lunedì 4 gennaio 2021

EPIFANIA DEL SIGNORE (Messa del giorno)

L’Epifania è una solennità che comprende quelle che la Chiesa, fin dall’antichità, ha considerato come le prime tre manifestazioni della divinità di Gesù: il momento dell’adorazione dei Magi, quello del Battesimo di Gesù al Giordano e quello della trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana. 

I cristiani dell’Oriente continuano a celebrarle insieme, mentre noi le suddividiamo in tre momenti: oggi l’adorazione dei Magi e le prossime due domeniche le altre due. Il nostro rito ambrosiano sottolinea bene questa cosa chiamando le prossime settimane tempo dopo l’Epifania. E dunque, oggi, soffermiamoci su questa prima Epifania, che poi è il vangelo di Matteo a raccontarla. In realtà Matteo non parla di epifania, perché racconta cosa accadde quando nacque Gesù. Il 25 dicembre abbiamo letto il racconto di Luca che parla di Maria e Giuseppe che arrivano a Betlemme in occasione del censimento, della mangiatoia e dell’arrivo dei pastori. Invece Matteo racconta la nascita di Gesù con toni molto drammatici: scrive che Gesù nacque in una casa, che a riconoscere che quel bambino fosse il Signore non furono dei pastori, e nemmeno gli abitanti di Gerusalemme, Erode compreso, che invece voleva ucciderlo, ma alcuni personaggi misteriosi provenienti dall’Oriente, che quindi non erano ebrei. Noi separiamo temporalmente l’Epifania dal Natale, come se fossero due cose diverse, e quindi facciamo arrivare i Magi un po’ di giorni dopo, ma in realtà non è così: dipende se seguiamo le indicazioni di Luca o di Matteo. E non è nemmeno importante sapere quale dei due evangelisti abbia ragione, perché gli evangelisti non vogliono fare una cronaca storica, ma anticipare alcuni temi che svilupperanno nei loro vangeli. Luca parlerà molto della misericordia di Dio verso le persone escluse dalla società per la loro condizione ritenuta peccaminosa, e allora nel presepe ci mette i pastori perché essi erano ritenuti peccatori. Matteo, invece, che parlerà molto di Gesù rifiutato dalla sua gente e riconosciuto come Dio dai pagani, mette nel presepe i Magi, degli stranieri. Quel che conta non è ciò che accadde esattamente quando nacque Gesù. Quello che conta è che ci mettiamo noi nel presepe, davanti a quel bambino, e ci domandiamo: ma tu chi sei? Cosa cambia nella mia vita che tu sia venuto al mondo, credere che tu sei Dio? Tutto quello che noi sappiamo di Dio è ciò che Gesù ci ha fatto vedere, ciò che Gesù ci ha manifestato, fin dal principio, ma non solo nel momento della sua nascita, del suo Battesimo e alle nozze di Cana, ma in tutta la sua vita, soprattutto nel momento della sua passione, morte e risurrezione. E’ da lì che si capisce tutto. Per questo oggi viene proclamata solennemente la data della prossima Pasqua. Ed è proprio partendo dalla Pasqua che gli evangelisti scrivono i loro racconti, per mostrare i segni della Pasqua presenti già nel Natale. Infatti Matteo scrive che, quando Erode apprese dai Magi che era nato il re dei Giudei, fu preso da terrore, e con lui tutta Gerusalemme, e dirà la stessa cosa quando questo re dei Giudei verrà messo morte, rifiutato dalla sua gente, e riconosciuto invece come figlio di Dio proprio da un pagano, come erano i Magi, e cioè il centurione romano ai piedi della croce. Ma chi erano questi Magi? Notate che di loro non si parlerà più in tutto il vangelo, così come del resto non si parlerà più nemmeno dei pastori. Sono personaggi simbolici: non viene detto né come si chiamassero né quanti fossero. È la tradizione che li ha fatti diventare tre e che si è inventata i nomi, facendoli addirittura diventare re. Così facendo, si rischia di non coglierne il valore simbolico. Matteo parla di maghi, cioè di personaggi che nell’antichità si dedicavano alle arti occulte, praticate dagli indovini e dagli astrologi, e non godevano di buona fama, tanto che il termine “mago” finì col significare “ingannatore”, “corruttore”, e come tali esclusi dall’amore di Dio. Per di più erano pagani, stranieri, e per Israele i popoli stranieri erano esclusi dalla salvezza. Invece no. Ecco l’annuncio straordinario che poi Gesù proclamerà nel suo insegnamento. Nessun uomo è escluso dalla salvezza. Dio effonde su tutti il suo amore indipendentemente se è bello, brutto, buono, cattivo, meritevole o meno, italiano, africano, ebreo, giapponese. Però serve a poco questo amore se un uomo non lo cerca e, quando lo trova, non lo accoglie. A che serve avere acqua da bere se non hai sete e non la bevi? Infatti il vangelo ci presenta questi magi come persone alla ricerca di Dio, in cammino, sempre, prima e dopo averlo trovato. E lo cercano seguendo una stella. Ognuno è in cerca della propria stella, e ognuno di noi diventa quello che desidera. L’errore è continuare a desiderare di possedere, di avere, anche cose belle e utili, per carità, ma tutte passano, anche le persone e la vita stessa. E l’errore è quello di cercare Dio per ottenere le cose che desideriamo. Ma non è così che si trova Dio. I Magi non sono in cerca di cose da avere, ma di un tesoro più grande, di qualcosa che dia senso alla loro vita, che poi è ciò che noi chiamiamo Dio. Finchè cerchiamo Dio come macchinetta distributrice di merendine o assicurazione contro gli infortuni, potremo pregarlo e venire a Messa tutti i giorni, ma non lo troveremo mai. Dio è il nome più alto che gli uomini sono in grado di dare ai loro desideri più grandi, e in Gesù questo Dio si è rivelato. Finchè non si capisce questa cosa e non ci si decide a compiere un serio cammino spirituale, la fede si riduce ad una serie di riti e pratiche che non incidono nella vita, e infatti moltissimi ne fanno volentieri a meno. Poi, per carità, si compiranno tanti errori, come capitò anche ai Magi: a un certo punto perdono la stella; vanno in una grande città mentre dovevano andare in quella più piccola; addirittura chiedono informazioni sul bambino ad un assassino di bambini; cercano una reggia invece di una povera casa. Ma hanno l'infinita pazienza di ricominciare. Il dramma non è cadere, ma arrenderci alle cadute. Ma il dramma ancora più grande, ripeto, è andare alla ricerca non di Dio, non del senso della vita, ma di stelle che sono solo illusioni. Chiediamoci allora se oggi noi che siamo qui siamo alla ricerca di Dio come senso della vita o come distributore di merendine.