Oggi la Parola ci mette davanti a una sfida grande ma bellissima: imparare l’amore gratuito, quello che cambia davvero il cuore e trasforma i rapporti con gli altri. È l’amore che Gesù ci chiede nel Vangelo di Luca, quando dice: “Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia, benedite chi vi maledice, pregate
per chi vi calunnia” (Lc 6,27-28). È uno dei passaggi più radicali del Vangelo. Perché amare chi ci ama è naturale, viene spontaneo. Ma Gesù ci chiede di andare oltre: di amare anche chi ci ferisce, chi ci delude, chi parla male di noi. E qui viene la domanda: ma è davvero possibile? Gesù ci dice di sì, ma è possibile se cambiamo logica. Il mondo ci insegna a rispondere al male col male, a difenderci restituendo colpo su colpo. Ma il Signore ci mostra un’altra via: spegnere il male con il bene. E attenzione: non è debolezza! Non vuol dire farsi mettere i piedi in testa. Amare chi ci fa del male significa invece dire: “La violenza non avrà l’ultima parola sulla mia vita”. È scegliere di non farsi imprigionare dall’odio, ma di restare liberi nell’amore. Pensate a quante volte, nella vita di tutti i giorni, ci troviamo davanti a situazioni simili. Sul lavoro: un collega ci tratta male, ci critica, magari ingiustamente. La reazione spontanea sarebbe rispondere con lo stesso tono, o parlarne male a nostra volta. Ma Gesù ci invita a un’altra scelta: rispondere con rispetto, con calma, con verità. O in famiglia: a volte tra marito e moglie, o tra genitori e figli, ci si ferisce con parole dure. Porgere l’altra guancia lì non significa far finta di niente, ma scegliere di non alimentare lo scontro, di ricostruire il dialogo con pazienza e perdono. E qui entra in gioco il profeta Isaia, che ci ricorda che la misericordia di Dio non ha confini: “Gli stranieri che osservano i miei sabati… li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera” (Is 56,6-7). In altre parole: Dio non guarda le nostre etichette, non divide per categorie, non fa distinzioni tra “quelli del mio gruppo” e “gli altri”. Il suo amore abbraccia chiunque si apre a Lui, chiunque cerca la giustizia e la fedeltà. E noi? Anche noi siamo chiamati a fare così. Pensiamo alla nostra comunità: quante volte rischiamo di dividerci in piccoli gruppi, in “cerchie”? Invece la Parola ci chiede di allargare lo sguardo, di accogliere tutti, senza giudizi e senza esclusioni. San Paolo lo dice chiaramente: “Accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi” (Rm 15,7). Gesù ci spinge anche oltre: non basta non fare del male. Ci chiede di essere attivi nel bene: “Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Lc 6,31). È la regola d’oro, ma detta al positivo. Non basta dire: “Io non faccio del male a nessuno”. Gesù ci chiede: “Che cosa puoi fare tu per il bene degli altri?” E allora proviamo a pensare: cosa vorremmo ricevere dagli altri? Gentilezza, incoraggiamento, ascolto, perdono. Ecco: Gesù ci dice di essere noi i primi a donarlo. Non aspettare che sia l’altro a muoversi, non aspettare che sia l’altro a chiedere scusa, non aspettare che sia l’altro a salutare. Comincia tu. Questo è l’amore che cambia il mondo. E oggi, davanti a un mondo dove le guerre continuano e spesso sembra che si cerchi solo un motivo in più per combattere, il loro esempio ci ricorda che la via dell’amore è l’unica che porta vita. San Paolo ci incoraggia così: “Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo” (Rm 15,2). Non per compiacere o per convenienza, ma per costruire l’altro, per sostenerlo. Pensiamo: quante volte basta una parola buona detta al momento giusto, un gesto di gentilezza, un aiuto concreto, per cambiare la giornata di una persona. E spesso queste piccole cose valgono più di tante prediche. Allora, riassumendo, oggi la Parola ci chiede tre cose semplici ma decisive: perseverare nella giustizia, come ci dice Isaia; vivere un amore concreto, che costruisce, come ricorda Paolo; avere una misericordia capace di abbracciare anche i nemici, come insegna Gesù. Se accogliamo questi insegnamenti, anche noi possiamo diventare segni vivi della bontà di Dio: persone che sanno perdonare, benedire, costruire ponti invece di muri, e far emergere la bellezza nascosta in ogni cuore. E l’Eucaristia che celebriamo adesso ha proprio questo scopo: darci la forza e la grazia di vivere così. Perché da soli non ce la facciamo. Ma con il Signore sì: possiamo davvero diventare misericordiosi come il Padre.