venerdì 8 dicembre 2017

IMMACOLATA CONCEZIONE

 Tutti sapete che “immacolata concezione” significa letteralmente che Maria è stata concepita nel grembo di sua madre senza peccato originale. Allora vorrei anzitutto provare a spiegare nel modo più semplice che riesco cos’è questo peccato originale, e per farlo uso un’immagine simbolica molto semplice, quella dello specchio. Molte volte, quando uno si specchia (penso in particolare alle donne,
spesso quelle più giovani), a meno che a specchiarsi sia un vanesio tipo la regina di Biancaneve che credeva di essere la più bella del reame, cosa vede si sé? Tutti i difetti fisici di questo mondo: come sono brutta, bassa, tutta ciccia e brufoli. E così nasce il confronto con altre persone giudicate più belle. Questo vale anche per l’immagine interiore che uno ha di sé: guardo dentro di me e mi scopro pieno di difetti, incapace, limitato. E da queste bassa stima di sé scatta automaticamente una sorta di depressione che rende tristi e da cui nascono invidie, egoismi, cattiverie verso gli altri, giudicati migliori di me. Se poi uno va ancora più in profondità e guarda alla propria vita con tutti i suoi problemi o le tragedie che la accompagnano, il quadro diventa ancora più drammatico, perché si comincia a pensare: come fa Dio ad amare uno me? Il mio destino è andare al cimitero, la vita non ha senso, e così via. Ebbene, la storia di Adamo ed Eva, di cui abbiamo ascoltato un frammento nella lettura, racconta questo. Non una cosa che è successa milioni di anni fa a due persone, perché il racconto della creazione contenuto nel libro della Genesi non è un trattato scientifico, come si pensava fino a più di un secolo fa, ma è un mito nel quale ognuno possa identificarsi, come ben comprese Galileo Galilei che diceva che la Bibbia non spiega come è fatto il cielo, ma come si va in cielo. Per cui Adamo ed Eva sono io, siamo noi, rappresentano la nostra condizione umana imperfetta, il nostro modo sbagliato di pensare Dio, di pensare noi stessi, di pensare gli altri, da cui derivano le angosce e le tristezze che accompagnano la nostra vita: concependo tutto in modo sbagliato, viviamo col terrore della morte e seguiamo altre attrattive (simboleggiate dal serpente), vivendo la vita nella logica del possesso, del potere, dell’egoismo, della sopraffazione. Ecco, in soldoni, penso che il peccato originale col quale tutti nasciamo si possa spiegare così: nel pensare vera l’immagine di Dio, di noi stessi, degli altri e della vita che noi vediamo allo specchio, ma che in realtà ci creiamo noi. Quindi vedete come il peccato originale non è qualcosa di misterioso provocato da due individui del passato per colpa dei quali noi paghiamo le conseguenze, ma descrive semplicemente la drammatica realtà della vita. Bene, detto questo passiamo al brevissimo brano di vangelo, là dove l’angelo del Signore dice a Maria: rallegrati perché sei piena di grazia. Vi faccio notare che Maria abitava a Nazaret in Galilea. Oggi sarebbe come dire che abitava a Secondigliano a Napoli. Era una donna, e le donne a quei tempi erano ritenute le più lontane da Dio, a cui Dio non avrebbe mai rivolto parola. Si chiamava Maria che per noi oggi è un nome bellissimo, ma a quei tempi chiamare una bambina Maria era come se oggi uno chiamasse un figlio Giuda, perché dopo che la sorella di Mosè, Maria, fu punita da Dio con la lebbra, per aver mormorato contro Mosè, nessuna donna nell’A.T. portò più quel nome. Promessa sposa di un uomo, di nome Giuseppe, i cui antenati, come si legge nel vangelo di Matteo, erano una serie di imbroglioni che avevano sposato delle prostitute. Vuol dire che chiunque può dunque identificarsi in Maria, soprattutto chi, guardandosi allo specchio, si sente un reietto o gode di una bassissima autostima. Perché è proprio a una così che Dio si rivolge dicendole: Rallegrati perché Dio ti riempie della sua grazia, del suo amore. Le stesse parole che Dio rivolge a ciascuno di noi, non solo a lei, per farci vedere la realtà in modo diverso. Detto altrimenti: quando ci guardiamo allo specchio, dobbiamo imparare a vedere il volto di Maria, una creatura come me, amata da Dio nel modo in cui Dio ama me. Perché diciamo che il Battesimo toglie il peccato originale? Non perché è un rito magico, ma perché il Battesimo dice la verità su Dio e su noi stessi: dice che noi siamo immersi nell’amore di un Dio che ci pensa, ci concepisce tutti come suoi figli amati da sempre, a prescindere dai nostri meriti, destinati non ad andare al cimitero, ma a vivere per sempre, e chiamati a realizzare nella nostra vita il suo progetto d’amore. Il Battesimo toglie quell’alone di negatività su Dio, su noi stessi, sulla vita rappresentato dal peccato originale. Maria non fu una privilegiata, ma è il nostro specchio: Dio ci concepisce tutti immacolati, avvolti dalla sua grazia, dal suo amore. E questo perché? Non perché ce lo siamo inventati noi, ma perché è quello che ci ha fatto vedere Gesù. Gesù è lo specchio di Dio. Quando pensiamo a Dio, dobbiamo guardare Gesù. Gesù, con la sua vita, il suo insegnamento, la sua morte e risurrezione, ci ha fatto vedere il vero volto di Dio. E qui ci vengono in soccorso le parole di san Paolo nel brano agli Efesini che abbiamo ascoltato, molto difficili, dove dice che in Gesù il Padre ci ha scelto prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi grazie a Gesù. Parole riassunte in una delle tante frasi del Credo che spesso si pronunciano senza capirne la portata: per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Parole che significano che Dio ha pensato, ha concepito l’uomo come deve essere e come deve vivere, cioè chi deve essere: deve essere come Gesù. Ognuno vive la vita a modo suo, ma uno solo è il modo giusto e autentico, quello di Gesù Cristo: vivere una vita nell’amore, nella carità. E la prova del nove per capire che questo è possibile per tutti è Maria. Maria immacolata si guarda allo specchio e cosa vede? Vede riflesso il volto di Gesù. Noi, guardandoci allo specchio dobbiamo vedere il volto di Maria e, riflesso nei suoi occhi, il volto di Gesù che ci guarda. Se impariamo a guardarci nel modo in cui ci guarda Dio, siamo a cavallo, altrimenti saremo sempre per terra. Allora vedete? Il problema non è il modo in cui Dio concepisce noi, ma il modo in cui noi concepiamo Dio, pensiamo a Dio: se lo pensiamo come lo vede Maria o come lo vedono Adamo ed Eva. Per cui a Maria non dobbiamo rivolgerci chiedendole chissà quali grazie che lei ci farebbe perché è più vicina a Dio di noi, è sbagliato, perchè lei ci fa vedere che Dio ci concepisce tutti così. E nemmeno perché grazie a lei Dio ci ascolta di più: non ascolta noi, ascolterà sua mamma che fa da intermediaria: vorrebbe dire che Dio è cattivo o almeno capriccioso. No, dobbiamo imparare a rivolgerci a Maria perché ci aiuti a vivere la vita, nella gioia e nel dolore, morte compresa, da discepoli di Gesù come ha fatto lei.