domenica 29 gennaio 2023

29/01/23 IV DOMENICA DOPO EPIFANIA FESTA SANTA FAMIGLIA

La legge che il Signore aveva dato ad Israele prevedeva che il primogenito maschio venisse portato al sacerdote nel Tempo per essere offerto a Dio. Sotteso a questo gesto c’è un’idea molto importante e sempre valida: un figlio non appartiene ai genitori, ma a Dio, quindi è chiamato a costruire il suo futuro 

non secondo il volere dei genitori, ma secondo il volere di Dio. E siccome tutti siamo figli di Dio, questo vale per ciascuno di noi. Di contro, va detto, però, che questo rito, nei confronti di Gesù, era qualcosa di perfettamente inutile, perché non aveva senso offrire a Dio colui che era la sua incarnazione. A Maria era stato detto che avrebbe concepito e partorito il figlio di Dio, Giuseppe era stato detto di non temere di prendere come sposa Maria Perché il figlio generato in lei era di Dio, quando Gesù era nato gli angeli avevano annunciato ai pastori che era nato il salvatore del mondo, i Magi dall’oriente erano venuti ad adorarlo eppure cosa fanno Maria e Giuseppe pochi giorni dopo la nascita di Gesù? Riprendono la vita di tutti giorni come se niente fosse accaduto, continuano a compiere da bravi fedeli ebrei quello che prevedeva la legge del Signore in maniera sincera, ma meccanica, senza consapevolezza di quanto era loro accaduto: avevano Dio tra le braccia, quel bambino era il tempio di Dio, ed essi vanno al Tempio ad offrirlo al Signore? Cominceranno a prendere consapevolezza di questo fatto dopo che, entrati nel Tempio, ad accoglierli non sarà un sacerdote, ma un uomo giusto e pio di nome Simeone, un profeta, perché guidato (lui si) dallo Spirito santo, che prende in braccio Gesù bambino quasi strappandolo dalle mani di Maria per impedire questo inutile rito. Infatti, questo episodio che oggi ci offre la liturgia, si conclude dicendo come i suoi genitori rimasero stupiti, sconvolti. E meno male! Ecco, se ci pensate bene, anche per noi è così: noi corriamo troppo spesso sul serio rischio di andare avanti anche tutta la vita a compiere tante devozioni, a celebrare molti riti, senza renderci conto della loro portata, senza lasciarci sconvolgere davvero la vita dalla novità portata da Cristo. Basti una domanda: il Natale che abbiamo celebrato da non molti giorni, cosa ha cambiato dentro di noi e nella nostra vita? E questo vale in riferimento a tutti i sacramenti. Col Battesimo siamo diventati tutti figli del Padre, fratelli di Gesù, chiamati ad avere il suo stesso destino, a risorgere, e ognuno di noi diventa il tempio, la dimora, la casa dello Spirito santo, eppure, poi, ci lasciamo vincere dalla tristezza e dall’angoscia nei momenti difficili. Sempre col Battesimo, siamo tutti entrati a far parte della grande famiglia di Dio che è la Chiesa, poi, però, poi viviamo isolati, invece di desiderare l’incontro tra di noi. Con la Cresima, lo Spirito santo dà a ciascuno la forza di assumere dei compiti nella comunità cristiana e di essere nel mondo discepoli e testimoni di Cristo, e invece, tante volte, al lavoro, a scuola, in casa, viviamo come se Gesù non ci fosse e, quelli che ci incontrano, non riescono a vedere che noi siamo cristiani. Ci sono cristiani nel mondo perseguitati e uccisi, come testimonia la statua della Madonna proveniente dall’Iraq deturpata dai talebani che in questi giorni ha peregrinato nelle nostre chiese, cristiani che per andare a Messa rischiano la vita. Se sono pronti a sfidare la morte, vuol dire che, per loro, l’incontro con Gesù è davvero qualcosa di stupendo, sconvolgente e importante, mentre noi, magari, facciamo fatica ad andare a Messa solo perché vorremmo dormire un’ora in più. Perché? Perché la Messa è lunga e noiosa, vissuta come se fosse un dovere, e abbiamo sempre qualcosa di meglio da fare. Se invece capissimo che è l’occasione in cui ritrovarci insieme nel nome di Gesù per ascoltare, almeno una volta la settimana, la sua Parola e per nutrirci del suo corpo e del suo sangue che ci danno la forza di trasformarci, di diventare come lui, penso che tutti ci verremmo invece sempre con gioia. Pensate quello che dicevano le due letture: abbiate sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda, perdonandovi quando vi lamentate gli uni degli altri, amate i genitori e i poveri. Che meraviglia se nelle nostre famiglie si vivessero tutte queste cose: spesso non è così, e uno dice: sarebbe bello, ma è difficile, quasi impossibile. Proprio per questo abbiamo bisogno di Dio e della sua forza, che ci viene data proprio qui. Per non parlare del sacramento della confessione dove il Signore ci accoglie col suo abbraccio per dirci che ci vuol bene con tutti i nostri difetti, così come siamo, e invece, a confessarsi, ormai ci va quasi nessuno. Ma siamo in buona compagnia: come dicevo, Maria e Giuseppe avevano tra le braccia il Salvatore del mondo che era appena nato, eppure, invece di lasciarsi sconvolgere la vita da questo Signore, qualche giorno dopo si mettono a rifare le stesse cose che facevano prima. Ma il loro stupore li condusse, pian piano, a cambiare. Che sia così anche per noi.