domenica 2 novembre 2014

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI SCHEMA A 2014

Proviamo a ripercorrere le parole di Gesù che abbiamo ascoltato, molto illuminanti. Gesù sta spiegando qual è il potere di Dio, e ci accorgeremo che è ben diverso da quello che abbiamo in mente noi. Anzitutto è quello di risuscitare i morti e di dare la vita. Ma i morti non sono solo quelli che sono al cimitero, ma siamo anche noi che siamo vivi, ma viviamo da morti, nell’angoscia, nella tristezza, perché non conosciamo Dio. Se invece capisco che Dio è Padre che da la vita, e non la morte, sennò sarebbe un criminale, io risuscito già adesso, perché vuol dire che da lui vengo a lui ritorno, e quindi che la morte non esiste. E il Figlio cosa fa?

Fa la stessa cosa, fa vivere, rivelando a noi questo amore infinito, perché è solo l’amore che ci fa vivere. Solo che dice: fa vivere quelli che vuole, e questo va inteso bene, perché altrimenti sembra che Dio faccia preferenze, quando non è così. Quelli che vuole vuol dire quelli a cui vuole bene, e siccome il Padre vuole bene a tutti i suoi figli, ci siamo dentro tutti, e non è un caso che Gesù stia dicendo queste cose proprio a quelli che vogliono ucciderlo. Poi si dice un’altra cosa non da poco, e cioè che il Padre non giudica nessuno.
Noi ci raffiguriamo sempre il Padre eterno sulle nuvole col tuono che giudica. Invece il potere del Padre è quello di dare la vita. L’ira di Dio è contro il peccato, non il peccatore; Dio è contro l’ingiustizia, ma non uccide l’ingiusto, perché anche chi è ingiusto è sempre suo figlio. Poi però si ripete per due volte una cosa che sembra in contraddizione: il Padre non giudica, ma ha dato al Figlio il potere di giudicare. Tutto dipende dal giudizio di Gesù, e allora siamo daccapo, diremmo noi. No, Gesù giudica Dio e lo giudica come Padre che ama e da cui è amato, per cui sulla croce Gesù giudica come fratelli anche quelli che lo stanno uccidendo, per cui li perdona. Dal modo in cui noi giudichiamo Dio deriva il nostro modo di considerare noi stessi, gli altri, la vita e la morte. Se giudichiamo come Gesù, cioè un Padre, abbiamo una buona opinione di noi come figli, una buona opinione degli altri come fratelli e questa si chiama salvezza. Se io accetto di essere figlio amato da un Dio che è Padre che non può  volere la morte di un figlio, non vivo più nella paura di fronte alla
morte del corpo. Se invece giudico Dio come un giudice di cui avere paura, vivo nell’angoscia e divento anch’io giudice degli altri. Ecco cosa vuol dire che il Padre e il Figlio vanno onorati. Dio lo si onora giudicandolo per quello che è, ma per capire chi è Dio, dice Gesù, dobbiamo ascoltare la sua Parola e fidarci di quello che ci ha detto, e se mi fido io scopro l’onore di essere figlio pure io, come Gesù, e così vivo nell’amore del Padre, e ho la vita eterna, cioè la vita di Dio, perché entro in comunione con la Trinità, passo dalla morte alla vita, non un giorno, ma adesso, per cui la risurrezione comincia adesso. Vedete com’è diverso il potere di Dio da quello che abbiamo in mente noi? Noi vorremmo che il potere di Dio fosse quello di farci andar tutto bene, di non farci soffrire e nemmeno di farci morire. E infatti molti perdono la fede di fronte dolore e alla morte, soprattutto di chi è innocente, dimenticando che anche Gesù lo era, ma questo accade perché giudichiamo male Dio, e lo giudichiamo male perché non ascoltiamo quello che ha detto Gesù. Noi vorremmo miracoli. Ma i miracoli sono sempre pezze nuove su un vestito vecchio, perché posso guarire da una malattia, ma poi morirò lo stesso magari per un incidente. Per questo Gesù non voleva che si facesse pubblicità ai suoi miracoli, perché venivano fraintesi. Lui non li faceva per dimostrare di essere Dio, come se la potenza di Dio fosse questa, ma come segni per mostrare la vera potenza di Dio che è quella di farci risorgere dentro, farci scoprire chi siamo e qual è il senso della nostra vita, non di mettere pezze a un
vestito vecchio, ma di rifarci nuovo il vestito, di farci vedere le cose in una luce nuova, anche la morte. La morte c’è, non si scappa, tutti finiamo nel sepolcro, ma in questa luce guardate cosa scrive san Paolo nella lettera ai Corinti che abbiamo letto prima. La luce nuova ci fa capire che il veleno del pungiglione della morte non è più letale, perché la morte non è la fine di tutto, ma una trasformazione. E la morte inizia quando io muoio al mio modo sbagliato di giudicare Dio, e risorgo quando inizio a vedere Dio, la vita, le persone, le cose, le sofferenze e anche la morte come Gesù, con lo spirito di Gesù, per cui sono libero da ogni male e sicuro da ogni turbamento. E quando questo mio corpo cesserà di vivere, vedrò che Gesù aveva ragione. Per cui, conclude Gesù, chi vive già adesso sentendo che Dio è Padre e facendo il bene, trattando gli altri come fratelli, è già fuori dal sepolcro adesso, è già risorto adesso, perché sa che quando entrerà davvero nel sepolcro, ci troverà Gesù che lo farà uscire e vivere per sempre facendolo diventare santo come Dio è santo, e questo è il Paradiso che abbiamo contemplato ieri celebrando la festa dei santi. Però c’è un però. Gesù parla di risurrezione anche per quelli che hanno fatto il male, ed è una risurrezione di condanna. Certo, perché c’è sempre la nostra libertà. Noi facciamo il male perché crediamo che sia più conveniente, perché giudichiamo male Dio e gli altri, e quindi non viviamo nell’amore che è l’unica cosa che ci unisce a Dio. E Dio rispetta questa libertà. Ed è qui che trova significato quella grande opera di misericordia di cui parlava il libro dei Maccabei e che anche noi abbiamo ereditato, cioè la preghiera per i defunti. Noi non preghiamo per i defunti perché dobbiamo convincere Dio ad accoglierli in Paradiso: Dio, che è Padre di tutti, è già convinto, e fa di tutto per salvare tutti, servendosi anche e proprio del nostro amore. Pregando con amore per i defunti, noi dimostriamo di sentirli come nostri fratelli, ed è questo che vuole il Signore: e se nella vita hanno compiuto il male, e ci siamo dentro tutti, attraverso il nostro amore fraterno, possono sentire l’amore del Padre che li attrae a sé, capiscono la loro stupidità che non avevano capito da vivi, e così pian piano vengono purificati (questo è il Purgatorio) fino a quando vedranno Gesù nel sepolcro che li tira fuori ed entrano in Paradiso, santi tra i santi, e così saranno loro a pregare per noi perché impariamo a nostra volta a non essere stupidi e a giocare bene la partita della vita. Questa è la comunione dei santi che dimostra ancora una volta, come dicevo ieri, che è molto più facile andare in Paradiso che all’Inferno, perché per andare all’inferno bisogna proprio mettercela tutta.