domenica 23 novembre 2014

II DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

Il titolo di questa seconda domenica di Avvento, come leggete sul foglietto, è I figli del Regno: vuol dire che le letture che abbiamo ascoltato sono legate da questo tema. Non mi metto dunque a spiegarle singolarmente, cosa che faccio normalmente ogni sabato pomeriggio con quelli che vengono all’incontro di preparazione alla messa domenicale, ma vorrei dare alcuni spunti di riflessione su questo tema così come emerge dalle letture, ma anzitutto chiediamoci: cos’è il Regno di Dio? Non è un regno di questo mondo, spiegava Gesù a Ponzio Pilato nel vangelo della domenica di Cristo Re, perché quando uno pensa a un regno pensa a un re che comanda ai suoi sudditi. Gesù ha
insegnato che Dio è Padre, e allora il Regno di Dio è quando gli uomini si riconoscono come figli amati da questo Dio e imparano a trattarsi tra di loro come fratelli, facendo diventare fratelli anche i nemici, usando come arma quella del perdono.
Insomma, a vivere come Gesù. Il Regno dei cieli è vicino, dice il Battista alla folla, riferendosi al fatto che Gesù si stava avvicinando al Giordano per essere battezzato, e dunque è Gesù il Regno di Dio. Cioè, in Gesù, Dio si mostra per quello che è. Gesù incarna il volto di Dio: chi è Dio e chi siamo noi: Dio è Padre e noi siamo figli amati come lui, chiamati dunque ad amarci tra di noi come Gesù ci ha amato. Questo è lo scopo della nostra vita. Difficile, certo, ed è per questo che ci è stato dato lo Spirito santo nel Battesimo. Lo Spirito santo è la presenza in noi dell’amore che unisce il Padre e il Figlio e che ci da la forza di vivere in questo modo. E’ il pane quotidiano che Gesù ci ha insegnato a
chiedere nel Padre nostro. Venga il tuo regno. Il regno di Dio viene se io chiedo questo pane quotidiano che mi fa vivere come Gesù. Se vivo come Gesù santifico il nome di Dio: sia santificato il tuo nome. Il nome di Dio è Padre, e io lo santifico se vivo come Gesù, sentendomi figlio e trattando gli altri come fratelli. Se io vado in giro con bazuka, io non vivo da fratello e quindi chi mi incontra non capisce che Dio è Padre e non santifico il suo nome. Sia fatta la tua volontà: la volontà di Dio è questa, non un'altra. Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori: aiutami Padre a perdonare gli altri come tu perdoni me, e allora viene il tuo regno. Non ci indurre, o meglio, non ci abbandonare alla tentazione. Quale tentazione? Di pensare Dio come un despota, un nemico, anziché un Padre, di pensare che io, bello o brutto, buono o cattivo, non sia amato da questo Dio, sempre, e quindi, di conseguenza, pensare gli altri come avversari da far fuori. Questo è male, il male che ci perseguita e trasforma la nostra vita e quella degli altri in un inferno, e perciò liberaci dal male. Convertitevi, dice il Battista. Ecco cos’è la conversione. Non è fare dei fioretti, mangiare meno caramelle, mettere qualche pezza nuova su un vestito vecchio, ma cambiare la mente e il cuore, smetterla di pensare Dio in modo sbagliato e imparare a sentire Dio per quello che è e che Gesù ci ha rivelato, e così viene il Regno di Dio perché io divento figlio del Regno, dove Dio non è Padre mio, ma Padre nostro, di tutti. La salvezza è destinata a tutti i popoli della terra perché ogni uomo è pensato e voluto da Dio come suo figlio, e noi cristiani, discepoli di Gesù, siamo chiamati con la nostra vita a testimoniarlo: questa è la missione della Chiesa. Di questo parlavano precisamente le altre letture. Isaia si rivolge al popolo d’Israele che era disperso e in esilio a Babilonia e annuncia che Dio li farà tornare a Gerusalemme: il monte Sion, sul quale Gerusalemme è costruita, come dicevano le parole del salmo, diventerà la gioia di tutta la terra, perché in Gerusalemme Dio vuol radunare tutti i suoi figli: il tuo nome, o Dio, si estende ai confini della terra, così abbiamo cantato prima col ritornello del salmo. Per questo san Paolo rivolgendosi ai Romani dice che Dio lo ha chiamato per annunciare il vangelo di Dio a tutte le genti, prima di tutto a coloro che non conoscono il nome di Cristo, perché tutti comprendano questa cosa. Pensate questa verità quante ripercussioni ha. A livello esistenziale e personale, che toccano cioè la nostra vita quotidiana, i nostri rapporti con le persone che incontriamo tutti i giorni. E soprattutto quante ripercussioni ha a livello sociale, politico ed economico. Dire che l’Avvento ci prepara al Natale è una frase molto vuota, perché cosa vuol dire prepararsi al Natale, considerando che Gesù è già nato, morto e risorto duemila anni fa? Vuol dire accorgersi che il Risorto continua a venire in me con la sua Parola, col suo Spirito, con i sacramenti, per farmi diventare come lui. Convertirsi vuol dire questo. Allora si che è Natale, perché Cristo nasce in me, ed è subito Pasqua perché io risorgo, divento nuova creatura, e inizia il regno di Dio. Nell’attesa della sua venuta, della sua seconda venuta, quando tornerà nella storia per giudicare i vivi e i morti. E quando tornerà? Era il vangelo di domenica scorsa: quando finalmente Dio sarà tutto in tutti, quando il vangelo sarà annunciato a tutti e tutti i figli di Dio cominceranno a vivere come fratelli. Vedendo come vanno le cose, vuol dire che la fine del mondo è ancora molto lontana. Ma la vera fine del mondo comincia quando io comincio a vivere così: finisce il vecchio mondo e inizia quello nuovo, quello voluto da Dio, il suo Regno. Convertirsi significa dunque capire queste cose. È il dono che chiediamo al Signore in questa eucaristia.