domenica 25 novembre 2018

II DOMENICA DI AVVENTO

 Ci sono pagine della Scrittura come quella del profeta Isaia che oggi ci propone la liturgia che ad una prima lettura superficiale sembrano molto distanti da noi: si parla di un futuro nel quale gli egiziani, nemici storici di Israele, parleranno la stessa lingua degli israeliti e avranno la loro stessa religione. Non solo gli egiziani, ma anche gli assiri, nemici degli egiziani e degli israeliti, andranno in Egitto, e
gli egiziani in Assiria, e insieme a Israele adoreranno tutti l’unico Signore. Un futuro che ancora ha da venire, considerando solo come anche oggi il Medio Oriente continua ad essere ombelico di guerre, battaglie e atti di terrorismo tra tutti i popoli che lo abitano. Anche il Salmo è sulla stessa linea: parla di Gerusalemme, chiamata Sion, perché costruita sul monte di Sion, la città di Dio, che vedrà come figli non solo gli ebrei, ma proprio tutti i popoli delle città e dei paesi nemici di Israele: Babilonia, cioè i popoli dell’oriente, Raab, che sarebbe l’Egitto, cioè i popoli dell’occidente, Tiro (una città della Libia) e la Filistea (che sarebbe l’attuale striscia di Gaza), cioè i popoli del Nord, e infine l’Etiopia, cioè quelli del Sud. Le parole di Isaia e del salmo, scritte 700 anni prima di Cristo, erano già a quei tempi rivoluzionarie per gli stessi ebrei, perché andavano contro la legge di Mosè che considerava tutti i popoli della terra impuri e pagani, nemici, da evitare, da combattere e da sottomettere. E quando Israele si trovava lui ad essere sottomesso, attendeva che Dio mandasse il Cristo, il Messia, il Figlio di Davide, che come Davide avrebbe preso il comando e guidato la riscossa di Israele. Gesù invece non venne a guidare nessuna rivolta. Ma non perché fosse d’accordo che i romani sottomettessero il suo popolo. Ma perché venne a rivelare che Isaia ci aveva visto bene. Per dirla con le parole di san Paolo agli Efesini: Gesù venne a “illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio”, cioè a rivelare qual è il progetto di Dio, il sogno di Dio, da sempre: che gli uomini si sentano suoi figli amati e che imparino ad amarsi tra loro come fratelli. Questo è il vero Dio, l’unico Dio, per cui chi combatte i fratelli nel nome di Dio bestemmia. E, sempre san Paolo, lui che da buon ebreo andava in giro a uccidere i cristiani, quando conosce Gesù, capisce che stava sbagliando tutto, e proprio lui avverte di essere stato scelto per annunciare a tutte le genti, cioè ai popoli pagani, “le impenetrabili ricchezze di Cristo”, aggiungendo che questo è il compito di tutta la Chiesa, che è il nuovo Israele. E non è un caso che Paolo scrive queste cose ai cristiani di Efeso, cioè a dei pagani (Efeso infatti è in Turchia). “I figli del Regno” è il titolo che la liturgia di oggi dà a questa seconda domenica di Avvento. Chi sono i figli del Regno? Tutti coloro che comprendono qual è il sogno di Dio e si adoperano per realizzarlo. Quanto ci vorrà per realizzarlo, considerando che Gesù per primo fu ucciso proprio perché i suoi contemporanei non accettavano che potesse essere questo il sogno di Dio, come del resto prima di lui perseguitarono i profeti che lo andavano dicendo? Senza contare le faide che hanno sempre contraddistinto la storia di tutti gli uomini della terra, che ci sono a tutt’oggi nel mondo e, come ricordavo prima, nel Medio Oriente, senza contare quelle ancor più scandalose tra gli stessi cristiani, per non parlare poi delle lotte, dei rancori che esistono anche nelle nostre comunità o all’interno di molte famiglie, tra vicini di casa o colleghi di lavoro. I telegiornali non parlano d’altro che di cronaca nera, e se lo fanno è perché sanno che l’audience, su certi argomenti, è molto alta. Quanto ci vorrà dunque perché questo sogno di Dio si realizzi, perché venga il suo regno? Qui entrano in gioco le parole di Giovanni Battista che abbiamo ascoltato nel vangelo. Egli “proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. “Battesimo” significa “immersione”: il battesimo di Giovanni era un gesto simbolico per indicare che occorreva morire al proprio passato e passare a un nuovo modo di pensare e quindi a un nuovo modo di vivere. Ecco, fino a che non capita questo, non si può accogliere il “battesimo in Spirito santo” operato da Gesù, che non è soltanto un rito che abbiamo ricevuto da piccoli per diventare cristiani, ma è l’accoglienza dell’amore di Dio, che a tutti dona questo Spirito, ad ogni uomo, di ogni tempo, quale che sia la sua cultura o religione. La costruzione del regno non è esclusiva di un popolo, ma richiede il contributo di tutti, in primis proprio noi cristiani che sappiamo di essere battezzati in Spirito santo. La differenza tra chi ha ricevuto il sacramento del Battesimo e chi non l’ha ricevuto non è che chi non l’ha ricevuto va all’inferno, mentre noi magicamente siamo salvi, ma che noi che l’abbiamo ricevuto sappiamo che Dio è Padre e che quindi dobbiamo aprirci all’azione dello Spirito. Alla luce di tutto questo, mi capite perché ripeto sempre che dire che l’Avvento è tempo di preparazione al Natale inteso come evento del passato è una frase vuota perché, se ci pensate bene, non vuol dire nulla, dal momento che Gesù è già nato duemila anni fa, e poi è morto, è risorto e ora è qui con noi (io sono con voi tutti i giorni per sempre). Piuttosto occorre comprendere le conseguenze di questa nascita nella carne. L’Avvento è pertanto prendere coscienza di come Gesù risorto continua a venire, a farsi carne, a nascere in ciascuno di noi, e viene quando noi creature diventiamo figli del Regno. E noi viviamo nell’attesa della sua venuta gloriosa, che sarà quando finalmente Dio sarà tutto in tutti, perché tutti impareranno a vivere come fratelli, cioè da figli del Regno. Allora si che sarà la fine del mondo, cioè la fine del vecchio mondo. Vedendo come vanno le cose, ne abbiamo così da attendere... Ma nel frattempo, ogni volta che uno di noi comincia a vivere da figlio del Regno, seguendo lo Spirito di Gesù, quello è il momento in cui Dio viene e finisce il vecchio mondo e inizia quello nuovo contemplato nel sogno di Dio nascosto da secoli e che Gesù ha rivelato.