domenica 18 giugno 2023

18/06/23 III DOMENICA DI PENTECOSTE (ANNO A)

Quante cose ci sarebbero da dire sulle letture di questa domenica. Partiamo dal famoso racconto preso dal secondo capitolo del libro della Genesi dove, con simboli e immagini da decifrare, si spiega chi è ogni essere umano, cioè chi siamo noi. Nel primo capitolo c’è scritto che noi siamo animali, ma creati a 

immagine di Dio, e qui si dice la stessa cosa spiegando che siamo plasmati da Dio con la polvere del suolo, come il vasaio che plasma la creta per fare le sue opere. Vuol dire che siamo fragili e mortali, e per questo tutti fratelli, figli della stessa terra, posti tutti nel medesimo giardino, non per distruggerlo, ma per custodirlo e coltivarlo. Per questo, tra tutte le opere di Dio, noi siamo la più bella e la più importante, quella in cui Dio si rispecchia: vedendo noi, Dio vede sé stesso: che fiducia! Si dice che, a volte, credere in Dio sia difficile: credo che sia più difficile per Dio credere in noi, ma non smette di farlo, nonostante tutto. Poi dipende da noi, certo, dalla nostra libertà, perché, mentre gli animali possono sempre seguire solo l’istinto, per cui, qualunque cosa facciano, non hanno né meriti né colpe, noi abbiamo la libertà poter scegliere, se usare il nostro potere per fare il bene e per fare il male. Il divieto di mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male, che chiaramente non è un albero di mele, significa che non dobbiamo pensarci al di sopra del bene e del male, credere la libertà sia fare quello che si vuole, ma accettare i nostri limiti, farli diventare motivo per aiutarsi e farsi aiutare, usare il nostro potere per fare il bene: è così che si raggiunge la felicità, si costruisce il Regno di Dio e abbiamo in noi la sua stessa vita, una vita di una qualità tale che neanche la morte del nostro corpo potrà distruggere. Di questo è simbolo l’altro albero del giardino, l’albero della vita, di cui infatti Dio non proibisce di mangiarne i frutti. Fare il contrario, cioè non vivere secondo la legge dell’amore, come scrive san Paolo nel brano della lettera ai Romani, vuol dire invece andare incontro alla morte. Ma Dio, come abbiamo letto nel vangelo, “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”, cioè la stessa vita di Dio. E cosa vuol dire credere in Gesù? Vuol dire amare come Gesù, vivere come Gesù. Perché? Perché è Gesù il vero modello di uomo, è Gesù l’uomo vero a somiglianza di Dio, l’uomo come Dio lo ha pensato: “chi vede me, vede il Padre”. Chi crede in lui non è condannato, perché vive in pienezza la sua umanità. Invece, chi crede il modello di uomo sia un altro, è condannato, nel senso che è fregato, non realizza la sua esistenza umana. Non so se avete mai visto quelle magliette su cui c’è scritto: Dio c’è, ma non sei tu, rilassati! Eppure, Dio vuol farci diventare signori, come lui è il Signore. Infatti, ci ha resi signori di un giardino in cui scorrono fiumi, simbolo di vita, pieno di cose preziose, belle e ricche. Quindi non è sbagliato voler essere come Dio. Qual è il problema? È che su Dio noi proiettiamo i nostri peggiori deliri di onnipotenza, per cui, quando uno desidera essere come Dio spesso lo intende come voler diventare padrone di tutto, poter fare quello che si vuole, spesso a scapito degli altri, pensare a sé stessi e al proprio interesse. Oppure presumere di avere la ricetta giusta per mettere a posto tutte le cose, per sistemare il mondo e fare giustizia. E’ per questo che, a chi pensa di essere come Dio viene detto: rilassati. Ma Dio non è questo: Dio è amore, perdono, servizio, vita. E’ giusto voler diventare come Dio, è lui stesso ad averci messo dentro questo desiderio, ma diventare come Dio vuol dire diventare come Gesù, perché è Gesù che ci ha fatto vedere chi è Dio morendo sulla croce per i propri nemici, quindi, se vogliamo diventare come Dio, il modello di uomo a cui dobbiamo fare riferimento è Gesù Cristo. E qui mi si consenta (non uso a caso questa espressione) di porre a tutti, a me per primo, una domanda molto importante, domanda che tutti noi che siamo qui in chiesa, che ci proclamiamo discepoli di Gesù e che tra poco esprimeremo nel Credo la nostra fede, dobbiamo farci: il modello di umanità a cui aspiro è quello di Gesù oppure è quello dell’uomo di potere, ricco, di successo, che vuole apparire, che vive nella logica dell’avere e del comandare, al di là del bene e del male?

P.S. Mi ha colpito che, in questi giorni, mentre morivano in mare circa 600 migranti, in Italia si è svolto il processo di beatificazione di Silvio Berlusconi. Non è mio intento dare giudizi sulle persone, e quindi nemmeno sulle luci e le ombre dell’operato morale e politico di quest’uomo, come di ogni altro essere umano fatto dalla polvere della terra, quindi sul bene che ha compiuto e per il quale in tanti gli sono grati, o sul male che possa aver fatto nel corso della sua vita. E’ invece sul modello di uomo che Berlusconi ha rappresentato che vorrei porre la nostra attenzione. Col suo modo di presentarsi e di fare, Berlusconi si presentava davvero come il Dio in terra, ma quale Dio? Quello di Gesù o quello dei propri deliri di onnipotenza? Se a me non piacciono i processi di demonizzazione, deve essere altrettanto chiaro, almeno per noi cristiani, che i processi di beatificazione si fanno per quelle persone che hanno cercato di incarnare nella loro vita il modello di uomo che è Gesù Cristo. Al di là di tutto il bene importante che anche Berlusconi ha compiuto, è il modello di uomo secondo Gesù quello che Berlusconi ha incarnato? Cosa giustifica allora questo processo popolare di beatificazione? La risposta la trovo in un pensiero che ho letto, a proposito, di Vito Mancuso: Berlusconi ha rappresentato, in fondo, quel modello di uomo a cui tutti aspiriamo, per cui, semmai, il problema non è “il Berlusconi in sé, ma il Berlusconi che è in me”.