domenica 9 aprile 2023

7/04/23 Venerdì Santo: PASSIONE DEL SIGNORE

NOI NON ADORIAMO LA CROCE, MA LA CROCE DI CRISTO

Dopo il solenne annuncio della morte di Cristo, tra poco porteremo la croce in processione, io ripeterò per tre volte “ecco il legno della croce al quale fu appeso il salvatore del mondo”, voi verrete poi a baciarla o a toccarla mentre canteremo: adoriamo la tua croce, o Signore, e la salvezza che viene da te 

crocifisso. Più precisamente, come leggete sulla slide alle mie spalle, non adoriamo la croce, la croce di Cristo. Non è una precisazione da poco. La croce era uno dei più tremendi strumenti di tortura e di morte dell’antichità: presso gli ebrei, la pena della crocifissione era riservata a chi avesse commesso reati e delitti gravissimi, al punto da essere giudicato come maledetto anche da Dio. Ma, anche se ad essere crocifisso fosse stato un uomo giusto e innocente, come Gesù, la croce resta uno strumento di tortura e di supplizio, per cui, se noi fossimo adoratori della croce in generale, saremmo sadici e pazzi e, forse, anche pericolosi, così come giudicheremmo qualsiasi persona venisse a dirci di essere un appassionato e un amante, che ne so, della sedia elettrica, della ghigliottina, dei pali per l’impiccagione. Senza Cristo, la croce è solo un crudele strumento di morte. E da un uomo qualsiasi crocifisso non può venirci alcuna salvezza: i due briganti, crocifissi insieme a Gesù, possono al massimo suscitare in noi pietà o compassione, ma la loro croce è rimasta un patibolo e basta. Invece, la croce di Cristo è diventata uno strumento di vita, e da Cristo è giunta a noi la salvezza: per questo noi adoriamo non la croce, ma la croce di Cristo, o meglio, Gesù crocifisso. Di per sé, il testo greco originale dell’antifona bizantina che ho citato e che tra poco canteremo, ha una finezza si perde nella traduzione italiana, e infatti sarebbe: adoriamo la forza e la potenza di te che sei stato crocifisso. Si capisce ancora meglio il contrasto, il paradosso che contiene questa espressione: infatti, umanamente parlando, non c’è nessuno più debole e disperato di un uomo inchiodato ad una croce. Il buon senso e la logica portano a dire che non è possibile che la salvezza del mondo provenga a noi da un uomo appeso a un patibolo. Tanto è vero che san Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, dice che Cristo crocifisso è scandalo per i Giudei e stoltezza per i Greci. Scandalo per il popolo ebraico a cui Gesù apparteneva perché era impensabile che il potere e la forza di Dio permettessero che il suo Messia facesse una simile fine: proprio per questo i capi del popolo fecero di tutto perché Gesù venisse condannato a questa pena, affinchè nessuno potesse credere che Gesù fosse mandato da Dio: se sei Figlio di Dio scendi dalla croce e ti crederemo. E continua a scandalizzare anche noi se andiamo avanti a pensare, come dicevo ieri sera, che il potere di Dio sia quello di togliere le sofferenze, il dolore innocente, le malattie, le ingiustizie e anche la morte. La riprova è che, quando ci sentiamo schiacciati da una disgrazia, preghiamo il Signore di togliercela, magari proprio guardando il crocifisso che, invece, dalla croce non è sceso. Per questo, san Paolo afferma che Cristo crocifisso, oltre che essere scandalo per i Giudei e per tutti i credenti della storia che pensano che il potere di Dio sia ben altro, è anche stoltezza per i Greci, cioè per i pagani, intendendo tutti coloro che, invece, non credono in Dio e considerano l’umiltà, il sacrificio, la pazienza, l’amore disinteressato, la donazione di sé e il perdono come cose stupide, stolte, folli. Per costoro, la sapienza è l’opposto della follia, della stoltezza che ci rivela la croce di Cristo: sapienza non è l’umiltà, ma la superbia e l’orgoglio, la carriera e i primi posti; non il sacrificio, ma la furbizia, il disimpegno, i propri comodi, il proprio interesse; non il perdono, ma la vendetta, la violenza, il farsi valere a tutti i costi; non l’amore e la donazione, ma l’egoismo e il menefreghismo. Purtroppo, anche questo pensiero pagano si insinua in noi credenti. Invece, scrive san Paolo, il Cristo crocifisso che, per alcuni è scandalo e per altri stoltezza, è potenza e sapienza di Dio. Perché? Il punto è precisamente questo. Perché la croce di Cristo, da strumento di morte, diventa strumento di salvezza? Da cosa ci salva la croce di Cristo? Noi siamo abituati a ripetere: dal peccato e dalla morte. Va bene, ma, intanto, continuiamo a peccare e a morire lo stesso. Certo, ma in realtà ci mostra, prima di tutto, che l’amore di Dio è più potente, è più forte del peccato e di tutto il male che gli uomini possono compiere, precisamente perché Gesù prende su di sé tutto il male del mondo e non lo restituisce, con buona pace di quei credenti che continuano a desiderare che Dio, a un certo punto, si decida finalmente a scendere dalla croce e castigare l’umanità, esclusi loro, perché, naturalmente, i malvagi sono sempre gli altri. Se Dio restituisse agli uomini tutto il male che compiono, il mondo sarebbe già finito. E allora, come già dicevamo ieri sera, la croce di Cristo ci mostra che il potere di Dio è anzitutto quello di donare agli uomini proprio l’amore che gli manca e che è la causa del male che commettono, poi, spetta a noi accoglierlo e farne buon uso, diciamo così. E poi, secondo, la croce di Cristo ci salva non dalla paura della morte, ma proprio dalla morte, perché, con la sua risurrezione, Gesù mostra che chi vive amando, non muore mai, la morte è solo del corpo. Terzo, aggiungerei questo: che la croce di Cristo ci salva da Dio, da quel Dio giustiziere e vendicativo che noi ci costruiamo, o da quel Dio tappabuchi che dovrebbe risolvere i nostri problemi e nel quale poi uno smette di credere perché si accorge che non glieli risolve, e ci mostra, al contrario, che Dio è colui che ha il potere di continuare a infondere vita, forza, coraggio, consolazione proprio a coloro che, nelle prove più dure della vita, si sentono abbandonati da Lui.