domenica 21 dicembre 2014

DOMENICA DELL’INCARNAZIONE ANNO B

Quest’ultima domenica di Avvento è già celebrazione del Natale, perché in realtà uno non nasce quando viene partorito, ma quando viene concepito. Tutti dovremmo aggiungere nove mesi alla nostra anagrafe. E oggi celebriamo la nascita di Gesù nel grembo di Maria, e il Natale è precisamente quando Cristo nasce in noi. Il vangelo di oggi ci spiega come far nascere Cristo in noi e quindi vorrei
rileggerlo sottolineandone i particolari. Gabriele vuol dire “potenza di Dio”, l’angelo nella Bibbia è colui che annuncia la Parola di Dio, vuol dire che la potenza di Dio si esprime con la sua Parola, e questa Parola raggiunge una vergine, dove la verginità è simbolo di pura accoglienza di qualcosa che c’è già, che non faccio io, e tutto questo avviene a Nazaret, il luogo della vita quotidiana. Cosa vuol dire? Che Dio non lo invento io, non lo faccio io, è da accogliere, e io imparo a conoscere chi è Dio ascoltando la sua Parola ogni giorno, nella vita quotidiana: bisogna leggere il vangelo tutti i giorni, studiarlo, meditarlo, pregarci su, perché lentamente questa Parola entri e cresca dentro di me. Infatti l’angelo entra da lei, entra perché era fuori, non si può dedurre dai miei ragionamenti, ed entra se lo lascio entrare, se lo ascolto: non devo avere già io le mie idee su Dio, ma devo essere vergine, disponibile a fare entrare dentro me questa Parola inaspettata che mi dice chi è questo Dio.
E l’angelo disse a Maria: gioisci, piena di grazia, il Signore è con te. Se accolgo questa Parola cosa scopro? Che la volontà di Dio è che io sia contento: gioisci, rallegrati. E perché devo essere contento, io che ho mille motivi nella vita per non esserlo? Perché Dio mi rivela il mio vero nome. L’angelo non la chiama Maria, ma piena di grazia, dove grazia vuol dire amore, l’amore che Dio ha per lei. Il mio vero nome è che io sono figlio amato da un Dio che è Padre, e questo Dio è con me, il Signore è con te. San Paolo diceva nel brano di oggi: siate sempre lieti nel Signore perché egli è vicino, siate nella pace, non angustiatevi per nulla. Rallegrati, popolo santo, viene il tuo Salvatore, erano le parole del ritornello del salmo. A queste parole Maria fu turbata e si domandava che senso avessero. Ecco, questa frase è basilare. Perché? Quando c’è qualcosa di grande e di nuovo uno si sconvolge. Se non si sconvolge, vuol dire o che non ho capito o che è una cosa banale. Se noi non ci sconvolgiamo del fatto che Dio è colui che vuole la nostra gioia, che ci ama immensamente e che è con noi, ma diamo per scontata questa cosa, Dio non nascerà mai in noi, né oggi né a Natale. Siamo talmente abituati a sentire certe parole che non ci sconvolgiamo più. Capita anche a me dicendo messa che dovrei sempre sconvolgermi, ad esempio, quando tengo il corpo di Cristo tra le mani.
Come in una coppia: l’amore declina quando si da tutto per scontato e non si gioisce più per il bene che l’altro ci vuole, e tutto è ovvio, non fa che confermare quello che già so, non c’è la novità. Molto pericoloso. Invece dobbiamo imparare a nutrire i sentimenti descritti da Isaia nella breve lettura di oggi che canta il ritorno degli esuli a Gerusalemme: tutto sembrava senza speranza e invece no. Ecco la novità: da lontano arriva un guerriero sporco di sangue, con la veste rossa come rossa è la veste di chi pigia l’uva, e questo personaggio è il Messia che libera Israele dall’incubo che aveva vissuto e che torna dalla sua sposa di cui è totalmente innamorato, ridandole bellezza e splendore. Ognuno di noi è amato da Dio come una sposa ricercata e non abbandonata, amata da Dio fino alla morte, col sangue, il sangue dell’Agnello. Ma per accorgerci della presenza di Dio nel nostro cuore, dobbiamo spianargli la strada, liberarla da tutte le pietre di inciampo, come ha fatto Maria. E Maria si domandava che senso avesse un saluto come questo.
Appunto. Si domandava cosa volesse dire. Cioè, quando sentiamo anche adesso ripetere queste cose, o ognuno si chiede che senso hanno per me, o altrimenti cadono nel vuoto, e Dio non nascerà mai perché il seme non trova l’ovulo da fecondare. E l’angelo prosegue: tu concepirai il Figlio di Dio. Cioè, noi siamo chiamati a diventare come Maria dimora di Dio, questo Dio è in noi, è fonte di gioia, ci salva dal peccato (è il significato del nome Gesù), ma perché questo accada dipende da noi, se noi lo accogliamo o meno, perché si è messo nelle nostre mani. Al che Maria gli domanda: anche se sono fidanzata con Giuseppe, non sono ancora con lui, con chi mi devo mettere perché accada una cosa del genere? E l’angelo le fa capire che Dio non lo facciamo con nessuno, né con Giuseppe né con un altro né da soli, è Lui che ci fa, noi dobbiamo solo accoglierlo, e ci accorgiamo che Dio è nato in noi se sentiamo la gioia di essere amati e viviamo di questo amore. Al che Maria risponde: Ecco la serva del Signore, come a dire: Si, mio Dio, io sono tua come tu sei mio, ed è il linguaggio dell’amore, perché l’amore è essere dell’altro, appartenergli. Avvenga per me secondo la tua parola. Con la sua Parola Dio ci dice chi è lui, qual è il nostro nome, qual è la via della gioia e della vita: se mi fido e gli dico di si, allora è Natale.