sabato 7 gennaio 2023

6/1/23 EPIFANIA

Che cosa portiamo via da questa eucaristia? come in ogni eucaristia ci siamo nutriti del corpo e del sangue del Signore, di questo Dio che si vuole fondere con noi, che vuole prendere la nostra carne per farci diventare come lui, e questo è il senso del Natale. E come Lui lo si diventa ascoltando la sua 

parola e mettendola in pratica. E oggi cosa ci ha detto la sua Parola? Prima di tutto è una parola che è stata proclamata in una festa particolare, l’Epifania. Epifania sappiamo che vuol dire “manifestazione della divinità”. Perché in questo giorno si legge solennemente la data della Pasqua? Perché è la Pasqua che dà origine a tutte le feste, è la Pasqua l’Epifania più grande di tutte: se Cristo non fosse risorto, la nostra fede non servirebbe a niente, tantomeno il nostro essere qui, Dio non potrebbe fondersi con noi. Un’altra cosa: se avete ascoltato attentamente le parole del prefazio ve ne sarete accorti: si parlava non solo dell’adorazione dei Magi, ma anche del battesimo di Gesù e delle nozze di Cana. Perché? Nei primi secoli del cristianesimo non c’era ancora l’anno liturgico, si celebrava solo la Pasqua. Successivamente nacquero le altre feste e, in origine, il Natale era celebrato in questo giorno, tanto è vero che i cristiani dell’oriente celebrano oggi il Natale, che è la manifestazione, l’epifania di Dio nella carne umana, e questa festa dell’Epifania racchiudeva anche le due prime manifestazioni di Gesù quando iniziò il suo ministero, quella del suo battesimo al Giordano e durante le nozze di Cana. Il nostro rito Ambrosiano evidenzia molto questo aspetto, e infatti fa proseguire questa festa nelle prossime settimane fino all’inizio della Quaresima, settimane che, non a caso, si chiamano “dopo l’Epifania”: domenica prossima celebriamo infatti il battesimo di Gesù, e tra due domeniche si leggerà il Vangelo delle nozze di Cana. Non è dunque vero che l’Epifania tutte le feste le porta via, ma è vero esattamente il contrario. Ora proviamo a capire che cosa ci dice oggi la parola del Signore e, in particolare, quella del Vangelo. Avendo noi separato la festa del Natale da quella dell’Epifania, corriamo il rischio di pensare questa festa come se fosse qualcosa di diverso dal Natale: Natale è quando nasce Gesù, Epifania è quando arrivano i Magi. Ma è questo che ci raccontano gli evangelisti? In realtà, il giorno di Natale si legge il racconto della Natività secondo Luca, e il giorno dell’Epifania, oggi, abbiamo letto quello secondo Matteo, e sono due racconti completamente diversi che concordano solo sul fatto che Gesù sia nato a Betlemme. Non mi metto certamente spiegare tutte le differenze tra questi due racconti, primo perché faremmo notte, secondo perché in tanti modi in questi anni, nelle omelie, nelle catechesi e nei video che ho pubblicato, ho avuto modo di spiegarle, dicendo come i Vangeli non sono delle biografie di Gesù, e che i vangeli della Natività sono scritti dagli evangelisti non per raccontare come sono andati i fatti, ma per anticipare gli insegnamenti che Gesù darà, anticipandoli nei racconti della sua nascita. E ogni evangelista lo fa a modo suo. Se noi facciamo di ogni erba un fascio, corriamo il rischio di non capirci più niente o meglio, di far diventare questi racconti delle favole, e tutti i personaggi li riduciamo a semplici statuine del presepio, mentre questa, come dicevo, è Parola di Dio che vuole comunicarci qualcosa di importante, in particolare attraverso questi personaggi. Soffermiamoci sul racconto di Matteo. Matteo, come vedete, non parla di angeli e di pastori, e non fa nemmeno nascere Gesù in una mangiatoia, ma in una casa, e scrive semplicemente che quando nacque Gesù arrivarono dall’oriente alcuni Magi. Luca parla dei pastori perché i pastori erano considerati dagli ebrei dei reietti da Dio, dei peccatori che non potevano ottenere la salvezza perché non partecipavano al culto del tempio e vivevano di ruberie, si pensava che, quando Dio avrebbe mandato il Messia, sarebbero stati tutti sterminati. Invece, il primo annuncio della nascita di Gesù viene dato proprio ai pastori, e infatti tutto il Vangelo di Luca racconta la misericordia di Dio verso i peccatori. Dei pastori non si parlerà più in tutto il Vangelo, appunto perché sono personaggi che rappresentativi, che ritornano nelle figure dei peccatori che vengono salvati da Dio, per insegnare che l’amore di Dio non si merita mai, è un dono per tutti che va solo accolto. Matteo, invece, scrive che quando nacque Gesù arrivarono dall’oriente alcuni Magi. Questi Magi rappresentano i popoli stranieri: anche loro gli ebrei pensavano che fossero esclusi dalla salvezza, e invece sono i primi a riconoscere che quel bambino era il figlio di Dio. Anche dei Magi Matteo non parlerà più in tutto il Vangelo, ma parlerà di tutti gli stranieri, dei popoli di tutto il mondo ai quali il Signore risorto invierà i suoi discepoli, quindi, anche noi dobbiamo sentirci ben rappresentati dei Magi, perché noi non siamo ebrei. Davvero l’amore di Dio è universale: Dio chiama ogni uomo a diventare come lui se viviamo come figli amando ogni uomo come fratello. Ma questi Magi che, come vedete non erano tre e neppure re (appunto perché non sono statuine del presepio), leggendo attentamente il racconto, ci accorgiamo che racchiudono in sé altri simboli esistenziali che ci toccano da vicino, perché Matteo ce li presenta come uomini che cercano il senso della vita, che si mettono in cammino, che cercano Dio, e scoprono che Dio non è più da cercare, ma solo da accogliere. Ma per trovare la risposta alle loro domande di ricerca, devono andare a Gerusalemme dove gli viene letta la Parola del Signore che indica il luogo dove troveranno la risposta a tutte le loro domande, e questo diventa un insegnamento grande: non basta farsi le domande, ma occorre cercare le risposte nella parola di Dio. Però, questa parola non è sufficiente ascoltarla, ma bisogna viverla, metterla in pratica, come Gesù insegnerà in tutto il Vangelo, perché, se la fede è credere che Dio è Gesù, credere vuol dire fidarsi di quello che Gesù ci ha detto di Dio e metterlo in pratica. Erode, gli uomini religiosi, gli abitanti di Gerusalemme che leggono le profezie, a differenza dei Magi, erano solo uditori di questa parola, perché essi rimasero lì, e non andarono a verificare se davvero a Betlemme, a due passi, queste profezie si fossero realizzate o meno, mentre i Magi ci andarono e furono colmati di gioia. Che sia così anche per noi.