domenica 31 gennaio 2021

FESTA SANTA FAMIGLIA (IV DOPO EPIFANIA)

Quest’anno la festa della famiglia si celebra durante il tempo drammatico della pandemia che ha stravolto, nel bene e nel male, le vite di tutti. Penso al dolore provocato in molte famiglie dalla morte di un proprio caro a cui, magari, non si è nemmeno potuto stare vicino sino alla fine. Penso al

distanziamento forzato con i nonni che per tante famiglie giovani sono un aiuto fondamentale. Penso alle difficoltà economiche di tante famiglie per la perdita del lavoro, e penso alla fatica psicologica di tanti ragazzi costretti a vivere le relazioni tra di loro e con gli insegnanti in un modo inumano, cioè attraverso lo schermo di un computer, e gli effetti devastanti di tutto questo, che già si vedono, si vedranno ancora di più in un prossimo futuro. Però, per molte famiglie, questo tempo stravolgente è stato anche occasione per scoprire cose nuove, per capire l’essenziale, per riconoscere come miracoloso ciò che ormai era scontato, per fare cose che nei tempi normali venivano rimandate. Detto questo, diciamocelo: tutte le doverose restrizioni a cui dobbiamo attenerci per salvaguardare la salute e la vita di tutti, sono inumane, e meno male che sono provvisorie. Per “inumano” intendo tutto ciò che è contro il bene dell’uomo, che non permette di vivere in pienezza la nostra umanità. Il paradosso è queste doverose restrizioni salvaguardano quel bene primario che è la vita e la salute di tutti, quindi di per sé non sono inumane, però a noi umani non basta essere vivi e in salute: non possiamo certamente vivere tutta la vita in questo modo. Proprio per questo dobbiamo allora essere onesti anche nel riconoscere che non è che prima della pandemia vivessimo in modo davvero umano, come se prima della pandemia il mondo fosse un Paradiso, e questo da sempre, da che mondo è mondo. Per cui serve poco deprimersi e abbattersi: occorre prendere atto della realtà e obbedire alla realtà, perché la realtà non sarà mai come vorremmo. Le prove della vita ci sono e sempre ci saranno, e servono proprio per far emergere le nostre reali convinzioni, i nostri limiti e le nostre risorse. Nessuno studente ama i compiti in classe, le interrogazioni o le verifiche, ma guai se non ci fossero: come potrebbe altrimenti capire se ha imparato o meno quello che doveva studiare? Non è un caso che Gesù ci abbia insegnato a pregare chiedendo al Padre non di toglierci le prove, le tentazioni, ma di non abbandonarci in mezzo alle prove. Di liberarci dal male, si, questo si, perché non sono le prove il problema, ma quando in mezzo alla prova noi facciamo il male: è il male, non le restrizioni, che ci impedisce di vivere in pienezza la nostra umanità. Nel vangelo abbiamo letto che Gesù cresceva in età, come tutti, è ovvio, ma cresceva in sapienza e grazia. Visse a Nazaret per 30anni, nella sua famiglia, con tutti i problemi che una famiglia ebrea di 2000 anni fa della Palestina occupata dai romani poteva avere. Poteva crescere non solo in età, ma anche in stupidità e disgrazia, invece crebbe in sapienza e grazia, dove per grazia si intende la conoscenza dell’amore del Padre. Fu così anche per Giuseppe e Maria. Anche Maria tante cose non le capiva di suo figlio, le capì dopo, però, dice il vangelo, le meditava nel suo cuore. Anche noi dobbiamo fare così. Possiamo sempre scegliere come vivere. È sbagliato dare sempre la colpa alla società, agli altri o alla pandemia per giustificare la propria infelicità. Io penso che ognuno sia artefice del proprio destino. Se oggi piove e io volevo andare a fare una gita e non posso andarci, non è detto che la giornata sia rovinata, dipende da me, se decido di stare tutto il giorno a piangermi addosso oppure se decido di trovare qualcos’altro di bello, di utile, di importante da fare. Questo vuol dire meditare e crescere in sapienza nella nostra Nazaret quotidiana. Lavorare su se stessi, conoscere se stessi per continuare a migliorarsi e crescere in umanità è sempre il lavoro più faticoso, ma il più importante da compiere, e dipende solo da ciascuno di noi. Ma in questo cammino non siamo soli. “Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore”: sono le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato prima. Ebbene, questo Dio nascosto, leggevamo invece nella pagina della lettera agli Ebrei, non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo, cioè degli uomini, al punto da rendersi in tutto simile a noi, assumendo la nostra carne e il nostro sangue per insegnarci come vivere in pienezza la nostra umanità e farci diventare divini come Lui: è il grande annuncio del Natale. Mi piace moltissimo la frase del Papa che chiama la Chiesa una famiglia di famiglie. Che bello se tutte le famiglie cristiane della nostra parrocchia e della nostra comunità capissero come sia fondamentale incontrarsi la domenica insieme per celebrare l’eucaristia e per vivere tanti altri momenti di incontro, quelli normalmente disertati nei tempi normali, e certamente non per colpa della pandemia, per riscoprirsi fratelli, per non sentirsi soli nel cammino della vita, ma appartenenti tutti all’unica grande famiglia di Dio, che si nasconde e si rivela nel pane e nel vino, cioè nei meandri della nostra umanità e della nostra vita quotidiana. E concludo dicendo che è bello che la giornata di oggi sia in concomitanza con la festa di san Giovanni Bosco, un uomo che, in mezzo ai problemi non meno drammatici dei nostri, anche se per altri motivi, seppe inventarsi forme nuove per aiutare i giovani, e quindi ci è di stimolo per fare altrettanto. Non solo, il Papa ha indetto un anno speciale della famiglia che inizierà il prossimo 19 marzo, festa di san Giuseppe, e si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X Incontro Mondiale delle Famiglie. Ed è proprio san Giuseppe, alle cui preghiere e al cui esempio il Papa ha voluto che quest’anno la Chiesa impari a guardare e a rivolgersi, a cui vogliamo affidare tutte le nostre famiglie.