domenica 16 agosto 2020

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Ferragosto è un giorno di festa in cui le persone o sono in vacanza o pensano a trovarsi per pranzare insieme. Il Ferragosto di quest’anno, poi, è diverso dal solito, per la pandemia che c’è stata in tutto il mondo, per le conseguenze nefaste che ha provocato, e che non è ancora finita. 

Oggi tutti vorrebbero distrarsi e provare a divertirsi un po’, e a noi cristiani che siamo qui in chiesa, la liturgia ci propone, in occasione della festa dell’Assunta, un brano molto particolare e drammatico del libro dell’Apocalisse che descrive l’apparizione in cielo di una donna vestita di sole, incinta, che grida per le doglie del parto, e di un drago che con la coda trascina sulla terra le stelle del cielo. Questo drago vuole divorare il figlio maschio partorito dalla donna, ma questo figlio, destinato a governare tutte le nazioni, viene rapito verso il trono di Dio, e Dio stesso si prende cura di questa donna nutrendola nel deserto per 1260 giorni. Questa donna rappresenta la nuova comunità dei credenti, la Chiesa, tutti noi, gravida dell’amore del Padre, che si trova a combattere contro il drago che rappresenta il male che c’è nel mondo, capace di scombussolare la vita di molte persone, che sono le stelle che con la sua coda riesce a trascinare sulla terra. La Chiesa, se è gravida dell’amore del Padre, vuol dire che è chiamata a partorire Cristo, e partorire Cristo vuol dire vivere il suo amore, compiere il bene in mezzo al male, come disse Gesù: chi ascolta e mette in pratica la mia parola è per me fratello, sorella e madre. Una dura lotta, che sembra infinita, dove il male sembra sempre avere il sopravvento, ma non è così, dura 1260 giorni, cioè tre anni e mezzo, che sono la metà di sette, il numero perfetto. Non sono indicazioni temporali, ma teologiche: indicano che il potere del male è limitato, a differenza del potere di Dio che è l’amore. Infatti, come canta Maria nel Magnificat, Dio disperde i superbi, rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote. E dunque, di chi e di cosa si sta parlando, cosa ci sta dicendo oggi il Signore? Non si sta parlando solo di Maria, ma si sta parlando di tutti coloro che come Maria appartengono a Gesù. Tutti apparteniamo a Gesù, perché tutto è stato fatto per mezzo di lui, però c’è chi lo sa e chi non lo sa. Noi cristiani lo sappiamo, però spesso ce ne dimentichiamo. Il Signore ci sta dicendo che tutta la storia dell’umanità e la storia di ciascuno di noi è una lotta continua tra bene e male, e spesso, come scrive Papa Francesco, ci lasciamo risucchiare dalle piccolezze della vita, siamo afflitti da dubbi e tristezze, ci sentiamo come stelle sbattute violentemente sulla terra, e non riusciamo ad alzare lo sguardo. Cosa succede se invece riusciamo ad alzare lo sguardo? Lo spiega san Paolo nel brano della prima lettera ai Corinti, dove si dice: Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. La primizia sono i primi frutti del raccolto. Ai primi frutti seguono tutti gli altri, che sono della stessa qualità, e infatti san Paolo prosegue dicendo che prima risorge Cristo e poi, a seguire, quelli che sono di Cristo, ognuno a suo tempo. Come le prime mele mature sono il segno che poi maturano le altre, il fatto che Cristo è risorto è il segno che risorgeranno tutti quelli che sono in lui, che appartengono a lui. E chi sono quelli che appartengono a lui? Lo abbiamo detto: sono tutti coloro che come Maria hanno vissuto, come lui, da figli, amando gli altri come fratelli. “Risorgeranno” vuol dire due cose. È un verbo al futuro, anche se in altri passi viene usato al presente. La risurrezione non è solo una cosa che riguarderà la vita dopo la morte del corpo, ma è una realtà che comincia già adesso, se però ce ne rendiamo conto, e finchè non ce ne rendiamo conto, sarà sempre qualcosa che riguarda il futuro. Noi siamo già risorti perché sappiamo che se siamo gravidi dell’amore di Dio, che Dio è dentro di noi, non dobbiamo aver timore di nulla, né di fare il bene in mezzo al male, né di sperare quando ci sembra di essere disperati. E anche la morte del corpo non deve diventare motivo di disperazione, perché chi vive in questa vita anche solo una briciola dell’amore vissuto da Gesù, se Gesù è risorto, sarà così anche per noi. La risurrezione non è qualcosa che riguarda solo Gesù, altrimenti sarebbe inutile. Quando noi diciamo che Gesù risorto è asceso al cielo, non vuol dire che Gesù si trova in cielo, perché il cielo è un’immagine per parlare di Dio. Gesù asceso al cielo vuol dire che è entrato pienamente nella condizione divina. Risorgere, allora, vuol dire ascendere al cielo, entrare pienamente in comunione col Padre. Maria è una creatura come noi, è nostra sorella, e contemplarla assunta in cielo vuol dire contemplare in lei il destino che il Signore ha riservato per tutti noi. La morte, di per sé, è un evento naturale, anche quando capita non per vecchiaia, ma per colpa di un incidente o di una malattia, solo che noi viviamo la morte come un evento disastroso, come un nemico, perché pensiamo sia la fine di tutto. Invece Paolo scrive che questo ultimo grande nemico dell’uomo è stato sconfitto, non perché il nostro corpo non morirà, ma perché la morte del corpo non è la fine, ma il passaggio alla piena comunione con Dio, per cui il traguardo della vita non è il cimitero. San Francesco d’Assisi, nel Cantico delle Creature, chiamava la morte non nemica, ma sorella, e l’assunzione di Maria che oggi celebriamo ci ricorda questa verità stupenda che ci apre alla speranza, e cioè che la morte del corpo non interrompe la vita, ma è il momento in cui il seme porta frutto, è il momento delle nozze. E se ogni giorno impariamo a sentire in noi l’amore del Padre, a morire al nostro egoismo, a partorire Cristo facendo il bene, a combattere il male, siamo già risorti adesso.