venerdì 22 gennaio 2021

II DOMENICA DOPO EFIFANIA ANNO B 17/01/21

L’Epifania, come ho spiegato le scorse settimane, è una festa che comprende le prime tre grandi manifestazioni della divinità di Gesù: quella davanti ai Magi celebrata il 6 gennaio, quella del suo battesimo al Giordano, celebrata domenica scorsa, e quella durante le nozze di Cana che si celebra oggi.

Infatti, al termine di questo famoso vangelo, l’evangelista scrive che fu il primo segno col quale Gesù si manifestò e mostrò ai suoi discepoli la sua gloria. Un segno, non un miracolo, e questo segno è epifania della gloria di Dio. Ma è possibile che la gloria di Dio si manifesti trasformando più di 700 litri di acqua (perché 6 anfore che contenevano ciascuna da 80 a 120 litri fanno più di 700 litri) in ottimo vino per dar da bere a un gruppo di persone già ubriache, per rendere contenta una coppia di sposi? E’ dunque importantissimo comprendere bene questi versetti del vangelo, altrimenti chi non crede pensa che il vangelo racconti barzellette o giochi di prestigio, e chi crede va in crisi, perché si chiede: Perché mai Dio non interviene oggi facendo qualche miracolo un po’ più grande? E ognuno avrebbe tanti miracoli da chiedere al Signore. Leggendo attentamente questi versetti, emergono subito un po’ di cose strane: è una festa di nozze, ma degli sposi non si dice niente; Maria non viene chiamata per nome, ma è detta la madre di Gesù, e Gesù la chiama donna; invece di rivolgersi all’uomo che dirigeva il banchetto, Maria si rivolge a Gesù, e Gesù sembra risponderle malamente ed essere disinteressato a fare qualcosa, però Maria dice ai servi di fare tutto quello che Gesù avrebbe ordinato; infine, quando quello che dirigeva il banchetto assaggia l’acqua diventata vino, va dallo sposo quasi rimproverandolo per aver aspettato così tanto a dare un vino così buono. Vedete? Se l’evangelista stesse semplicemente raccontando un miracolo, non avrebbe inserito tutti questi particolari. Io non posso spiegarli in una predica. Posso alcune cose possiamo e dobbiamo dirle. Gli sposi rappresentano Dio e Israele: Dio è lo sposo e Israele la sposa. Un matrimonio che dovrebbe essere d’amore, e invece manca il vino, simbolo di amore e di gioia. E perché manca il vino? La spiegazione sta nelle anfore di pietra che servivano per la purificazione dei Giudei e che erano vuote. Sono di pietra perché rappresentano le tavole della Legge, i comandamenti che Dio diede a Mosè. Israele viveva il rapporto con Dio come se Dio, invece di essere uno sposo, fosse un padrone a cui ubbidire, che punisce chi sgarra, e così nascono i sensi di colpa, ci si sente inadeguati, si ha paura di essere puniti, e nasce il bisogno di purificarsi per essere graditi a Dio. Come chi viene a messa o va a confessarsi per dovere. Vivere così il rapporto con Dio è bruttissimo. Come se in un matrimonio due persone stessero insieme solo per dovere e non per amore. Ecco perché le anfore erano vuote, perché erano inutili: uno può lavarsi con tutta l’acqua che vuole, anche quella benedetta, venire a Messa tutti i giorni, ma se vive queste cose come precetti, come obbedienza ad una legge, un fare qualcosa per Dio per ottenere in premio qualcos’altro, come se Dio fosse un legislatore e non uno sposo, è tutto inutile. Colui che dirigeva il banchetto rappresenta i capi religiosi: erano loro che avrebbero dovuto trasmettere al popolo l’amore di Dio, invece erano preoccupati di mantenere il potere, e quindi davano al popolo un vino scadente, trasmettevano un’idea di Dio sbagliata. Maria, invece, rappresenta la sposa fedele. Per questo Gesù la chiama donna, che vuol dire sposa. Maria si preoccupa che il suo popolo non vive questa alleanza d’amore col Signore, e infatti non dice a Gesù: “non abbiamo”, ma “non hanno più vino”. Gesù le risponde: donna, che vuoi da me? non è ancora giunta la mia ora. Una frase che significa: a me non interessa mettere pezze nuove su un vestito vecchio, ma nell’ora della mia morte sulla croce farò vedere, manifesterò (ecco l’Epifania) in che modo bisogna vivere il rapporto con Dio. Maria questa cosa la sa, e infatti si rivolge ai servi dicendo: fate tutto quello che Gesù vi dirà. Ed ecco che Gesù ordina ai servi di riempire d’acqua le anfore. Le anfore sono 6: il numero 6 è simbolo della nostra umanità. L’acqua è la Parola di Gesù (io sono l’acqua viva che zampilla per la vita eterna). Se noi ci riempiamo della sua Parola, come le anfore dell’acqua, cioè se ci fidiamo di quello che lui ci dice, l’acqua si trasforma in vino. Gesù non fa un gioco di prestigio: lui ci manifesta che Dio è uno sposo che ci ama e da amare, non un padrone a cui obbedire e di cui avere paura. Non abbiamo bisogno di purificarci per accedere a lui sentendoci sempre indegni, ma è lui che ci accoglie così come siamo e ci purifica col suo amore. Ecco allora cos’è la gloria di Dio che Gesù manifesta nelle nozze di Cana. Non è un gioco di prestigio, ma trasformare il nostro modo di vivere il rapporto con Dio. L’unico miracolo che Dio fa è quello di trasformarci, di donarci il suo Spirito, la sua acqua che si trasforma in vino, che trasforma il nostro modo di vivere il rapporto con Dio, facendoci sentire amati e rendendoci capaci di amare. E dunque, anche la Madonna, non è, come dicono su Radio Maria, quella a cui rivolgersi per ottenere dal Signore dei miracoli, come se il Signore fosse indifferente alle nostre richieste e ci ascoltasse solo se passiamo attraverso di lei, ma è il modello di ogni credente, è colei che per prima si fida della Parola di suo Figlio, e insegna anche noi a fare altrettanto, a vivere col Signore un rapporto non da schiavi, ma da sposi. Che sia così per tutti noi.