domenica 28 gennaio 2024

28/01/24 IV DOMENICA DOPO EPIFANIA FESTA SACRA FAMIGLIA ANNO B

Di come visse e cosa fece Gesù dagli 0 ai trent’anni in cui abitò a Nazaret, prima di cominciare la sua missione, non sappiamo praticamente nulla, i vangeli non ne parlano. Solo Luca racconta questo strano episodio accaduto quando Gesù compì 12 anni. Che se lo prendiamo alla lettera ci mostra una famiglia 

un po’ sconclusionata, simile a tante nostre famiglie che hanno figli adolescenti, più che una sacra famiglia: un figlio che rimane a Gerusalemme senza avvertire i genitori, i genitori che si accorgono dell’assenza del figlio soltanto dopo una giornata, e il figlio che, addirittura, rimprovera i genitori. In realtà, Luca racconta questo episodio non per parlare della famiglia di Gesù, ma per anticipare la missione di Gesù che verrà poi raccontata in tutto il vangelo: la vita di Gesù sarà un viaggio verso Gerusalemme dove, nel tempio, ascolterà e risponderà con intelligenza ai suoi avversari, dove resisterà fino in fondo, fino alla morte sulla croce, per occuparsi delle cose di suo Padre, Dio, cioè per mostrare il vero volto di Dio. Lo cercano e lo trovano dopo tre giorni dove non se lo aspettavano, come le donne che il terzo giorno, al sepolcro, dove pensavano di trovare il corpo di Gesù, si sentiranno dire: perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Gesù si fa trovare da chi lo cerca, ma non si trova mai dove uno penserebbe, nel senso che Gesù ribalta i nostri schemi, i nostri pregiudizi, i nostri modi di pensare Dio, le cose, la vita, la morte, perché ci fa vedere tutte le cose in un modo nuovo. E dei suoi genitori si dice che non compresero quello che aveva loro detto perché era troppo grande la novità del messaggio di Gesù, però di Maria si dice che custodiva tutte queste cose, cioè ci rifletteva; era sconcertata, ma non rifiutò la novità di Gesù. E infatti, pian piano, Maria passerà dall’essere madre di Gesù all’essere sua discepola. A grandi linee, questo è il significato di questo racconto, che però può dirci alcune cose molto importanti per ogni famiglia. Tra le tante, ne ho individuate tre che mi sembra bello comunicarvi. La prima. Che, anche se per una famiglia cristiana Gesù è il fondamento dell’amore, basta niente per perderlo (così come basta niente per ogni famiglia anche non cristiana smarrire, perdere il senso della propria unione), e quindi andare in angoscia, in crisi, di fronte alle difficoltà, e ci si domanda se vale ancora la pena andare avanti e continuare ad amarsi. La sacra famiglia è sacra non perché non sbaglia, ma perché, quando si accorge di aver perso Gesù per strada, è capace di tornare indietro a cercarlo, mentre spesso, quando sopraggiungono crisi angoscianti, si tende a guardare i propri fallimenti e ad arrendersi, incolpandosi l’un l’altro, e ad andare avanti senza provare a tornare indietro e fare come Maria che, seppur sconcertata, non smetteva mai di riflettere su quello che stava capitando. La seconda cosa. Alla fine del racconto, dopo aver detto “io devo occuparmi delle cose del Padre”, Gesù torna a Nazaret, cioè nella vita quotidiana. Dicevo all’inizio che i vangeli non ci dicono cosa fece Gesù per trent’anni a Nazaret, ma ci dicono che visse quegli anni, nella sua famiglia, occupandosi delle cose del Padre, crescendo non solo in età, come tutti, è scontato, ma in sapienza e grazia, e questo non è scontato per nulla, perché si può anche crescere in demenza e disgrazia. Vuol dire che è proprio la nostra vita quotidiana famigliare il luogo in cui si impara a vivere: il problema è come. La terza cosa, il terzo pensiero, lo prendo, invece, dalle parole iniziali della lettera agli Ebrei, dove si dice: “Fratelli, colui che santifica (cioè Gesù) e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo (Gesù) non si vergogna di chiamarli fratelli”. La famiglia di Gesù è la più allargata e meno tradizionale che ci sia: è quella in cui gli uomini e le donne imparano ad amarsi come fratelli e sorelle. E questa famiglia allargata è la Chiesa, famiglia composta da tante famiglie. Oggi più che mai le famiglie rischiano di non farcela a sostenere le fatiche che la vita comporta, e allora, a maggior ragione, è fondamentale riscoprire la comunità della Chiesa che si dà nella comunità delle nostre parrocchie come opportunità straordinaria per non sentirsi sole, per stare insieme, per condividere gioie e difficoltà, per conoscersi, creare amicizie, farsi aiutare e aiutare, crescere in sapienza e grazia, anziché rinchiudersi e disperdersi, la domenica, per esempio, nei centri commerciali. Che bello se la domenica tornasse ad essere, a partire dall’eucaristia, il giorno per eccellenza in cui tante famiglie delle nostre parrocchie possano gustare la gioia dello stare insieme. Che bello se questa cosa non restasse un’utopia, ma diventasse realtà. Ma tutto dipende da chi? Anzitutto da noi che siamo qui oggi, non certamente da quelli che anche oggi purtroppo non ci sono.