LA CHIESA DELLA CARITA’ PER LA VITA DEL MONDO
Più che una catechesi, questa è una riflessione personale ispirata al tema della catechesi (vedi titolo) sviluppato dal Cardinal Martini nel settimo incontro di Scuola della Parola che fece nel lontano 1986. E’ proprio dalle Scuole della Parola dell’anno pastorale 1985/86 che hanno tratto ispirazione le catechesi
sulla Chiesa di quest’anno. Tra le tante cose che dice Martini in questo settimo incontro, mi sono soffermato solo una, che è quella che vorrei comunicarvi, e poi vi spiego perché. Il Cardinale commenta il capitolo 9b della Costituzione Lumen Gentium, definendola una delle pagine più belle di tutto il Concilio, una stupenda contemplazione della Chiesa. Invito anche voi ad andare a leggerla. L’affermazione che “la Chiesa è il popolo di Dio in cammino che ha per capo Cristo che regna glorioso”, non è cosa da poco. Vuol dire prima di tutto che Gesù è sempre presente nella sua Chiesa e vive come risorto. Ma vuol dire che il popolo di Dio non è limitato a noi che ora siamo qui, ma è tutta l’immensa moltitudine di coloro che si riferiscono a Cristo come capo, quindi Maria, gli apostoli, i santi, tutta la Chiesa di tutti i tempi. Citando sant’Ireneo, significa che “la Gerusalemme di lassù, di cui l’antica Gerusalemme è stata la preparazione e la figura, siamo già noi”. Non c’è una Chiesa terrestre e una Chiesa celeste, ma un’unica Chiesa. E questa Chiesa, di cui noi facciamo parte, è chiamata ad essere per il mondo “germe validissimo di unità e di speranza”, a indicare e promuovere il cammino dell’umanità, immersa nel mondo, ma con uno sguardo che indica la meta; è dentro il tempo ed è già partecipe dell’eternità; è dentro le emozioni, le sofferenze, le lotte del mondo, e insieme già partecipe della pace e della gioia di Dio.
Queste riflessioni del Cardinale, non so a voi, ma a me
hanno generato una serie di associazioni di idee che voglio ora comunicarvi.
Prima di tutto mi hanno infuso una grande speranza, perché
riescono ad allargare lo sguardo sulla realtà, che spesso è molto miope. Un
conto è guardare il pianeta Terra dalla luna, un altro è vivere sulla luna;
però, un conto è vivere pensando che tutto l’universo coincida col nostro
pianeta, un altro conto è pensare il nostro pianeta all’interno dell’universo.
Cambia completamente la prospettiva. Un conto è pensare che tutto inizia e
finisce quando inizio e finisco io, un altro conto è pensarmi dentro una storia
che mi precede di milioni e milioni di anni. Il Covid, i cambiamenti climatici,
le alluvioni che hanno colpito la Romagna in questi giorni; la guerra in
Ucraina, le guerre sparse nel mondo che, tutte insieme, come dice il Papa,
formano una guerra mondiale “a pezzetti”; le migrazioni dei popoli, le crisi
economiche e del lavoro di tante persone; le ansie, le preoccupazioni, le
tragedie collettive e personali che generano paure e smarrimenti; malattie del
corpo e dello spirito che colpiscono ogni persona, chi prima chi dopo, chi più
chi meno; e infine, comunque, la morte, che prima o poi arriva per quanti
sforzi si faccia per allontanarla o esorcizzarla. Un conto è pensare che siamo
destinati a tornare polvere, un altro conto è pensare che siamo destinati ad
entrare a far parte in pienezza della Gerusalemme di lassù di cui facciamo già
parte adesso, che corrisponde poi al corpo glorioso di Cristo del quale
facciamo parte già adesso in forza del Battesimo. E’ questa consapevolezza che
consente alla Chiesa di esprimere la sua carità per il mondo: infondendo
primariamente speranza, lottando per il bene e la giustizia contro tutte le
forze del male che ci sovrastano, ognuno facendo la sua parte là dove è
chiamato a vivere, consapevoli che Cristo ha vinto il mondo, che è Lui il
Destino del mondo. Cristo è il Capo del Corpo che è venuto già alla Luce: se il
Capo è venuto alla Luce, seguirà tutto il resto del Corpo. Mi ha molto colpito
una riflessione di Padre Fausti che ho letto recentemente, a commento non
ricordo di quale passo della Scrittura, dove, candidamente, affermava: “Mal che
ci vada, moriamo. E allora? Se il nostro destino è quello di Cristo, del Capo
del Corpo che è venuto già alla Luce, non mi sembra che sia una brutta
prospettiva, o no?!”
Ecco, prendere almeno consapevolezza di questa prospettiva,
non credete che possa davvero cambiare in meglio il nostro sguardo sulla realtà?
E se non siamo noi cristiani ad assumerla, a sentirla e quindi a comunicarla,
chi altri?
Difficile è scorgere nel mondo segni di speranza, e vedere
solo quelli evidenti di egoismo. Ma non è miope, secondo voi, fermarsi qui e
quindi deprimersi a fronte di tanti episodi di disumanità nel mondo e nella
società di cui sono piene le cronache? Se, a fronte alle tante mancanze dei
suoi figli, noi crediamo che il Padre continua a riempirle del suo Spirito
datore di vita, anziché ritirarsi o, peggio, distruggerlo, vuol dire che noi,
che ci riconosciamo suoi figli, dobbiamo assumere il suo stesso stile. Salvo
poi accorgerci, per esempio, dell’inaspettata e fattiva solidarietà che sta portando
migliaia di uomini e donne e di giovani a rimboccarsi le mani di fronte al
disastro dell’alluvione in Romagna. Vuol dire, allora, che davvero, per
risorgere, prima bisogna morire? Forse si, ma allora deve per forza essere
inevitabile che si debba aspettare sempre di trovarci con le spalle al muro o
col sedere per terra prima di svegliarci e cominciare a fare qualcosa di buono?
Non lo. So, però, perché lo vedo, che continua ad esserci una forza superiore a
tutte le altre che, alla fine, ha la meglio e vince. E conosco il nome di
questa forza: è lo Spirito santo, lo Spirito del Signore risorto, capace di
innervare tutto il mondo per farlo diventare suo Corpo.
Restringendo ulteriormente lo sguardo sulle vicende della
Chiesa che vive nel mondo e, ancora di più, della nostra chiesa ambrosiana e
quindi della nostra comunità pastorale, e applicando il medesimo sguardo, che
insegnamento possiamo trarre?
Per esempio, che non serve deprimerci nel vedere che le
chiese si svuotano e si imbiancano; che tanti sforzi educativi e di annuncio
verso i più piccoli producono spesso risultati contrari a quelli sperati; guardarsi
indietro e rimpiangere i tempi che furono se non per ripetere gli stessi errori
di prospettiva dei nostri padri i quali, a loro volta, avevano da dire che ai
loro tempi le cose andavano meglio. Non sarebbe più produttivo spendere energie
e forze per alimentare la fantasia e il coraggio di percorrere nuove strade,
anziché continuare a “fare come si è sempre fatto”, un fare che oggi produce
più niente? E perché aspettare sempre che le decisioni cadano dall’alto,
anziché sentirsi coinvolti e protagonisti di un rinnovamento, indipendentemente
dall’età? La Chiesa è opera di Cristo, noi siamo i suoi collaboratori. Di più:
essendo ciascuno membra di questo Corpo, Cristo ci ha resi corresponsabili
nella costruzione del suo Regno. Guai, dunque, sentirsi nella Chiesa spettatori
e non protagonisti. Guai quando, invece di partecipare e celebrare
l’eucaristia, la si vive da spettatori di un rito che è “roba da preti”.
Proprio a questo proposito, ecco un’ultima associazione di
idee, che mi tocca da vicino, perché tra pochi mesi io non sarò più qui con
voi, ma sarò parroco in un’altra comunità. E questa è l’ultima catechesi. Penso
e spero che tutti abbiate letto sul nostro notiziario la sintesi del dossier
che sarà pubblicato a settembre relativo alla situazione del calo dei preti,
nella Chiesa in generale e nella nostra Chiesa ambrosiana in particolare.
Calano i preti perché calano le nascite e cala il numero dei cristiani,
semplice. Tra meno di vent’anni, i preti potenzialmente attivi nella nostra
diocesi che conta al presente 1100 parrocchie saranno solo 750, di cui 94 sotto
i 40 anni. Vorrà dire che bisognerà rivedere tutto il modo di impostare la
pastorale, che molte parrocchie verranno soppresse o affidate a laici o a
diaconi permanenti, solo per fare alcuni esempi. Sulla base di quanto detto
finora (le riflessioni del Cardinale da cui sono partito e quelle che poi ho
fatto io, relative allo sguardo carico di speranza che occorre avere nella
consapevolezza che la Chiesa celeste e quella terrestre sono una cosa sola),
pensate come cambia la prospettiva. Pensate come è miope limitare lo sguardo
facendo questi pensieri: don Marco va via, non è giusto (come sarebbe a dire
non è giusto in questo frangente?), adesso come si fa, chissà se sarà
sostituito, come faranno gli altri preti… Non dico che non sia legittimo fare
questi pensieri: è umano. Ma non serve. Mi sono messo a guardare sommariamente
ad alcune cose che ho fatto in questi 13 anni passati tra voi. Oltre alle
tantissime relazioni intessute e alle molte persone che ho accompagnato
personalmente nel loro percorso spirituale e oltre ai molteplici imput che ho
sempre cercato di lanciare ai singoli e ai gruppi che ho seguito di cui ero
responsabile, sono andato a rivedere gli argomenti che ho affrontato in 13 anni
di catechesi per gli adulti. All’inizio gli incontri erano partecipati anche da
più di 60 persone (quasi un record, considerando parrocchie in cui da anni non
si fanno catechesi per gli adulti perché non partecipa nessuno), mentre nel
post Covid siete rimasti in pochi (sebbene paradossalmente, da quando vengono
trasmesse in streaming, il numero sia invece aumentato notevolmente). Penso
poi, naturalmente, alla cura che ho cercato di avere nel preparare le omelie apprezzate
da tanti (ma, credetemi, quello che conta è che producano frutti, altrimenti
servono a nulla) e nell’offrire i momenti di spiegazione della Parola di Dio
della domenica. Ma, tornando alle catechesi, mi sono accorto di aver affrontato
e approfondito una serie di argomenti tale per cui nessuno potrà dire (tranne
chi se ne è sempre fregato) che non sono state offerte opportunità per
approfondire la propria fede. Nel 2012 abbiamo parlato delle costituzioni del
Concilio Vaticano II, nel 2013/14 una spolverata su diversi argomenti (la
preghiera, la Bibbia, il Lezionario, la Messa, i sacramenti, la missione, la
dottrina sociale della Chiesa, il cristiano di fronte a chi professa un’altra
religione, Cristo si la Chiesa no, la vita eterna, il significato del Natale e
della Pasqua, l’unità dei cristiani, temi di bioetica, il culto mariano). Poi,
nel 2015/16 un approfondimento dei primi 11 capitoli del libro della Genesi;
nel 2016/17 abbiamo approfondito uno per uno i 7 sacramenti; nel 2017/18, con
le lezioni fatte all’UTE aventi come titolo Lo stupidario religioso, ho cercato
di sfatare tanti luoghi comuni e sbagliati della religiosità, ho approfondito i
vangeli dell’infanzia, il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento, la differenza
tra fede e religione, il passaggio, con Gesù, dai comandamenti alle
beatitudini, cosa sono i miracoli, e ancora: angeli, demoni, diavolo, la vita
eterna, Paradiso Purgatorio Inferno, il peccato. Sempre con l’UTE, l’anno dopo,
lezioni sul tema del male, del dolore, della sofferenza, e poi, gli anni dopo,
anche durante il Covid, oltre ai Rap quotidiani che poi a periodi ho ripreso
anche gli anni successivi, fino allo scorso Avvento, altri temi ancora per
esempio sul libro dell’Apocalisse, sul senso della storia (cosa di cui ho
parlato anche quest’oggi), il fatto che col Battesimo tutti i credenti sono
diventati sacerdoti, re e profeti, e cosa significa questo. Nel 2021/22, quando
ancora non ci si poteva riunire in presenza, ho approfondito il tema della
preghiera cristiana e, quest’anno, le catechesi sulla Chiesa. Ecco,
ripercorrendo questa lista non da poco, mi sono detto: seminato, bene o male,
si è seminato. E adesso? e domani? Ci sarà un altro o non ci sarà? Ma è questo
il problema? Non è miope questo sguardo? Si, è molto miope. Se tutte le cose
che sono andato dicendo e a cui tenevo, suggeritemi dal tema di oggi, sono
vere, non bisogna deprimersi o scoraggiarsi, ma guardare con fiducia al futuro
e, tutti voi, pochi o tanti, giovani o vecchi, che avete aderito, chi in un
modo chi in un altro, chi più chi meno, nel seguire questo percorso, chi
dall’inizio, chi solo per un tratto o a tratti, fatene tesoro. Siate voi a
sostituire me, ad aiutare don Antonio e don Lorenzo. Non potete farlo da preti,
non potete confessare o presiedere l’eucaristia, questo no. Ma tutto il resto
si. La vostra disponibilità a edificare questa Chiesa dipende solo da voi.
Magari gli altri preti non avranno il tempo che ho avuto io per preparare altri
incontri di formazione, fatelo voi. In che senso? Organizzatevi e create un
centro culturale che si occupi di organizzare momenti di formazione su questi e
altri temi programmando e chiamando, di volta in volta, degli esperti a
parlare. Cioè, datevi da fare. Non state a piangere o a lamentarvi guardando il
passato, la storia va avanti, noi stiamo vivendo soltanto una piccolissima e
minuscola frazione del tempo della storia dell’umanità in generale, per non
parlare della storia del cristianesimo che ha solo 2000 anni, che non sono
niente, ma sapete che la storia ha un compimento, che, come dicevo all’inizio
spiegando il tema di oggi sviluppato dal cardinal Martini, “la Gerusalemme di
lassù, di cui l’antica Gerusalemme è stata la preparazione e la figura, siamo
già noi”. Che non c’è una Chiesa terrestre e una Chiesa celeste, ma un’unica
Chiesa, che siete guidati dallo Spirito del Signore e da tutti i santi del
Paradiso che vi indicano la gloriosa meta a cui siamo tutti destinati. Che
questi santi chissenefrega se tra un po’ di anni non si potranno onorare con le
tradizioni dei padri portando le loro statue in processioni anacronistiche che
fanno la gioia di qualche reduce del passato e non intercettano minimamente la
sensibilità di tanti giovani e adulti che, al massimo, purtroppo, in certe
occasioni, sono a caccia di miracoli che nulla c’entrano con la fede cristiana,
si lasciano abbindolare dalla veggente della Madonna che moltiplica le pizze e
gli gnocchi, ma finalmente questi santi nostri patroni e la Madonna in primis,
che la Comunità di Casatenovo onora come Regina di tutti i Santi, verranno
onorati come si deve, cioè dandovi da fare come hanno fatto loro, che non erano
meglio di noi o supereroi. Non abbiate paura di buttarvi, lo dico anche a tutti
quelli che seguono ora da casa o vedranno il video di questo incontro, non
ragionate dicendo “siccome non si può più fare quello che abbiamo fatto finora
siamo spacciati”, ma ragionate dicendo “finalmente abbiamo l’occasione di fare
qualcosa di nuovo, per il bene nostro, della Chiesa e di tutto il mondo”. È
impegnativo? Certo che è impegnativo. Ma essere cristiani significa anche
questo, non solo venire alla catechesi del giovedì o agli incontri del lunedì.
I risultati positivi tarderanno ad arrivare o non sarete voi a vederli? Può
darsi: la storia è lunga, il parto è lungo, ma, ripeto, sapendo che il Capo,
Cristo, è già venuto alla luce, è già stato partorito, vuol dire che la
consapevolezza di essere membra del suo corpo ci infonde la forza e la speranza
di guardare con ottimismo (l’ottimismo cristiano) il futuro prossimo e remoto
che ci attende.