domenica 15 gennaio 2023

15/1/23 II DOMENICA DOPO EPIFANIA (ANNO A)

Non è vero che l’Epifania tutte le feste le porta via, perché l’Epifania è la memoria delle prime manifestazioni pubbliche della divinità di Gesù, che sono quella davanti ai Magi, quella del suo Battesimo al Giordano che abbiamo celebrato domenica scorsa, quelle delle nozze di Cana che 

celebriamo oggi, quella della condivisione dei pani e dei pesci che sarà domenica prossima. Ecco perché stiamo vivendo il tempo liturgico che si chiama “dopo l’Epifania”. Questi racconti descrivono episodi della vita di Gesù nei quali egli manifestò la sua gloria, e per l’evangelista Giovanni, quello delle nozze di Cana fu il primo, come abbiamo appena letto. Cos’è la gloria di Dio? La gloria di Dio è il suo amore senza misura verso di noi. E tutta la vita di Gesù è stata un’epifania, la manifestazione di questa gloria, che raggiungerà il suo culmine nell’ora della morte sulla croce. Ecco perché in questo vangelo Gesù risponde alla madre dicendo: non è ancora giunta la mia ora, poi però interviene lo stesso, e continuerà a farlo tante altre volte prima dell’ora della sua morte, in altri modi molto concreti, non solo a parole, molti dei quali siamo stati abituati a chiamarli miracoli, come quello delle nozze di Cana. Ho avuto modo, in diverse occasioni, nelle catechesi per gli adulti, soprattutto, di affrontare il tema dei miracoli, che è molto ampio e complesso, però vorrei provare a dire qualcosa anche adesso, per suscitare domande sia a chi crede sia a chi non crede o è dubbioso perché, vedete, di fronte alla figura di Gesù, molti ammirano e apprezzano il suo insegnamento, ma rifiutano la sua divinità e tutti i racconti prodigiosi, non solo di Gesù, ma che sono presenti in tutta la Bibbia. Del resto, i vangeli e gli Atti degli Apostoli sono pieni di racconti di prodigi, pensiamo solo al concepimento di Gesù, e poi di guarigioni da malattie, disabilità, e poi ci sono esorcismi, risurrezioni. Ma anche l’Antico Testamento è pieno di questi racconti, come quello che abbiamo ascoltato prima, scelto dalla liturgia perché si collega col vangelo, quando Mosè alza la mano, percuote la roccia col bastone, e dalla roccia esce l’acqua. La cosa divertente è che in tutta la Bibbia, nonostante tante sbagliate traduzioni del passato, questi fatti non vengono mai chiamati col nome di miracoli, perché il miracolo che cos’è? Se andate a leggere sul vocabolario trovate che “miracolo” significa: cosa meravigliosa, fenomeno che si verifica in contrasto con le leggi della natura e che testimonia l’intervento di un potere sovrannaturale, qualcosa, dunque, che la scienza non può dimostrare. Quindi, i miracoli sarebbero davvero epifanie, manifestazioni della divinità, cioè la prova che chi li compie o è un uomo come Dio, pensiamo ai santi, o è Dio stesso. Tenete conto che attestazioni di veri o presunti miracoli ci sono anche in altre religioni. Peccato che, nel corso degli anni, tante cose che un tempo erano inspiegabili, poi la scienza le ha spiegate. Inoltre: perché Dio dovrebbe andare contro le leggi della natura che ha creato lui? E poi perché lo fa solo in alcune circostanze e in altre no, verso qualcuno si e verso altri no? Se invece di trasformare litri d’acqua in vino per gli invitati a un matrimonio che già erano ubriachi, intervenisse oggi per mettere tante pezze al mondo, guarendo per esempio tutti i malati, non sarebbe meglio? In realtà, quelli che noi chiamiamo miracoli, la Bibbia li chiama segni. Cosa sono i segni? I segni sono, per esempio, i cartelli con scritto “ristorante” (infatti si chiamano insegne): non sono il ristorante, ma te lo indicano, tu non ti metti sotto il cartello ad aspettare che ti arrivi da mangiare, ma segui quel cartello, quel segno, per andare al ristorante. Lo stesso vale per tutti quei fatti prodigiosi narrati dalla Bibbia: bisogna capirli e interpretarli, altrimenti si entra nel ginepraio di contraddizioni che spiegavo prima.  Quindi, quando si leggono questi racconti, occorre capirli e interpretarli. Nello specifico delle nozze di Cana, ora non entro in tutti i particolari, come ho fatto altre volte, perchè ho voluto soffermarmi sul tema dei miracoli, e non abbiamo dunque il tempo per farlo, però, in sostanza, perché Giovanni scrive che fu il primo dei segni coi quali Gesù manifestò la sua gloria, che abbiamo detto essere l’amore infinito di Dio per noi? Gli sposi di queste nozze, di cui, se avete notato, non si parla, perché rappresentano Dio e il suo popolo. I profeti parlavano dell’alleanza tra Dio e il suo popolo paragonandola all’amore che unisce uno sposo alla sua sposa. I capi religiosi e buona parte del popolo non vivevano più un rapporto d’amore con Dio: Dio era diventato un padrone da servire, a cui obbedire, che chiede, che ama quelli che lo meritano, che fa sentire in colpa. Un rapporto senza vino, cioè che non infonde gioia e vita. Com’è purtroppo il rapporto che hanno con Dio ancora oggi tanti cristiani, nonostante il segno operato da Gesù. La trasformazione dell’acqua in vino è il segno col quale Gesù mostra di essere venuto per inaugurare un nuovo modo di vivere il rapporto con Dio: a Dio non bisogna obbedire, ma accogliere il suo amore capace di trasformare la nostra vita. Per cui, mi viene da concludere dicendo che il vero miracolo è quando finalmente riusciamo a vivere così il nostro rapporto con Dio.