La passione e la morte in croce di Gesù sono la pro
va provata e inconfutabile dell’amore assoluto di D
io per ogni
uomo, anche per chi semina morte e distruzione, com
e i terroristi, anche per Giuda, anche per coloro c
he lo
insultano e lo uccidono. Dio è attratto da noi in m
odo fatale, inevitabile, come ho cercato anche ieri
di spiegare,
perché Egli è Padre e noi siamo suoi figli, e quind
i non
potrebbe essere altrimenti. E ce lo rivela pe
rché Gesù, il Figlio,
ci ama come fratelli. Anche noi possiamo e dobbiamo
santificare il nome di Dio che è Padre amando gli
altri come
nostri fratelli. E possiamo farlo solo se riusciamo
a scorgere l’attrazione di Dio per noi e a lasciar
ci attrarre da Lui,
altrimenti è impossibile. Quando sarò innalzato da
terra, attirerò tutti a me, disse Gesù nel vangelo
di Giovanni.
Perché? Perché tutti noi siamo fatti per essere ama
ti e per amare. Chi non riconosce Dio come Padre no
n si
riconosce come figlio amato e non ama i fratelli, v
ive una vita d’inferno e fa vivere gli altri all’in
ferno perché li manda
tutti all’inferno. Vedendo Gesù morire così, ricono
sciamo chi è Dio veramente, chi siamo noi e chi son
o gli altri. Però
Gesù disse: attirerò, al futuro. Vuol dire che qual
unque uomo non voglia più essere cieco, dovrà esser
e attratto da
Gesù, ma questo dipende da ciascuno di noi. Oggi tu
tta la Chiesa, sposa di Cristo, si prostra davanti
al trono del suo
Sposo, che è la croce, per lasciarsi attrarre dal s
uo amore e capire in cosa consiste questo amore, pe
rché faticano a
capire l’amore di Dio le vittime degli atti terrori
stici di questi giorni, le vittime di sciagure, mal
attie, incidenti o del
male provocato da altri uomini. Gesù che patisce in
giustamente, che soffre ingiuriato e che muore inno
cente
sentendosi abbandonato da Dio rappresenta tutti, pr
oprio tutti, in particolare chi in quei momenti si
sente
abbandonato da Dio e dubita del suo amore. Ma essen
do Gesù l’incarnazione di Dio, proprio così ci fa v
edere che Dio
è colui che non decide dall’alto le sorti della par
tita della vita, ma è colui che scende in campo per
giocarla con noi,
che ci è accanto come compagno di viaggio, e risorg
endo ci mostra qual è la meta di questo viaggio. Ma
c’è di più,
come se questo non bastasse. Ci insegna come giocar
e la partita della vita. Gesù viene tradito, rinneg
ato e
abbandonato dai suoi amici, viene ucciso da coloro
che non lo accolgono, non risponde al male col male
, ma col
perdono. Cioè fa esattamente il contrario di quello
che faremmo noi o che avremmo fatto noi al suo pos
to. Ecco
perché la nostra vita è un gioco al massacro. Gesù
non ci sta a questo gioco e per questo ci salva dal
massacro,
perché se avesse agito come noi ci avrebbe distrutt
o o dovrebbe distruggerci tutti. E ci salva facendo
ci vedere
appunto che Dio è diverso da noi. «Ha salvato altri
e non può salvare se stesso! Certo, perché Gesù no
n vuole salvare
se stesso, ma noi. Scenda ora dalla croce e credere
mo in lui. Ma Gesù non scende, altrimenti ci andrem
mo noi. Ha
confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol b
ene. Ha detto infatti: «Sono Figlio di Dio»!». Cert
o che Dio gli vuol bene,
è suo Padre, ma è anche Padre nostro, e il Padre vu
ole liberarci tutti dal male che ci facciamo e che
facciamo agli
altri, e Gesù, il Figlio, ci fa vedere in che modo
il Padre ci libera dal male che ci facciamo: perdon
andocelo. Anche il
male peggiore che potremmo fare, cioè mettere a mor
te Dio stesso, rifiutandolo. È nel male che facciam
o che Dio ci
mostra il suo amore. Io ripeto spesso divertito e c
on ironia che mi vien da ridere quando sento qualcu
no dire: io sono
buono, ma se nessuno mi fa innervosire; oppure: è d
ifficile perdonare chi mi fa del male. Ma come? Io
dimostro di
essere davvero buono proprio quando perdono chi mi
da addosso, non quando uno mi ama e mi fa del bene.
Allo
stesso modo certo che è difficile perdonare chi mi
fa del male anche perché sarebbe assurdo perdonare
chi mi fa del
bene. E quindi l’amore di Dio che il crocifisso riv
ela si mostra precisamente nel perdono. Perché l’in
teresse di Dio, la
sua volontà, è che abbiamo la vita, non la morte. L
a morte ce la diamo già noi, non c’è bisogno che Lu
i ci dia il colpo
di grazia, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa,
capite? Se non capiamo questa cosa facciamo la fine
di Giuda.
Qual è l’errore di Giuda? Giuda giustamente sente r
imorso e angoscia per la sua azione, è invaso dal s
enso di colpa
per quello che ha fatto, e fin qui va bene, è il pr
imo passo, ma non compie il secondo, cioè quello di
vedere il Signore
che lo perdonava. Non guarda all’amore di Dio, ma v
ede solo il suo peccato. Pensa che sia imperdonabil
e, ma pensa
sbagliato. Povero Giuda, diceva don Primo Mazzolari
in alcune sue famose prediche durante il triduo pa
squale.
Povero Giuda, noi invece diciamo porco Giuda, e cos
ì mostriamo di non aver capito e quindi di essere c
ome lui.
Forse, dico forse, perché non lo sappiamo, questa c
osa la capì invece Barabba. Anche Barabba ci rappre
senta bene. Il
suo nome significa “figlio del Padre”, ma era dato
a coloro dei quali si ignorava la paternità, che er
ano figli di
nessuno. Se tu sei figlio di nessuno non sei fratel
lo di nessuno. Barabba aveva tentato una sommossa c
ontro i romani
senza successo e ora era in attesa di subire la mor
te violenta che lui aveva voluto dare ad altri. Anc
he noi siamo
Barabba quando ignorando il Padre, non siamo né fig
li né fratelli, ma siamo in lotta gli uni con gli a
ltri, in attesa di
finire come avremmo voluto che finisse l’altro. Per
questo la folla preferì vedere libero Barabba, per
ché si
rispecchiava in lui. Ed è un bene che Barabba sia s
tato liberato, perché Cristo vuole che ogni Barabba
, che siamo noi,
sia libero, di amare, però, non di uccidere. Gesù s
i lascia uccidere per liberare Barabba, altrimenti,
se volesse essere
come noi, sarebbe lui a crocifiggere tutti. E così
Barabba, prima era figlio di nessuno, adesso è libe
ro, è figlio anche
lui del Padre. Chissà se Barabba riuscì a capire qu
esta cosa. Il vangelo non ce lo dice. Però si concl
ude facendoci
vedere cosa succede se capiamo questa cosa, se ci l
asciamo attrarre dall’attrazione fatale che Dio ha
per noi. A
mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino al
le tre del pomeriggio. Il sole si oscura, la luce v
iene presa dalle
tenebre, ed è proprio per liberarci da queste teneb
re che Gesù è venuto. Il velo del tempio si squarci
ò in due, da
cima a fondo. Il tempio rappresenta Dio. Con la sua
morte in croce, Dio non è più dietro il velo del t
empio, ma è lì in
quell’uomo. La terra tremò, le rocce si spezzarono,
i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che
erano morti,
risuscitarono. Finisce il vecchio mondo e inizia qu
ello nuovo. Quando? Adesso, se mi lascio attrarre d
a questo
spettacolo della croce. Come il centurione. L’unico
che capisce, che riconosce che Dio è quell’uomo lì
che loro hanno
ucciso e che non ha opposto resistenza, ma ha preso
su di sé tutto il male perdonandolo. Preghiamo per
ché anche
noi abbiamo a capire questa cosa. Ad essere come qu
esto soldato romano