giovedì 2 novembre 2023

1/11/23 TUTTI I SANTI

Intere generazioni di cristiani sono cresciute imparando a memoria i 10 comandamenti e non le 8 beatitudini, e questo è un peccato, perché trasmette l’idea che Dio è un legislatore a cui ubbidire e un giudice di cui avere paura, che premia e castiga, e un Dio così fa paura e non è molto simpatico. Gesù,

invece, insegna le beatitudini. Proviamo a ripercorrerle brevemente. La prima è la più importante, perché da essa dipendono tutte le altre. Gesù proclama beati, felici, i poveri in spirito, cioè quelli che si fanno poveri per arricchire gli altri, che condividono quello che sono e che hanno con chi ha bisogno, che si rendono responsabili della felicità degli altri, e sono beati già adesso perché di essi è il regno di Dio, cioè perché vivono assomigliando a Dio che è amore e si prende cura di tutti. Allora, dice Gesù, se voi che siete miei discepoli, vivete così, ci saranno due categorie di persone che ne beneficeranno: quelli che sono nel pianto e i miti. Quelli che sono nel pianto, cioè che sono oppressi, saranno beati perché verranno consolati, non da Dio, ma perché sarete voi a consolarli prendendovi cura di loro, facendo sì che termini la loro oppressione. E beati saranno anche i miti. I miti, attenzione, nella Bibbia e nel linguaggio di Gesù, sono i diseredati, quelli che non possedevano un pezzo di terra e quindi avevano perso la loro dignità: saranno beati perché voi discepoli restituirete a loro la terra a cui hanno diritto, li aiuterete a combattere per i loro diritti, quindi ridarete loro dignità. E quelli che sono nel pianto e i miti sono quelli che, a loro volta, hanno fame e sete di giustizia: se i discepoli di Gesù imparano a prendersi cura dei loro bisogni, allora saranno saziati. E’ molto rivoluzionario questo messaggio di Gesù: Dio non agisce dall’alto, ma attraverso di noi, per cui non dobbiamo pregarlo di pensarci lui a fare quello che dovremmo fare noi. Notate che Gesù parla al plurale, certo, perché questo lavoro non deve farlo solo una persona, ma tutti coloro che dicono di essere suoi discepoli. E allora, ecco che arrivano tre beatitudini rivolte proprio ai discepoli che hanno scelto di vivere così, e dice: beati, felici i misericordiosi, coloro che accolgono ogni persona, perché anche Dio li accoglierà riconoscendoli come suoi figli (misericordia vuol dire accoglienza); beati, felici i puri di cuore, le persone trasparenti, che non agiscono con secondi fini, per il proprio interesse, perché vedranno il volto di Dio, cioè scopriranno che Dio ama ciascuno in questo stesso modo; e beati, felici, quelli che costruiscono la pace, che cioè si adoperano per la felicità degli altri, perché saranno chiamati figli di Dio, assomiglianti a lui. E poi c’è l’ottava beatitudine dove Gesù, con molto realismo, dice: chi è sincero, sempre disponibile ad aiutare, costruttore di pace, non si aspetti vita facile o riconoscimenti, perché il mondo va in un’altra direzione: hanno perseguitato me, e quindi, se siete miei discepoli, perseguiteranno anche voi. Già, perché le beatitudini, come vedete, non sono altro che il ritratto di Gesù. Ma non temete, siete già beati, felici adesso, perché vostro è il regno dei cieli, il vostro destino è come il mio, non di morte, ma di risurrezione. Chi vive così non morirà mai. Non è un caso che le beatitudini siano 8, perché 8 è il numero della risurrezione: chi vive le beatitudini, comincia a risorgere adesso perché diventa come Gesù, e nel momento della morte, a morire sarà solo il suo corpo, non la sua persona, ed entrerà a far parte di quell’immensa schiera di cui parlava il testo dell’Apocalisse, la schiera dei santi. Santo è l’aggettivo più alto col quale parlare di Dio: santo vuol dire diverso da tutti, perché totalmente separato dal male. Ebbene, anche a noi è data la possibilità di diventare come Dio. Vedete come le beatitudini, molto più dei comandamenti, ci aprono orizzonti sconfinati di bellezza e come sono stimolanti? Sono un messaggio di vita, perché ci fanno vedere che Dio non è uno a cui obbedire, ma uno a cui assomigliare nell’amore; non è un mago che risolve i problemi, ma che dona a noi la forza del suo Spirito per vivere la nostra vita in modo nuovo. Santi venivano chiamati i primi cristiani, santi sono i nostri defunti che nella vita terrena hanno vissuto le beatitudini, santi chiamati proprio con questo aggettivo sono quegli uomini e quelle donne che la Chiesa ha riconosciuto che nella loro vita terrena hanno vissuto così, e ce li propone come modelli da imitare, per dirci: come ce l’hanno fatta loro, possiamo farcela tutti, altrimenti perché mai Gesù avrebbe pronunciato le beatitudini, che riassumono tutto il suo vangelo e che, quindi, devono diventare il programma di vita del cristiano? Sono le beatitudini, prima ancora dei comandamenti, che dobbiamo imparare a memoria, ed è sulle beatitudini che dobbiamo sempre confrontarci, anche quando ci si va a confessare. Senza dimenticare un particolare importantissimo. Dopo aver proclamato le beatitudini, Gesù insegna il Padre nostro, quella preghiera che noi rischiamo di ripetere tante volte in modo meccanico, senza nemmeno renderci conto delle parole che pronunciamo. In realtà, il Padre nostro è la preghiera che riassume le beatitudini, nella quale noi, in sostanza, chiediamo al Padre di vivere le beatitudini, perché è questo che il Signore ci ha chiesto di chiedere quando preghiamo. E dunque, se non conosciamo le beatitudini, va a finire che quando diciamo il Padre nostro rischiamo di solo di dare aria alla bocca. E così va a finire che al Signore chiediamo quello che Gesù non ha mai detto di chiedere, perdendo poi la fede se vediamo che Dio non ci esaudisce, e non gli chiediamo l’unica cosa che Gesù ci ha insegnato a domandare, cioè di vivere le beatitudini per diventare santi, e così non otteniamo nemmeno questo, pur dicendo il Padre nostro che è il compendio delle beatitudini.