La Bibbia usa spesso la metafora matrimoniale per parlare del rapporto tra Dio e l’uomo, e dell’adulterio per indicare la trasgressione di questa alleanza d’amore, che accade quando il popolo tradisce lo «Sposo» (Dio) adorando gli IDOLI. Divinizzando ciò che non è Dio, si trasgredisce il primo
comandamento (Non avrai altro Dio all’infuori di me). Agli idoli ci si prostra e si sacrifica tutto. Dopo secoli e millenni, l’idolatria continua ad imperare. Gli idoli di oggi sono, per esempio, la bellezza, la fama, i soldi, il successo, l’apparenza, il potere, il possesso di oggetti di valore. Diceva Papa Francesco in una Udienza di sei anni fa: Gli idoli schiavizzano. Promettono felicità ma non la danno; e ci si ritrova a vivere per quella cosa o per quella visione, presi in un vortice auto-distruttivo, in attesa di un risultato che non arriva mai. Gli idoli promettono vita, ma in realtà la tolgono. Invece, il Dio vero non chiede la vita ma la dona, la regala. Il Dio vero non offre una proiezione del nostro successo, ma insegna ad amare. Gli idoli proiettano ipotesi future e fanno disprezzare il presente; il Dio vero insegna a vivere nella realtà di ogni giorno, nel concreto, non con illusioni sul futuro. Ecco perché continuano a risuonare profetiche ancor oggi le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato nella lettura, un invito ad abbattere questi idoli. Considererai cose immonde le tue immagini ricoperte d’argento, i tuoi idoli rivestiti d’oro getterai via come un oggetto immondo (perché gli idoli erano statue considerate divinità, un po’ come accade anche in alcune forme, purtroppo cristiane, di devozione popolare). “Fuori!”, tu dirai loro… cioè, elimina questi idoli. Su ogni monte e su ogni colle elevato scorreranno canali e torrenti d’acqua nel giorno della grande strage, quando cadranno le torri (il riferimento è al fatto che sui monti e sui colli venivano elevati gli idoli: cosa succede se togli all’uomo gli idoli in cui credere e ai quali affidarsi? Che è una strage, ci si sente smarriti). Ma è un bene, perché è l’occasione per tornare al vero Dio, per capire chi è veramente il Signore. Infatti, Isaia prosegue dicendo: allora Dio concederà la pioggia per il seme che avrai seminato, il pane sarà abbondante e sostanzioso, il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato, i buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno biada saporita. Insomma, getta via gli idoli, e così permetterai a Dio di tornare ad occuparsi di te, del tuo bene. Ebbene, se nel brano di Isaia la metafora matrimoniale per parlare del rapporto tra Dio e il suo popolo è il sottofondo per denunciare l’adulterio del popolo che tradisce questa alleanza adorando gli idoli, ecco che, nel brano di vangelo di oggi, Giovanni Battista si sente chiamato dal Signore a mettersi in gioco per ristabilire questa alleanza d’amore, questo matrimonio tra Dio e l’umanità, che sarà reso possibile dall’avvento di Gesù, parlando di sé come dell’Amico dello Sposo, mandato davanti a Gesù. Con una battuta, potremmo dire che il Battista è stato un precursore, un antesignano dei moderni wedding planner, perché, nella tradizione ebraica, l’Amico dello Sposo si occupava proprio di tutti i particolari delle nozze. In realtà, il Battista, come Isaia, sono «precursori» di Gesù perché cercano di disporre le menti e i cuori della gente ad accogliere il Signore che viene come uno Sposo, abbandonando gli idoli che prendono il suo posto. Sempre il Battista, nel vangelo di oggi, indicando Gesù, pronuncia una bellissima frase dove riconosce di essere come il DITO che indica la LUNA: bisogna che lui cresca e io diminuisca. Altrimenti, egli stesso si trasformerebbe in un IDOLO, non solo per gli altri, ma anche per sè: il suo IO prenderebbe il posto di DIO. In questo modo, il Battista ci suggerisce un antidoto formidabile per imparare ad abbandonare gli idoli e accogliere davvero lo Sposo, il Signore, il Maestro che viene: l’abbandono del proprio narcisismo. E, infine, queste riflessioni ci aiutano anche a riflettere sul pericolo, anche per noi cristiani, di trasformare anche il Natale in un idolo, riducendolo ad una festa del calendario a cui sacrifichiamo tempo, soldi, energie, aspettative che svaniscono il giorno dopo lasciandoci insoddisfatti. Dimenticando che noi, il 25 dicembre, non celebriamo il Natale, ma il Natale di Gesù, che sono due cose completamente diverse.