dicevo, non ci fidiamo di lui, pensiamo che sia una strada perdente, e ci barrichiamo davanti alla “scusa” che “è difficile”. Difficile, anzi, impossibile per noi, ma non per Dio, perché Gesù non è venuto a portare gli uomini a Dio coi loro meriti che non ci sono mai, ma Dio agli uomini, per cui è Lui a rendere possibile questo cammino, se noi accogliamo il suo amore. Solo questo dobbiamo fare. Tutta la preghiera del Padre nostro, se la dicessimo comprendendo bene ogni frase, diventerebbe efficace davvero, perché è la richiesta al Padre di vivere le beatitudini, di vivere come figli che amano i fratelli, quindi liberi dal male. Sia fatta la tua volontà: la volontà di Dio è questa, che noi siamo felici, e felici lo diventiamo man mano che impariamo a vivere così. E siamo qui a celebrare l’eucaristia proprio per dire grazie al Signore ed essere riempiti della sua forza, del suo amore, per imparare ad essere in comunione con gli altri.