domenica 22 gennaio 2023

22/01/23 III DOMENICA DOPO EPIFANIA

Quello di oggi è uno di quei brani di vangelo così famoso da essere travisato, già dal titolo: il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Se lo leggiamo attentamente, invece, ci accorgeremo che non è un miracolo e che Gesù non moltiplica niente. Il centro del racconto sono le parole che si ripetono 

sempre ogni volta che celebriamo l’Eucaristia: prese il pane, levò gli occhi al cielo, benedisse, spezzò e diede. Vedete, Gesù non moltiplica, ma spezza e, spezzando, dividendo, tutto si moltiplica. In queste parole è contenuto tutto quello che la Bibbia dice di Dio e di noi, e i Vangeli sono stati scritti dai primi cristiani per commentare e capire queste parole, per capire sempre di più cosa stavano facendo quando si riunivano la domenica per celebrare l’eucaristia, quindi questo episodio è scritto non per raccontare un miracolo, ma per aiutarci a capire cosa sta succedendo e cosa deve succedere a noi che oggi siamo venuti a Messa. Il primo versetto che, stranamente, è stato saltato, dice che i discepoli che erano stati mandati da Gesù in missione, e tornano da lui per raccontargli quello che avevano fatto: erano andati a parlare di Dio alla gente, e ora tornano da Dio per parlare a lui della gente che hanno incontrato. La parola “Messa” vuol dire “essere mandati”. “Andiamo in pace, nel nome di Cristo” sono le ultime parole di ogni celebrazione: domenica scorsa siamo stati mandati a vivere quello che avevamo celebrato, e ora siamo tornati qui per fare il punto della situazione e raccontare a Gesù quello che abbiamo vissuto: abbiamo parlato di Gesù con la nostra vita e le nostre azioni alle persone che abbiamo incontrato? Ecco che Gesù li prese con sé in disparte e si ritirò per stare con loro: è quello che sta succedendo adesso. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Ecco, questo, purtroppo oggi succede poco: sono sempre meno le persone che vengono a Messa la domenica. Forse perché, a differenza di quei primi discepoli, non siamo stati attrattivi, nel senso che non si sono accorti che vale la pena seguire Gesù perché, vedendo noi, non si sono accorti che siamo diventati persone nuove? Bella domanda. Sta di fatto che Gesù accolse tutti parlando del Regno, e guarendo quelli che avevano bisogno di cure. Nella Messa, la Parola di Dio che viene proclamata ha il potere di guarire quanti l’ascoltano veramente. Il rischio, invece, è quello di farla passare sopra le nostre teste. Infatti cosa accade? “Il giorno cominciava a declinare”: questa indicazione rimanda all’Ultima Cena quando viene istituita l’eucaristia: tramonta il nostro giorno e inizia il giorno del Signore. La Messa è l’anticipo del Paradiso, perché il Signore vivente si rende presente per stare con noi, pensate che bello. Eppure, Gesù aveva appena parlato e dato l’esempio, prendendosi cura di tutti quelli che avevano bisogno, e i suoi discepoli, che avevano udito e visto, cosa pensano bene di cavarsela? Dandogli un consiglio ridicolo: manda via la folla, che si arrangino ad andare a comprare da mangiare, ognuno tenga il suo. E’ lo stesso ragionamento di noi bravi cristiani: sono venuto a Messa, magari un po’ lunga, forse si, ho ascoltato delle belle parole, adesso ognuno a casa sua, chi s’è visto s’è visto, arrivederci a domenica prossima. E Gesù cosa risponde? “Voi stessi date loro da mangiare”, che si può intendere in due modi: adesso dovete prendervi cura degli altri; ma anche: diventate voi cibo per gli altri. Nell’Ultima Cena dirà: fate questo in memoria di me, che è la stessa cosa. Noi veniamo a Messa non per adempiere un dovere, ma per essere trasformati e diventare come Gesù persone nuove, figli del Padre che si prendono cura dei fratelli. Ma è una proposta così impegnativa che subito abbiamo da obiettare per giustificare il nostro egoismo: abbiamo solo cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo a comprare viveri per questa gente. Cioè: belle parole, Gesù, ma dobbiamo vivere noi, quello che abbiamo basta solo a noi stessi, il problema sono sempre i soldi, il comprare. Gesù è di un altro parere. Cinque più fa sette, e sette è il numero della perfezione: tutto quello che abbiamo è perfetto, è sufficiente. E, a questo punto, Gesù, non fa nessun miracolo, ma ci dice cosa dobbiamo fare: offriamo a lui tutto quello che abbiamo, poco o tanto che sia, riconosciamo che tutto è un dono, offriamogli la nostra vita (è quello che faremo tra poco presentando il pane e il vino. E lui cosa fa? prende quello che gli diamo, non lo tiene per sé, non si mangia lui i pani e pesci, rende grazie a Dio e lo spezza, lo divide, perché sia con-diviso, diviso con gli altri. Quello che si divide, si moltiplica. È la matematica di Dio. È astuto dire che Gesù ha moltiplicato i pani così io, che non so moltiplicare i pani, mi sento esonerato. Invece no, Gesù ha diviso il pane e questo lo so fare anch’io; il miracolo avviene se divido il pane, se io, uscendo di qui, divento pane per gli altri. Cioè, faccio quello che ha fatto Gesù, quello che fa Dio. Nell’eucaristia, Dio si fa pane per tutti perché tutti, mangiando di quel pane, abbiamo a trasformarci diventando come Dio, pane per gli altri. E non si tratta immediatamente e solo di dare dei beni o di andare in giro a fare l’elemosina: si tratta proprio di assumere uno stile di pensiero e di vita che segue la logica del donarsi, del non pensare solo ai propri bisogni, stando male perché non ci basta mai, ma a quelli degli altri. Questo è il Regno di Dio, questa è la sua volontà: non di farci andare un giorno in Paradiso, ma di farci costruire qui su questa terra il Paradiso. E noi abbiamo bisogno ogni domenica di tornare qui, di essere qui, per sentirci non solo ripetere queste cose, ma per ricevere da Dio stesso la forza di poterle vivere durante i giorni della settimana.