domenica 30 novembre 2014

III DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

Il titolo di questa terza domenica di Avvento è: le profezie adempiute. Vuol dire cioè che con Gesù Dio ha adempiuto, realizzato tutte le sue promesse e tutte le cose che avevano detto i profeti. Cosa avevano detto i profeti, ma prima di tutto chi sono? I profeti sorgono in Israele nei tempi di crisi, quando il popolo d’Israele viveva momenti difficili e si domandava il perché, come capita anche a noi tantissime volte. Guardiamo a Isaia che scrive quando gli ebrei erano in esilio a Babilonia e dice loro: non scoraggiatevi, pensate che voi siete un popolo nato da Abramo che quando era vecchio si unì a sua moglie Sara che era sterile. Dalla loro unione siete nati voi. Volete che Dio non sia una roccia
sicura a cui affidarvi? Lui che è capace di far fiorire il deserto, volete che non vi faccia tornare con gioia e giubilo a Gerusalemme? I profeti, dunque, richiamavano le promesse di Dio e a volte sgridavano, altre volte incoraggiavano, altre volte minacciavano il popolo e i capi del popolo perché se le dimenticavano e si mettevano ad adorare altri dei, esattamente come facciamo noi. Ma soprattutto, a differenza dei maestri della legge, non erano formalisti. Non dicevano: dovete rispettare le leggi che Dio ha dato a Mosè come esecutori di ordini, non dovete farlo per dovere, ma dovete capire che Dio che vi ama vi ha dato la legge per vivere questo amore, altrimenti sostituite Dio alla legge. Richiami che fa bene anche a noi riascoltare, perché anche noi corriamo il rischio di vivere la fede come una serie di precetti morali, di cose da fare e da non fare: se le abbiamo fatte Dio è contento e ci deve premiare, se le abbiamo trasgredite Dio ci punisce. Quindi cosa succede? Che Dio diventa un despota e il rapporto con lui motivo di angoscia. Per cui la Messa o la confessione non sono doni che mi fa il Signore per entrare in comunione con lui, ma doveri, e così la preghiera. Tra due persone che si amano è un dovere comunicare tra loro e trattarsi bene? Certo, ma è un dovere che nasce dall’amore, e quindi diventa un’esigenza, non un obbligo. Ebbene, Gesù realizza queste promesse di Dio di cui parlavano i profeti, facendo prima di tutto capire cosa sono queste promesse. Dio non promette che vinciamo al superenalotto, che tutto ci andrà bene, che non ci ammaliamo, che non succedono disastri, che tutto andrà come vorremmo noi. Nel vangelo di oggi compare più volte la parola testimonianza. Gesù è venuto a testimoniare la verità, a dirci chi è Dio, chi siamo noi, chi sono gli altri, qual è lo scopo della vita, come fare per vivere in modo autentico la nostra vita, dove andremo a finire dopo la morte, e con le sue opere ci testimonia che quello che dice è vero e che le promesse di Dio, quelle annunciate dai profeti, le promesse che Dio mantiene, sono appunto quelle di dare senso al nostro vivere e al nostro morire. E il cuore della rivelazione di Gesù è che Dio è un Padre, e quindi non un dittatore; che ci ama sempre e comunque; che noi siamo figli amati; che dunque gli altri sono fratelli, per cui lo scopo della vita deve essere quello di amare gli altri come ha fatto Gesù (e queste erano le opere compiute da Gesù, che testimoniano che lui è Figlio e testimoniano chi è Dio: Dio è Padre, perché lui, il Figlio, vive coi fratelli questo amore). Se viviamo così siamo figli del Regno e abbiamo la vita eterna, la vita di Dio. Compiamo il male, Dio ci perdona, se però noi chiamiamo male il male e non male il bene, perché Dio non perdona il male, ma l’uomo che fa il male, e se noi chiamiamo male il bene e viceversa è un po’ dura. Ma il bene è una cosa sola: amare gli altri come Dio ama noi, quindi amare anche i nemici. In mezzo ai mali fatti dagli altri, dobbiamo perdonare. In mezzo ai guai e alle tragedie che ci colpiscono, sapere che lo Spirito di Dio è in noi e che non siamo abbandonati, ma destinati alla vita eterna. Tanto è vero che san Paolo, nel breve brano che abbiamo letto, ringrazia Dio perché ci fa partecipare al suo trionfo tramite Gesù, e attraverso la predicazione, la conoscenza di questo trionfo si espande nel mondo come un profumo. E prorompe in questa espressione bellissima che vorrei che portassimo a casa come il più bel regalo che oggi ci fa la Parola di Dio: noi siamo dinanzi a Dio il profumo di Cristo. Cioè, vedendo noi, il Padre sente il profumo di Gesù e quindi ci ama come Gesù. E questo profumo è qualcosa che ci è stato regalato. Ognuno ha il suo odore, buono o cattivo, che ci laviamo o meno, è l’odore naturale di ciascuno. Ebbene, quando ci guarda, Dio sente che noi profumiamo di Cristo, e quindi ci ama come ama Gesù. Gli altri, vedendo le nostre opere, dovrebbero avvertire lo stesso profumo di Cristo. Se lo avvertono, vuol dire che stiamo testimoniando a tutti chi è Dio e qual è il senso della vita, e diventiamo anche noi profeti. Se non lo avvertono vuol dire o che hanno il raffreddore o che noi puzziamo. Se puzziamo, meglio che gli altri abbiano il raffreddore.