domenica 23 luglio 2023

SALUTI DI DON MARCO ALLE SINGOLE PARROCCHIE DELLA COMUNITA' PASTORALE DI CASATENOVO

SALUTO A CAMPOFIORENZO (domenica 25 giugno 2023)

Dicevo nell’omelia che avrei dedicato le mie parole di saluto a questa comunità della parrocchia di Campofiorenzo prendendo spunto dal simbolismo evocato dall’Arca di Noè. L’Arca di Noè è anche il titolo di un disco di Battiato di quarant’anni fa, e quindi ne approfitto per ringraziare in anticipo chi, di 

questa parrocchia, ha voluto promuovere e organizzare il concerto che farò sabato prossimo davanti al sagrato (o qui in chiesa, se dovesse piovere, speriamo di no). Ora, l’Arca che preserverà la vita di Noè, della moglie, dei figli, delle nuore e di tutte le specie di animali, simboleggia il fatto che Dio, fonte di vita, fa sempre in modo che, in mezzo ai disastri della storia, la vita possa sempre continuare, e quindi che, dalle macerie, può sempre sorgere un nuovo inizio. Non è un caso che questo racconto fu scritto quando il popolo di Israele tornò dall’esilio a Babilonia: la distruzione di Gerusalemme e l’esilio, da cui si salvò solo un piccolo resto del popolo, rappresentò per Israele un vero e proprio disastroso diluvio, che venne ricordato e interpretato scrivendo questo racconto. Ebbene, quale gioiosa notizia che viene da Dio, non da me, potrebbe raggiungere il cuore dei parrocchiani di Campofiorenzo? Beninteso che andrebbero bene anche per i fedeli delle altre 4 parrocchie della nostra comunità, e non solo, io direi per tutte le parrocchie della diocesi e della Chiesa in generale che, in questi ultimi anni, stanno vivendo come un tempo di diluvio, quello di assistere quasi impotenti a un fuggi fuggi generale di tanti fedeli, ad una diminuzione di battesimi, e quindi di matrimoni e di ordinazioni sacerdotali, col paradosso assurdo che i bambini che fanno comunioni e cresime sono ancora tanti, poi però non si vedono più, e nemmeno quelli più grandi e le loro famiglie. Tutto ciò costringe a ridimensionare tutti i progetti di ogni tipo e a una generale ridistribuzione dei preti: la bella notizia è che probabilmente io verrò sostituito, però penso da qualcuno con molti anni più di me, e sarà difficile che, dopo di lui, potrà venirne un altro. Così come è difficile trovare fedeli in grado di sostituire tanti parrocchiani che ho conosciuto, che erano non solo memoria storica, ma anche colonne portanti della nostra parrocchia, e che nel corso degli anni o sono diventati vecchi o sono morti. Tutto questo diluvio provoca inevitabilmente un forte senso di frustrazione che soprattutto in comunità piccole come questa di Campofiorenzo, si fa sentire con maggior forza, suscitando un senso di desolazione e scoraggiamento. L’ho avvertito sempre molto in questa parrocchia, forse più che nelle altre. Per questo penso che l’immagine del diluvio e dell’arca possa essere per tutti di forte consolazione e incoraggiamento. Il mondo non finisce col diluvio, la vita continua sempre, c’è sempre un Arca che Dio ci chiede di costruire per andare avanti senza guardare indietro, sull’esempio di Lot, citato da Gesù nel vangelo di oggi, che infatti si salvò, a differenza della moglie che invece guardò indietro. Questo è l’errore più facile da fare, e in questi 13 anni, ma soprattutto dopo la pandemia (un altro diluvio), quindi ultimamente, vedo che si continua a compiere, soprattutto in comunità piccole come questa. A ricominciare daccapo dopo il diluvio erano in quattro gatti, Noè, i figli, le nuore, erano pochi e si scoprirà neanche buoni, però Dio non fa mancare mai quel che serve, lo insegnano tutte le pagine della Scrittura, basta leggerla, ascoltarla, meditarla, perché ci apre sempre scenari che insegnano a guardare il nostro tempo con lo sguardo di Dio, non con il nostro miope sguardo. E qui abbiamo, anzi avete, il vantaggio che non bisogna ricominciare daccapo, non bisogna ricostruire dalle macerie, per nulla, anzi, ma dovete solo avere la voglia, la fantasia e il coraggio di guardare avanti, coi piedi per terra, aderenti alla realtà, non sognando di andare sulla luna, ma sapendo che è una sola la cosa che il Signore chiede di fare ai suoi discepoli in ogni angolo del mondo, cioè costruire il suo Regno, e questo lo si può sempre fare, che sia pochi o tanti, senza andare (come dice il salmo) in cerca di cose grandi superiori alle proprie forze. L’esempio poi dei martiri, come sant’Eurosia che oggi e domani festeggiamo, non può che incoraggiarci, perché, se furono martiri, vuol dire che non vissero certamente situazioni migliori della nostra. E di martiri, nel senso letterale del termine, cioè non di persone uccise per il Signore, ma di testimoni della fede, io ne ho incontrati molti nella nostra parrocchia, ne vedo qui tanti, e penso anche ad alcuni assenti come i malati che in questi anni ho visitato. Basta che, pochi o tanti che siate, voi uniate le forze, viviate la comunione fraterna, vi cibiate dell’eucaristia, vi lasciate illuminare dalla Parola di Dio, ed ecco che l’arca di Campofiorenzo è bell’e pronta e in grado di affrontare ogni difficoltà senza temere nulla. Quindi, buon cammino anche a voi.

SALUTO A ROGOREDO (domenica 2 luglio 2023)

Come dicevo nell’omelia, vorrei riprendere un attimo alcune cose dette da Gesù nel vangelo di oggi e che prima avevo commentato, perché penso sia evidente come, provvidenzialmente, capitino a fagiolo per questo momento di saluto ufficiale che voi rivolgete a me e io rivolgo a questa comunità parrocchiale di Rogoredo. Io ho sempre sentito particolarmente rivolte a me le parole di Gesù che chiama, chi lo segue, a lasciare il nido, la casa, la tana, quella che hanno le volpi e gli uccelli, cioè ad imparare a lasciare le proprie certezze, le proprie sicurezze, come per Abramo fu la terra in cui abitava. Noi preti siamo stati formati ad accogliere gli spostamenti come un dono, non come motivo di tristezza, come un’occasione di crescita, non come una iattura. Del resto, se Gesù passò i tre anni del suo ministero spostandosi da un luogo all’altro e san Paolo, per annunciare a tutte le genti il vangelo, continuava a spostarsi da una comunità all’altra, vuol dire che i trasferimenti di un prete sono parte integrante nel ministero, e sono sempre stimolanti, almeno così è per me. E io ne sono abituato: in trent’anni di ministero, quello che farò a settembre è il quinto trasloco (non solo, a settembre sarò ancora qui a dormire, un tetto quindi ce l’avrò, e farò il pendolare tra Campofiorenzo e Lecco). Questo non vuol dire, però, che in molte comunità, quando si va via, non si lasci il cuore. Sono davvero tante le cose che ho fatto e le relazioni intessute nella Comunità pastorale di Casatenovo in questi 13 anni. In particolare sono tante le persone a me molto care di questa parrocchia di Rogoredo con le quali abbiamo condiviso molti momenti significativi di cammino. Non faccio nomi e cognomi, però, voglio ricordare principalmente le famiglie dei due gruppi familiari che sono nati ormai parecchi anni fa e coi quali, mensilmente, ci siamo sempre incontrati vivendo momenti forti di condivisione, di amicizia, di formazione, di crescita. Mio sogno sarebbe stato che questi gruppi aumentassero di numero, che ce ne fossero altri, perché in un gruppo familiare non possono partecipare troppe coppie, ma questo non è accaduto, né qui, né nelle altre parrocchie, tranne un gruppo a Galgiana. Perché parlo di sogno? Perché credo che, di questi tempi, siano uno dei modi più efficaci per consentire un cammino adatto e fattibile che favorisca insieme la fraternità, l’amicizia, il senso di appartenenza alla Chiesa, la preghiera e la formazione, di cui c’è tanto bisogno, perché, come ho spesso ripetuto in questi anni, e come ripetè per 20 anni il cardinale Martini, sono soprattutto gli adulti, più ancora dei bambini dell’iniziazione cristiana, ad avere bisogno di momenti di formazione, che non può finire terminata la Cresima. E poi mi rimangono nel cuore altre due cose che ho vissuto qui a Rogoredo, a parte i momenti delle celebrazioni eucaristiche, si intende, e gli incontri di accompagnamento spirituale di alcune persone. Penso ai momenti di oratorio estivo (questo è il terzo anno che lo faccio qui), e quindi penso, oltre agli animatori, anche a tutti i volontari con i quali abbiamo vissuto questi momenti. E penso infine alla consulta parrocchiale che, dopo don Luciano, ho seguito, anche se per poco tempo. E, proprio in riferimento ai volontari e ai membri della Consulta, mi sento in dovere di rivolgere a tutti voi queste ultime parole di incoraggiamento. Vedete, prima dicevo come sia insito nel ministero del prete essere mobile qual piuma al vento, però, qualcuno, guardando indietro, potrebbe obiettare: non è sempre stato così. Questi spostamenti, fino a parecchi anni fa, almeno fino a quando questa parrocchia di Rogoredo, per esempio, aveva come parroco don Luigi (che io ho sempre sentito nominare con affetto e nostalgia), non avvenivano. Ma Gesù ci direbbe: non bisogna mettere mano all’aratro e poi volgersi indietro, cioè avere nostalgia del passato. Un tempo c’erano più preti che parrocchie, e anche parrocchie piccole come le nostre almeno un prete l’avevano, quindi il bisogno di spostare i preti non c’era. Ora non è più così, la coperta è ristretta. Sentivo al telegiornale di qualche sera fa che in una diocesi della Toscana c’è un prete che ha 20 parrocchie da seguire. Vuol dire per esempio che molte di queste parrocchie la domenica non hanno la messa, per cui, chi ci crede e può spostarsi, andrà a messa in una parrocchia che non è la sua, e chi non può spostarsi parteciperà nella sua parrocchia a un rito di Liturgia della Parola con la distribuzione dell’eucaristia presieduto da un laico formato o da un diacono, se c’è. E’ un male o un bene questa cosa? Se si è ostaggi delle abitudini e si dice si è sempre fatto diversamente, e non si è disposti al cambiamento, è un male, ma Gesù non sarebbe d’accordo con questa valutazione. Se ci sono meno preti è perché ci sono meno cristiani, non ci piove. E allora cosa bisogna fare? Occorre che i pochi o tanti che ci credono, che con generosità, amore, passione e impegno si danno da fare come volontari nei vari ambiti della vita parrocchiale o membri delle consulte o catechisti, o partecipanti ai gruppi familiari, continuino con gioia e costanza a darsi da fare per il bene di tutti, e che aumentino di numero, e state tranquilli che il Signore continuerà sempre a non far mancare la sua grazia. Questa è la fede fondamento della nostra speranza. Ed è la fede che io ho in voi, perché in questi anni posso dire di essere stato edificato dalla testimonianza di molti di voi, che porto nel cuore come motivo di edificazione per me, e questa fede in voi mi porta ad avere la speranza che il cammino di questa parrocchia, anche con chi verrà dopo di me, non potrà che essere luminoso, pur in mezzo a tutte le difficoltà che ci sono. E quindi, in alto i cuori e buon cammino a tutti.

SALUTO A VALAPERTA (domenica 9 luglio 2023)

Dopo Campofiorenzo e Rogoredo, la terza tappa di questo viaggio spirituale di saluto alle parrocchie della nostra comunità pastorale è qui a Valaperta. In questi 13 anni molti si sono chiesti come mai, quando io arrivai a Casatenovo, invece di venire ad abitare qui a Valaperta, unica delle cinque parrocchie ad avere una casa parrocchiale vuota, mi mandarono ad abitare presso l’asilo di Campofiorenzo, e ancora adesso me lo chiedo anch’io. Scherzi a parte, una risposta c’è. Perché quando iniziò questa comunità pastorale, l’allora vicario episcopale, che non era ancora don Maurizio Rolla, ma don Bruno Molinari, insieme all’allora parroco don Sergio, decisero che tutti i preti era bene che vivessero nel capoluogo e nono nelle case parrocchiali delle frazioni (a parte che a Campofiorenzo c’erano le suore, a Galgiana il diacono e a Rogoredo, dal venerdì alla domenica veniva fratel Adriano, un vicario oblato della diocesi), perché altrimenti, pensavano, ogni parrocchia pensa che quel prete è il suo, e così non si riesce a costruire la comunità. E quindi, quando io arrivai e la comunità era già cominciata, siccome a Casatenovo non c’era nessun appartamento libero, siccome l’unico appartamento di tutta la comunità che non fosse una casa parrocchiale e potesse considerarsi in zona neutra era quello sopra l’asilo di Campofiorenzo, mi mandarono lì. Altrimenti, cosa più logica, se non ci fosse stato dietro questo ragionamento, sarebbe stato che venissi ad abitare qui a Valaperta. Ma perché vi racconto questo? perché, a distanza di anni, nonostante tutti i pro e i contro di questa impostazione pastorale, devo dire che il ricordo di Valaperta che porterò nel cuore nei prossimi anni è quello di una parrocchia che, anche più delle altre, ha imparato a camminare e che cammina con le proprie gambe. Certo, gambe che invecchiano, ed è così dappertutto, ahinoi, però non sono poche, e sono ancora buone e cariche di passione. Insieme a Campofiorenzo e Rogoredo, questa è stata una delle tre parrocchie che ho seguito di più come referente, e quindi quello che dico, lo dico non tanto per una captatio benevolentiae che servirebbe a niente, ma lo dico con ragione. Il problema del ricambio generazionale non riguarda solo questa parrocchia, ma tutte, però, in particolare qui, conoscendo le persone, non solo quelle che pregano per noi dal cielo, ma anche quelle che continuano a remare, e non sono poche, e sono di ottima qualità, ci sono tutte le premesse per guardare al futuro con grande fiducia. Ora, è vero che più si va avanti più le parrocchie dovranno andare avanti grazie alla fede e all’apostolato dei laici, perché i preti saranno sempre di meno e sempre più vecchi, però, vedete, io credo che questa cosa non vada vista necessariamente con tristezza, anzi. Manco a farlo apposta, la pagina di san Paolo di questa domenica, sembra scritta proprio per noi, e infatti è questa pagina che ha ispirato le cose che vi sto dicendo oggi. Paolo, che non cercava la sua gloria, dice chiaramente quanto il suo compito, il suo ministero svolto insieme ad Apollo nella chiesa di Corinto, sia stato importante, certo, ma comunque relativo, perché certamente lui ha piantato, Apollo ha irrigato, poi però è il Signore che ha fatto crescere. Vuol dire che a quei tempi, la situazione della chiesa non era poi così diversa da quella attuale. Paolo, del resto, che faceva? Faceva come Gesù, si spostava da un luogo all’altro, seminando, che poi alla fine è quello che deve fare un prete. E quando si spostava, custodiva nel cuore le persone che aveva incontrato, i problemi che c’erano, ed è così che sono nate le sue epistole ai vari cristiani sparsi nelle varie città. Io non penso di scrivervi lettere, anche perché non vado a Roma, come Paolo, sapendo di trovarvi la morte, ma mi attende, spero, un futuro, almeno prossimo, molto meno drammatico a solo mezzora di distanza da qui, però vivo questo spostamento col suo stesso spirito, contento di avere condiviso 13 anni di cammino con voi, custodendo nel cuore la testimonianza di molti di voi, ricordando nella preghiera i molti malati che ho visitato, alcuni defunti in particolare morti in questi anni, e contento di quel poco o tanto che, bene o male, per quanto mi è stato possibile e competeva al mio ruolo, sono riuscito a seminare, riponendo piena fiducia nel Signore che ci penserà lui a far crescere e germogliare questa porzione di chiesa. E allora buon cammino a tutti voi.

SALUTO A CASATENOVO SAN GIORGIO (domenica 16 luglio 2023)

Come accennavo nell’omelia, voglio prendere spunto dal testo della prima lettura per rivolgere un saluto particolare a questa comunità parrocchiale di san Giorgio. Anche nelle scorse domeniche, salutando i fedeli delle altre parrocchie, sono stato ispirato e aiutato proprio da uno dei testi che proponeva la liturgia, e questo credo che sia molto bello, ed è la prima cosa che mi sento di dirvi: non smettete mai di leggere, studiare, meditare e pregare sulla Parola di Dio, non permettete mai a voi stessi che rimanga una sconosciuta, ma che sia, come dice il salmo tanto amato dal cardinal Martini, luce che guida i nostri passi. In questi 13 anni ho fatto tanti incontri di spiegazione della Parola e di catechesi, e mi piace complimentarmi con i fedeli di questa parrocchia perché sono sempre stati i partecipanti più numerosi e attivi. Nello specifico di questo testo, mi sento anch’io e come ogni prete che cambia destinazione, un po’ come Giosuè chiamato a succedere a Mosè nel guidare le tribù di Israele incamminate verso la terra promessa, perché alla fine è questo il compito di ogni prete. Ma mi colpisce l’ordine che viene dato a Giosuè di scegliere 12 uomini, uno per tribù, perché portassero 12 pietre tolte dal Giordano sull'altra riva per costruire un altare, specificando che restassero visibili, perché le nuove generazioni, vedendole, potessero interrogarsi e chiedere cosa rappresentassero. Cosa vuol dire? Prima di tutto che anche se cambiano gli attori, il progetto di Dio resta immutato, ma in particolare che bisogna porre dei segni e provocare gesti che facciano sorgere domande. Ecco, io penso di aver sempre cercato di smuovere il terreno, provocando domande per cercare di andare al cuore della fede e proporre prospettive diverse. So di avere molte volte scombussolato alcune persone, però sono altresì contento di averne incontrate tante in questa parrocchia felici e disponibili a lasciarsi mettere in discussione e a vedere le cose in modi diversi. Perciò sono davvero le relazioni personali e profonde con molti fedeli di questa parrocchia che porto nel cuore e nella preghiera, unitamente a persone che sono state anche per me testimoni della fede, e alcune di loro adesso hanno già raggiunto la terra promessa. E’ proprio vero che ognuno di noi, ciascuno secondo la sua vocazione, è chiamato ad essere una di queste 12 pietre, e qui ne ho incontrate molto più di 12, e questo aiuta a vincere ogni sorta di pessimismo e a guardare il futuro con grande speranza, perché la storia della salvezza continua. Grazie.

SALUTO A GALGIANA (sabato 22 luglio 2023)

L’ultima tappa del viaggio spirituale che ho percorso in queste domeniche nelle parrocchie della nostra Comunità è qui nella Parrocchia di san Biagio, e domattina a sant’Anna. Prima che nascessero le comunità pastorali, le parrocchie vivevano un rapporto più stretto tra il prete e i fedeli che favoriva certamente una maggiore conoscenza e rendeva più semplici molte cose. La diminuzione dei preti ha portato e porterà il prete ad occuparsi di sempre più parrocchie. Ho imparato in questi anni a capire che questa cosa, che potrebbe apparire un limite, in realtà è quanto di più evangelico vi sia e in linea con quanto le letture di oggi ci hanno detto della vocazione. Se si continua a pensare a un modello di Chiesa del passato nel quale il protagonista della vita pastorale era il prete, il fatto che una comunità parrocchiale non abbia il suo prete appare come un limite. Se invece si impara a capire che il popolo di Dio è formato da figli e figlie di Dio, che grazie al battesimo e alla cresima sono stati resi ancora più conformi a Gesù Cristo e riempiti di Spirito Santo, allora la diminuzione dei preti diventa di stimolo perché ogni fedele impari sempre più a prendere coscienza della propria personale vocazione e ad assumere responsabilmente un ministero nella propria parrocchia, cioè a non vivere l’appartenenza alla Chiesa da spettatori, ma da protagonisti. In questi anni ho incontrato in questa parrocchia tanti fedeli capaci di fare questo: alcuni stanno invecchiando e chiedono il cambio, altri proseguono con tenacia, e io penso che la loro passione sicuramente sarà di stimolo per molte nuove leve a farsi avanti. Non siate dunque sfiduciati. Ho vissuto in questi anni rapporti personali molto belli con molti di voi, in particolare con le coppie e con le famiglie che costituirono un grosso gruppo familiare che poi, nel corso degli anni, è andato diminuendo di numero, ma non di qualità. Ringrazio tutti loro e tutti i fedeli di Galgiana che ho accompagnato anche personalmente nel loro cammino di fede, per i momenti molto belli che abbiamo fatto insieme, e spero anche qui che siano in tanti ad avvertire l’esigenza di non limitarsi a pensare la vita cristiana solo come un fare tante cose, ma nella logica dell’essere discepoli di Cristo, avvertendo ciascuno l’esigenza di non limitarsi a partecipare all’eucaristia domenicale, ma a vivere momenti di formazione che non sono mai mancati nella comunità, che ho sempre guidato e seguito io personalmente, ma ai quali hanno partecipato sempre troppo poche persone. L’intercessione di san Biagio e di sant’Anna possa dunque stimolare sempre questa comunità a non guardare con nostalgia il passato, ma a guardare sempre avanti con fiducia, lasciandosi guidare dallo Spirito del Signore. Buon cammino a tutti.

SALUTO A CASCINA BRACCHI (domenica 23 luglio 2023)

L’ultima tappa del viaggio spirituale che ho percorso in queste domeniche nelle parrocchie della nostra Comunità è qui nella chiesa di sant’Anna insieme a voi in questo giorno di festa. Forse non lo ricorda nessuno, ma io ricordo bene che 13 anni fa, fu proprio in questa chiesa che io celebrai la mia prima messa quando fui destinato come Vicario a Casatenovo, e quindi è proprio bello: ho iniziato qui e concludo qui. Anche se poi, in questi anni, mi è stato chiesto di essere referente non direttamente di questa parrocchia, che però ho incontrato in occasione di messe, confessioni, benedizioni natalizie. Tanti fedeli di questo territorio di Cascina Bracchi ho avuto modo di accompagnare personalmente nel loro cammino di fede, e tra loro mi piace ricordare in particolare tutte le coppie che ho seguito in occasione del battesimo dei loro figli e quelle del gruppo familiare di Galgiana che abitano qui. Ci sono poi due altre piccole cose che mi legano a questa comunità che abita a Cascina Bracchi. Anzitutto sant’Anna, e anche il dimenticato suo marito san Gioacchino. Questo perché quando arrivai qui a Casatenovo c’erano con me i miei nonni, poi mio nonno che stava già male è morto qualche mese dopo, ma mia nonna è stata con me fino a due anni fa, e mia nonna si chiamava Anna, e ricordo che i primi anni, quando ancora poteva uscire di casa, la portavo a messa anche qui, e anche per il pranzo in occasione di una festa di sant’Anna. E il pensiero dei miei nonni mi porta a pregare in particolare per i tanti nonni, i tanti anziani che abitano in questo territorio. La seconda piccola cosa che mi lega a voi è il fatto che io andrò a fare il parroco responsabile di una comunità pastorale in quel di Lecco e avrò come mio coadiutore don Andrea Bellani, che è nato e vissuto qui, e quindi sarà ancora più difficile potervi scordare. Da ultimo, siccome nell’omelia ho parlato della vocazione, ma non ho accennato nulla riguardo sant’Anna patrona di questa chiesa, vorrei salutarvi con un augurio che nasce dal significato del nome di Anna e Gioacchino e da quanto si tramanda della loro vita. Essendo sterili e anziani non avevano avuto figli e questo era considerato per gli ebrei un segno della mancanza della benedizione e del favore divini. I due, allora, si ritirarono in disparte per pregare, e da loro nacque la Vergine Maria. In ebraico, il nome Anna significa proprio grazia, e il nome Gioacchino significa “Dio rende forti”. Qual è allora l’augurio che mi sento di rivolgervi? Non dimenticate mai che il popolo di Dio è formato da figli e figlie di Dio, che grazie al battesimo e alla cresima sono stati resi ancora più conformi a Gesù Cristo e riempiti di Spirito Santo. Questo vuol dire che ognuno di voi imparerà sempre più a prendere coscienza della propria personale vocazione e ad assumere responsabilmente un ministero nella propria parrocchia, cioè a non vivere l’appartenenza alla Chiesa da spettatori, ma da protagonisti, non da persone che delegano agli altri, che diventano sempre più vecchi, ma che si impegnano in prima persona, non solo per organizzare la festa, ma per rendere viva questa comunità ogni giorno dell’anno attraverso un impegno costante, questa continuerà ad essere una porzione di Chiesa che non sarà mai sterile, ma riempita della forza di Dio, capace quindi di portare sempre frutti abbondanti a vantaggio di tutti. Buon cammino a tutti e grazie.