domenica 7 gennaio 2024

7/01/24 BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO B)

Non è vero che l’Epifania tutte le feste le porta via. Infatti l’Epifania non è finita il 6 gennaio. Anzi, il 6 gennaio è iniziato il tempo dopo l’Epifania che va avanti fino alla Quaresima, e oggi e domenica prossima la liturgia ci fa celebrare le altre due epifanie del Signore, che fin dall’antichità, nelle chiese 

orientali, erano celebrate in un unico giorno. L’Epifania racchiude le prime tre grandi manifestazioni della divinità di Gesù: quella davanti ai Magi, quella del suo Battesimo al Giordano, che si celebra oggi, e quella alle nozze di Cana che celebreremo domenica prossima. La prima epifania, quella del 6 gennaio, manifesta come l’amore di Dio non fosse esclusivo di Israele, ma è per tutti gli uomini della terra, simboleggiati dai Magi, che per Israele erano come per noi oggi sono gli extracomunitari o, peggio ancora, solo chi abita in una frazione diversa del proprio paese. Perché, purtroppo, questa incredibile notizia, fatica ancora ad entrare nei nostri cervelli, cioè che dall’amore di Dio nessuno è escluso. Troppo amore dà quasi fastidio. Un Dio che tratta con amore i giusti e i peccatori è una cosa splendida per i peccatori, ma difficile da accettare per chi si crede giusto, per chi pensa che l’amore di Dio debba essere conquistato grazie ai propri meriti. Come quando un bambino a cui nasce un fratellino diventa geloso perché vorrebbe l’amore dei genitori tutto per sé, o come quando c’è in ballo un’eredità e il figlio che si crede più meritevole si arrabbia se vede che il padre ha lasciato la stessa parte a lui e al fratello che invece si era disinteressato del padre per tutta la vita. È la parabola del fratello maggiore del figlio prodigo che si ripete. Erano infatti i peggiori individui quelli che Gesù frequentava e di cui si era circondato, non i benpensanti, i religiosi, quelli che si consideravano brava gente, e infatti saranno proprio loro quelli che lo uccideranno. Ecco perché Gesù, all’inizio della sua missione, si mette in fila con i peccatori per essere battezzato. Lui, senza peccato, in fila coi peccatori, sarebbe stato a sua volta considerato come un peccatore e ucciso per questo. Ucciso perché aveva troppo amato, che paradosso! E lo avrebbe accettato per mostrare che Dio è uno che piuttosto che uccidere e condannare chi uccide, perdona chi lo uccide ed è disposto a rimetterci lui. Questo è Dio. E Gesù lo manifesta già nel momento del suo battesimo. Il battesimo non l’ha inventato Gesù. Gesù ha dato nuovo significato e valore a un rito che già c’era prima di lui. La parola “battesimo” significa letteralmente “immergere nell’acqua”, e Giovanni chiamava ad immergersi nell’acqua tutti coloro che intendevano cambiare il loro stile di vita, morire al passato per diventare persone nuove. L’acqua, dunque, è un simbolo di morte, perché nell’acqua l’uomo muore, non essendo un pesce. E infatti ha bisogno di riemergere, altrimenti annega. E se riemerge vive. Ebbene, Gesù non aveva motivo di sottoporsi a questo rito, non doveva morire a un passato ingiusto. Allora perché Gesù si fa battezzare? Per manifestare (ecco l’epifania) il senso di tutta la sua missione che sulla croce troverà il suo compimento. Infatti Gesù chiamava “battesimo” la sua morte imminente. Diceva: “c’è un battesimo che io devo accogliere”, e si riferiva alla sua morte. Quindi il suo battesimo era un modo per anticipare il fatto che egli sarebbe stato immerso nell’acqua della morte, ma che dalla morte il Padre lo avrebbe fatto risorgere. Col suo battesimo al Giordano, Gesù dimostra di essere pronto fin dall’inizio ad accettare la missione di manifestare fino alle estreme conseguenze l’amore di Dio. E infatti, Dio, lo riconosce come suo Figlio, perché gli assomiglia: tu sei il Figlio mio, l’amato. Le stesse parole che pronuncerà il centurione romano, proprio un pagano, che quando vide Gesù spirare sulla croce in quel modo ricco d’amore, esclamò: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”. Ed è questo il grande messaggio che raggiunge noi oggi. Anche noi veniamo riconosciuti dal Padre come suoi figli se, come Gesù, impariamo ad assomigliargli nell’amore. E le persone che ci incontrano e che non si professano cristiane, questo si attendono da noi: che ci comportiamo verso di loro come fratelli, come ha fatto Gesù. Quando nel Padre nostro chiediamo “sia santificato il tuo nome” stiamo dicendo questo: fa o Padre che il tuo nome, il tuo amore, sia riconosciuto da tutti, ma in che modo gli altri possono riconoscere l’amore di Dio? Se noi impariamo ad amarli come fratelli. Noi chi? Noi battezzati. Ecco in che modo Gesù ha trasformato il rito del battesimo in un sacramento, segno della sua azione. Col Battesimo ci ha uniti a lui, ci unito al suo stesso destino, ci ha dato lo Spirito per diventare anche noi, come lui, figli del Padre, per darci la forza di diventare noi epifania, manifestazione dell’amore di Dio verso gli altri, cosicchè coloro che ci incontrano possano dire anche di noi: davvero Dio è Padre perché vediamo che voi, come Gesù, gli assomigliate comportandovi come suoi figli. Davvero oggi comprendiamo ancora di più il senso del Natale, il motivo per cui Dio si è fatto uomo: per farci diventare come Lui, a immagine di Gesù, e avere, come Gesù, il dono di una vita immortale.