domenica 7 dicembre 2014

IV DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

Ogni anno il nostro rito ambrosiano ci fa leggere nella quarta domenica di Avvento questo testo notissimo del vangelo che, ascoltato in avvento, ha una risonanza diversa rispetto a quando lo leggiamo la domenica delle Palme prima della Pasqua, perchè la Parola di Dio possiamo ascoltarla secondo diverse angolature. E l’angolatura dell’avvento è questa: l’entrata di Gesù nel cuore della città, che è il tempio, è segno dell’ingresso di Dio nel centro di noi stessi, nel nostro cuore, il suo voler prendere dimora in ciascuno di noi per farci diventare suoi familiari. Ma come si diventa familiari di Dio, in che modo Dio viene? Il problema non è Dio quando viene, ma come viene.
Proviamo dunque a rileggere questa scena. Gesù manda i suoi discepoli a prendere un asinello dicendo di slegarlo e di portarglielo. L’asino è un animale utile, che serve: legato non serve a nulla. Gesù viene a slegare la nostra capacità di amare e servire, legata a causa del peccato, dell’egoismo. Su quell’asino nessuno era mai salito e Gesù assicura che lo troveranno: certo, perché questo asinello c’è dappertutto, in ciascuno, è sempre legato e nessuno vi è mai salito perché tutti preferiamo il cavallo, il carro armato, preferiamo servirci degli altri, preferiamo il potere, non certo il servizio. E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo? rispondete: Il Signore ne ha bisogno. Già. Se qualcuno ci chiede “ma chi te lo fa fare?”, voi risponderete questa è l’unica cosa di cui il Signore ha bisogno per venire: che noi impariamo ad amare. Di tutto il resto non ha bisogno. Poi sta tranquillo, questo asinello te lo rimanda subito. Lo usa e te lo ridà e ogni giorno devi slegarlo. Non è slegato una volta per sempre, va continuamente slegato ogni giorno: questo dobbiamo chiedere al Signore nella preghiera. Tutto il Vangelo non vuole fare altro che slegarci, darci cioè la libertà di amare e di servire. Quando uno vogliamo disprezzarlo, a scuola si dice: sei un asino. Mentre non si dice così dei cavalli di razza. Il cavallo di razza è quello che addestri e gli fai fare qualunque cosa. A noi piacciono persone addestrabili che fanno ciò che noi vogliamo. L’asino invece non lo addestri, fa quello che vuole lui, è libero, in questo senso. Poi fa quel che deve. Non ha bisogno di correre. Fa il suo lavoro, con modestia, serve, è utile, non è di prestigio, non è di potere. Il servizio è questo, l’amore è questo. È esser liberi dall’egoismo. Questa è la cosa divina dell’uomo.
È questa la vera intelligenza, è la sapienza della Croce, è la sapienza di Dio, è la sapienza che salva il mondo. Perché c’è tanta spietatezza in tutto il mondo e tanto male? perché tutti preferiamo i cavalli e i carri armati rispetto all’asino. Quindi dovremmo imparare la sapienza dell’asino, che non a caso ha le orecchie lunghe, ascolta. E il bello è che i padroni dell’asino permettono agli apostoli di slegarlo. È così. Se cerchiamo il potere si litiga perché tutti lo vogliono, se vogliamo servire nessuno ce lo impedisce, ed è così che alla lunga viene il Regno di Dio. Poi portano l’asinello da Gesù. È un incontro solennissimo quello di Gesù con l’asino.
Si guardano, si riconoscono. È dall’eternità che Dio aspetta un asino libero, capace di amare e servire, perché Dio è amore e servizio. È interessante: gli gettano sopra i mantelli, come il cieco guarito che getta via il suo mantello, dove il mantello rappresenta tutte le nostre sicurezze e ricchezze che vengono investite in servizio e amore. E allora il Signore si sedette, perché quello è il suo trono, come lo sarà la croce. Questo è Dio. E qui si realizza la profezia di Isaia ascoltata nella lettura che parlava del trono di Davide a Gerusalemme che sarebbe stato stabilito sulla mansuetudine. E gridano a Gesù: Osanna, che vuol dire Signore salvaci. Lo riconoscono Messia, figlio di Davide, che viene nel nome del Signore, poi gli urleranno “sia crocifisso”, perché non capiscono la sapienza dell’asino. Come noi. Che canteremo tra poco Osanna e Benedetto, poi però usciamo di chiesa ancora legati e non slegati, per lo stesso motivo: che non ci innamoriamo di un Dio così perché lo vorremmo diverso, perché preferiamo i carri armati. Invece no, Dio viene con l’asino e solo così possiamo accoglierlo. E allora sentiamo rivolte a noi le parole di incoraggiamento di Paolo che esorta i suoi fratelli nella fede a sovrabbondare, a esagerare nell’amore tra di loro e verso tutti. Dobbiamo esagerare nel fare il bene, nell’amare. Esagerare nel male è più facile, infatti siamo tutti specialisti e si vedono i risultati. Ma solo esagerando nel bene Dio viene, noi lo accogliamo e diventiamo suoi familiari.